Life Goes On

By hajarstories_

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⚠️TW⚠️ Volevo avvertirvi perché mi sembra la cosa giusta da fare. Nella storia sono presenti argomenti come:... More

Dedica
Prologo
1. I am the queen
2. Traitor
3. Anything for my people
4. "I need a friend"
5. "In the face of death we are all the same"
6. Death
7. Life must come to an end pt.1
8. Life must come to an end pt.2
9. Deal
10. Southern Kingdom
11. Beehive
12. Flowers of silence
13. River of silence
14. The soul of a flower
16. I defeated the queen bee
17. The four kingdoms
18. The death of my heart
19. Engagement
20. Happiness
21. Black magic
22. Violin
Extra Iria
23. "She still loves you"
24. Hayat
25. Civil War pt.1
26. Civil War pt. 2
Extra Nathan
27. War, blood and Love
28. Memories
29. It's my fault
30. "I'm tired"
31. Life
Extra Chris
32. The truth
33. Love trap
34. Wedding
35. War
36. "May the queen have a long life!"
Epilogo
Ringraziamenti
Spin Off

15. She was strong

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By hajarstories_

Chris

Ero nello studio di Azrael e stavo bevendo un bicchiere di whisky, quando il diretto interessato entrò.

«Chris, recati al palazzo nel Regno del Nord. Avverti Nathan e Iria che Edith sta bene e che ritornerà domani. Controlla lo stato di salute della ragazza e prendi dei vestiti di ricambio per Edith» ordinò, per poi dirigersi al tavolino con sopra un bicchiere e la bottiglia d'alcol.

«Perché stai facendo tutto questo? Sei la Morte, non hai bisogno dell'aiuto di una comune mortale» affermai, trasformando in parole i pensieri che in quell'ultimo periodo mi stavano vagando in testa.

«Non ti interessa, Chris» sbottò, scolandosi l'intero bicchiere.

«Ma hai chiesto il mio aiuto, quindi sì, è anche affar mio.»

«Ti sbagli. Non ho mai chiesto il tuo aiuto, né tantomeno l'aiuto di Mike. Vi ho semplicemente resi partecipi di quel che sta accadendo, tutto qui.»

«Ma adesso quello che deve andare a fare una commissione per Vostra Maestà sono io, non tu» ribattei, poggiando il bicchiere da cui stavo bevendo sul tavolino e incrociando le braccia al petto.

«Adesso stai facendo un favore a me, non a Edith» disse, lasciandosi cadere sulla sedia e posando il bicchiere sulla scrivania davanti a sé. Si coprì gli occhi con le mani, visibilmente frustrato.

Stetti zitto e l'unica cosa che feci fu teletrasportarmi davanti al castello di Edith.

Non sapevo che cosa stesse accadendo ad Azrael in quel periodo, né tantomeno riuscivo a capire il perché stesse facendo tutto quello per una totale sconosciuta. Riportare indietro qualcuno dalla morte era un gesto da pazzi e anche da disperati. Perché assecondare un'idea così malsana? Sapendo, per giunta, delle terribili conseguenze che ci sarebbero state.

Non si poteva pretendere di riportare qualcuno in vita senza pagare un prezzo. E il mio amico ne era consapevole, diamine se lo era. Lui era la Morte. Quello era il suo campo. Non sapevo che cosa sarebbe potuto accadere in futuro, sapevo solo che i libri del destino della regina, della guardia e della dama da compagnia del Regno del Nord erano ormai stati macchiati dai nomi dell'Angelo della Morte e da quelli di due suoi cupi mietitori.

Noi non avremmo mai dovuto avere a che fare con i vivi. Mai. Ci dovevamo limitare a raccogliere le anime fino a quando il nostro contratto con Morte non fosse giunto al termine. Successivamente potevamo avere il privilegio di rinascere in una culla d'oro.

Quello era ciò che era davvero un cupo mietitore: venivano scelte persone con un conto in sospeso o selezionate da poteri superiori. Avevamo totale accesso alla magia e l'unico compito che avevamo era quello di raccogliere le anime e di mantenere un equilibrio tra Vita e Morte. L'unico aspetto negativo era che non ricordavamo niente della nostra vita. Ci era solo concesso di sapere il nostro nome. Nulla di più, e ciò mi tormentava da molto tempo. Volevo scoprire chi ero e cosa avevo fatto per essermi ritrovato assegnato il ruolo di cupo mietitore.

Le guardie davanti alla porta d'ingresso non volevano lasciarmi passare, il che era abbastanza plausibile, visto che non potevo riferire loro la mia vera identità. Dopo aver fatto molto baccano, i portoni si aprirono e la figura di Nathan comparve davanti a me. Indossava una semplice camicia bianca in parte sbottonata, con le maniche arrotolate fino agli avambracci e dei semplici pantaloni blu. I capelli erano scompigliati, e quando mi avvicinai a lui notai le profonde e scure occhiaie.

«Entra» mi accolse, per poi voltarmi le spalle e rientrare nell'immenso palazzo reale.

Le guardie mi lasciarono finalmente passare e io iniziai a incamminarmi seguendo il biondo. Appena arrivammo in uno studio intuii che si trattava del suo.

«Accomodati» mi invitò, indicandomi la sedia libera davanti alla scrivania.

«Edith sta bene ed è al sicuro. In questo momento sta dormendo nel palazzo di Azrael. Ha avuto dei problemi con la magia e non riesce a reggersi in piedi.» Nell'udire le mie parole, Nathan si alzò subito e fece per uscire dalla porta. «Ho detto che sta bene» rimarcai.

«Tu vieni qui e mi dici che la mia regina non riesce a reggersi in piedi. Secondo te dovrei credere che stia bene?» domandò con tono sarcastico.

Iniziai a spiegargli tutto ciò che era accaduto nelle ore precedenti e diverse emozioni si palesarono sul viso della guardia. Notai rabbia, paura e preoccupazione. Alla fine, invece, scorsi la rassegnazione.

«Perché Azrael sta aiutando la mia regina?» chiese, dopo essersi passato una mano tra i capelli ed essersi riversato completamente sulla sedia.

«Non lo so» riferii, tenendo per me le mie considerazioni.

«Perfetto...» sbuffò.

«Dovrei prenderle dei vestiti e recarmi da Iria» lo informai.

«I vestiti te li porto io. Perché vuoi vedere Iria?»

«Raccomandazioni di Vostra Maestà» risposi con una leggera punta di divertimento, per poi alzarmi e dirigermi verso la porta.

«Suppongo di sì. Sali le scale e mantieni la destra. L'ultima stanza è quella di Iria.»

Uscii dalla porta e salii le scale, seguendo le indicazioni di Nathan. Arrivai davanti all'ultima porta e, prima di entrare, bussai. Dopo aver udito un "avanti" quasi impercettibile, abbassai la maniglia fredda e aprii la porta. Feci il mio ingresso e la prima cosa che vidi fu la giovane ragazza distesa sul letto.

«Christopher, giusto?» domandò, provando a sedersi con l'ausilio di un cuscino dietro la schiena.

«Chris» risposi, per poi iniziare a osservarla con attenzione.

I grandi occhi castani parevano sfiniti per colpa della sua salute cagionevole. I capelli erano raccolti in una coda disordinata e alcune ciocche erano attaccate al suo viso minuto a causa del sudore.

«Chris» ripeté, mentre le sue labbra si allargavano in un dolce sorriso. «Perché sei venuto qui, se posso permettermi?»

«Mi manda la tua regina.»

Alle mie parole sbarrò gli occhi e si liberò delle coperte. Appoggiò i piedi sul pavimento ma, quando si alzò, un capogiro rischiò di farla cadere. Mi precipitai da lei e l'afferrai prima che potesse toccare terra.

«Sta bene? Edith sta bene?» domandò agitata.

«Non riesci neanche a stare in piedi. Distenditi e prova a calmarti» le consigliai, mentre i miei occhi verdi si fondevano con i suoi, grandi e scuri.

«Mi calmerò quando mi risponderai. Edith sta bene?» domandò per l'ennesima volta.

«Sta bene» confermai in modo deciso, e la aiutai a sdraiarsi sopra al letto caldo.

Non avevo mai visto due persone così tanto apprensive nei confronti della loro regina. Solitamente, la maggior parte dei sudditi trovavano irrilevante la figura di un regnante, e tanto meno si preoccupavano per la sua incolumità.

Iria e Nathan sapevano che Edith era una delle streghe più forti mai esistite. Possedere sia la magia bianca che la magia nera ti rendeva molto potente, ma a loro non sembrava importare. Si preoccupavano comunque. Non sapevo il perché fossero così tanto legati a lei, ma quello mi bastò per mettermi l'anima in pace almeno per un istante. Quel giorno avevo capito quanto Edith fosse forte. Forse era anche disperata, stupida o coraggiosa per star rischiando tutto per suo padre.

Ma aveva rischiato di morire.

Quella mattina, se non fosse stata un ibrido, sarebbe morta. I continui sbalzi di magia potevano portare all'esaurimento totale. Lei, invece, se l'era cavata con un semplice mal di testa e uno svenimento.

«Ha chiesto ad Azrael di assicurarsi che stessi bene. Devi essere speciale, per far impensierire una persona quasi del tutto incosciente. E se quella persona è addirittura la tua regina...»

Non sapevo perché stessi conversando con lei. Non ne ero il tipo. Ciò che dicevo era il minimo indispensabile e ciò che dovevo proferire era già uscito dalla mia bocca.

«Non sono affatto speciale, anzi» ammise con un sorriso triste.

Tra di noi calò il silenzio, che venne interrotto dal bussare alla porta.

«Ecco i vestiti» esordì Nathan, entrando e porgendomi un piccolo zaino.

«Credo che la vostra regina farà ritorno domani» li informai.

«Bene» rispose il biondo, senza alcuna espressione sul viso.

Senza pronunciare parola alcuna, mi teletrasportai al palazzo di Azrael e, non trovandolo da nessuna parte, decisi di lasciare lo zaino davanti alla stanza in cui, in quel momento, stava risiedendo la regina del Nord.

***

Iria

Chris scomparve nel nulla, e la sensazione che mi stava perseguitando da giorni si affievolì. Era brutto da pensare ma, per tutto il tempo che era stato qui, non avevo fatto altro che pensare a Edith. La preoccupazione mi attanagliava il cuore e il mal di testa aumentò a dismisura. Tolsi il cuscino da dietro la mia schiena e lo posizionai per bene sotto la mia nuca.

«Come ti senti, Iria?» domandò Nathan, avvicinandosi a me, una volta rimasti soli.

«Sto bene, tranquillo. Non pensare a me, avrai tante cose da fare.»

«La tua salute viene prima di quello che ho da fare. Se Edith dovesse scoprire che ti ho lasciata ammalata senza aiutarti, mi taglierebbe la testa» scherzò con un sorriso.

«Sto bene, tranquillo, devo solo riposare un po''» risposi, per poi chiudere gli occhi e cercare di rilassarmi il più possibile.

«Va bene, ti lascio riposare.»

L'unico rumore che sentii dopo i suoi passi fu il chiudersi della porta. Cercai di rilassarmi, ma il mal di testa non aveva intenzione di lasciarmi in pace. Volevo dormire. Tutto ciò che desideravo in quel momento era appisolarmi per un lungo periodo. Era da infinite ore che non chiudevo occhio.

Percepii, all'improvviso, dei passi avvicinarsi sempre di più al letto e, quando aprii gli occhi, mi ritrovai davanti l'unica figura che non mi sarei mai aspettata.

«Azrael...»

***

Edith

I raggi del sole con cui ero solita svegliarmi la mattina non c'erano. Il buio e la luce lunare che penetrava dalle vetrate della stanza in cui mi trovavo mi fecero ricordare di non essere nel Regno del Nord, ma bensì nel Bosco della Notte.

Mi scostai dal corpo le pesanti coperte e misi i piedi per terra. Se non avessi avuto le calze addosso, i brividi causati dal pavimento gelido mi avrebbero assalita. Posato accanto al letto vi era uno zaino, insieme a un pezzo di carta scritto con l'inchiostro nero.

"È un cambio che Nathan ha gentilmente preparato. Se vuoi farti una doccia, troverai il bagno dietro la porta vicino all'armadio."

Pensai subito ad Azrael, anche se quel biglietto non era firmato. Portai lo zaino con me nel bagno e, dopo essermi fatta una lunga doccia calda, indossai i vestiti che vi trovai all'interno. Misi l'abito rosso scarlatto dal colletto alto. Era semplice, caldo ed elegante. Infilai, poi, i tacchi neri ai piedi e posai la mia corona sulla testa.

Il giorno prima non mi ero curata di portarla con me, ma per fortuna Nathan si era ricordato di metterla nello zaino. Provai ad asciugare i capelli con la magia. Era un incantesimo semplice, basilare. Schioccai le dita e i miei capelli da bagnati divennero asciutti e perfettamente lisci. Riposi i vestiti che indossavo il giorno prima nello zaino e lo rimandai a palazzo.

Uscii prima dal bagno e poi dalla stanza. Impiegai un po' di tempo per trovare lo studio di Azrael e, quando finalmente ci riuscii, bussai. La porta si spalancò, aperta dalla magia, e vidi Azrael seduto alla scrivania intento a lavorare.

«Sei sveglia» osservò.

«Sono sveglia.»

«Hai già provato a utilizzare la magia?» domandò, posando lo sguardo su di me; si alzò dalla sedia e mi si avvicinò.

«Sì» annuii.

«Bene. Questo significa che ti serviva solo una bella dormita. Ti va di fare colazione?» propose, per poi afferrarmi la mano e teletrasportarmi nella cucina del castello.

«Hai una cucina» constatai. Più che una domanda, quella che avevo fatto pareva un'affermazione.

«Non dovrei?»

«Gli angeli non mangiano.»

«Già, ma in situazioni come queste è sempre utile.»

«Mike mi ha detto che non permetti a nessuno di entrare qui» affermai, per poi sedermi su uno sgabello appoggiando gli avambracci sul tavolo davanti a me.

«Mike dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa» lo rimproverò, e iniziò a preparare la colazione.

Quel gesto mi lasciò un po' interdetta. Non stava utilizzando la magia, ma bensì stava facendo tutto con le sue mani. L'unica cosa che vedevo in quel momento era la sua schiena e le sue larghe spalle fasciate da una camicia nera. I capelli, al contrario dell'altra sera, erano legati come al solito.

«Perché non utilizzi la magia?»

«Perché il cibo preparato con le proprie mani ha un sapore più buono» rispose, piazzandomi davanti un piatto di pancakes.

«Chi te l'ha detto?» curiosai, tagliando un pezzo di dolce.

«Una persona che per me era molto speciale.»

«Era?» ripetei.

«Era» confermò accennando un sorriso triste.

E, solo in quel momento, capii quanto doveva essere difficile essere l'Angelo della Morte. Non poteva affezionarsi a nessuno. Lui era immortale, era un angelo. Era costretto a vedere tutte le persone che amava morirgli davanti.

E, quella, era una condanna.

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