Life Goes On

By hajarstories_

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⚠️TW⚠️ Volevo avvertirvi perché mi sembra la cosa giusta da fare. Nella storia sono presenti argomenti come:... More

Dedica
Prologo
1. I am the queen
2. Traitor
3. Anything for my people
4. "I need a friend"
5. "In the face of death we are all the same"
7. Life must come to an end pt.1
8. Life must come to an end pt.2
9. Deal
10. Southern Kingdom
11. Beehive
12. Flowers of silence
13. River of silence
14. The soul of a flower
15. She was strong
16. I defeated the queen bee
17. The four kingdoms
18. The death of my heart
19. Engagement
20. Happiness
21. Black magic
22. Violin
Extra Iria
23. "She still loves you"
24. Hayat
25. Civil War pt.1
26. Civil War pt. 2
Extra Nathan
27. War, blood and Love
28. Memories
29. It's my fault
30. "I'm tired"
31. Life
Extra Chris
32. The truth
33. Love trap
34. Wedding
35. War
36. "May the queen have a long life!"
Epilogo
Ringraziamenti

6. Death

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By hajarstories_

Edith

Iniziai a udire un vociare che pian piano diventava più forte. La testa mi doleva molto, così come anche qualsiasi muscolo che avevo in corpo.

Aprii gli occhi con lentezza e cominciai ad abituarmi alla forte luce proveniente dalle finestre. Mi sentivo stordita e affaticata, ma nella mia testa fluttuava un unico pensiero: il contenuto di quelle pagine.

Mi misi a sedere e mi accorsi solo in quel momento dei sei occhi che mi stavano fissando. Nathan e Iria erano sul lato destro, mentre mia nonna si trovava dalla parte opposta.

«Sei sveglia!» esclamò mia nonna, sollevata.

«Dov'è il libro?» chiesi, ignorando le sue parole mentre cercavo di scostare le lenzuola dal mio corpo.

«Oh no, te lo vieto, Edith. Non ti muoverai da questo letto fin quando non ti sarai ripresa del tutto» mi ordinò la nonna.

«Sto bene» la assicurai, quindi mi alzai ed ebbi un capogiro che mi fece quasi cadere sul letto morbido.

«Non stai bene» replicò lei.

«Sto bene. Devo solo bere un bicchiere d'acqua e sarò come nuova» ripetei, sentendo la gola secca.

Un secondo dopo quell'affermazione, sotto il mio naso comparve un bicchiere di vetro contenente dell'acqua.

«Grazie, Iria» mi dimostrai grata e sorseggiai il contenuto del bicchiere; mi sentii come se il mio corpo avesse potuto rinascere.

«Dov'è il libro? Non lo chiederò un'altra volta.»

«Volete ancora trovare Morte? Dopo aver perso i sensi e aver consumato tutta l'energia vitale del vostro corpo?» mi rimproverò la mia guardia.

«Sapevo a cosa andavo incontro, Nathan. Il libro. Ora!» esclamai assottigliando lo sguardo e concentrandomi sulla figura del biondo.

Andò verso la mia scrivania e, un attimo dopo, mi porse il Libro delle Ombre. Lo aprii con gesti celeri e sfogliai a raffica fino a raggiungere quelle famigerate pagine.

Finalmente.

Finalmente l'inchiostro scuro rivestiva le pagine, non più bianche. Dopo aver fatto scivolare gli occhi sulle lettere scritte in maniera elegante, sorrisi.

«L'ho trovato!» esclamai emozionata, rivolta alle persone accanto a me.

Stavo sorridendo. Dopo così tanto tempo i muscoli del mio viso avevano assunto un'espressione di cui si erano scordati.

Dai loro sguardi, però, credevo di sembrare una pazza, e, forse, lo ero davvero.

Il barlume di speranza che avevo crebbe fino a riempirmi il cuore di gioia. Ero serena.

C'era la possibilità di riavere mio padre al mio fianco. Non sarei più stata sola, ma avrei avuto di nuovo il suo affetto a riscaldarmi il cuore. Avrei rivisto i suoi occhi pieni di vita. Avrei percepito di nuovo il calore trasmesso dal suo abbraccio. Avrei riprovato quella sensazione, l'amore, e mi sarei finalmente sentita amata.

«Avvisa in cucina che scenderò a momenti per fare colazione. Adesso, se volete scusarmi, vorrei farmi una doccia e prepararmi.»

«Sì, Vostra Maestà» annuirono all'unisono Nathan e Iria, prima di scomparire oltre l'imponente portone della mia stanza.

«Ti stai cacciando in un grosso guaio» affermò mia nonna, iniziando a sistemare il mio letto.

«Me l'hai già detto e mi sembra di averti anche già dato una risposta. E non c'è bisogno che tu mi rifaccia il letto, nonna» la richiamai sorridendo.

«Sei testarda, come tua madre» continuò lei, con un leggero sorriso scaturito dal ricordo di mia madre.

Il mio si affievolì, ma non del tutto. Mi mancava mia madre, certo, ma il rapporto che avevo con mio padre era... unico.

Entrai in bagno e, dopo essermi fatta una rigenerante e rilassante doccia calda, indossai l'accappatoio e mi recai nella stanza. Corsi nella cabina armadio e provvidi a cambiarmi il più velocemente possibile. Scelsi un lungo abito nero con il collo alto; vantava di eleganti ricami rossi che andavano a decorarne il tessuto.

Indossai delle semplici décolleté nere, degli anelli per adornare le mie dita affusolate e infine degli orecchini d'argento pendenti. Presi la corona e mi diressi alla postazione trucco.

Schioccai le dita; i miei capelli si asciugarono e le ciglia si allungarono grazie al mascara. Osservai la vasta collezione di rossetti che possedevo.

«Non avrai mica intenzione di tenere di nuovo i tuoi capelli sciolti, vero?» domandò mia nonna avvicinandosi a me.

«Perché, non vanno bene?»

«Certo, ma io proverei qualcosa di un po' diverso. Ah, e per la tinta labbra ti consiglio il rosso, si abbina ai ricami dell'abito» suggerì, iniziando a trafficare con i miei capelli.

Nessuno prima d'ora mi aveva mai fatto un'acconciatura, tantomeno a mano. Quando ero piccola, mia madre utilizzava sempre la magia per prepararmi ogni mattina. Quando morì, di conseguenza, continuai a prepararmi da sola con l'ausilio dei miei poteri.

Non ero solita creare acconciature elaborate, ma dovevo ammettere che non mi dispiaceva sperimentare con qualcosa di diverso.

Presi la tinta rossa consigliatami da nonna Diane e la stesi delicatamente sulle mie morbide labbra.

«Che ne dici?» domandò la voce della donna dietro di me.

Alzai lo sguardo verso lo specchio davanti a me e vidi ciò che mi aveva fatto ai capelli. Erano perfetti. Aveva creato un elaborato ma elegante chignon che rendeva il mio viso più visibile.

Misi la corona sulla testa e mi guardai con maggiore attenzione allo specchio.

Mi piacevo.

«Sei meravigliosa, Edith. Semplicemente perfetta» affermò nonna, sorridendomi.

Mi voltai verso di lei e arrisi al sentire quelle dolci parole.

«Grazie, nonna» risposi prima di rimanere intrappolata nel suo caloroso abbraccio.

«Ora vai, ti staranno aspettando» mi incoraggiò per poi staccarsi.

E proprio in quell'istante vidi i suoi occhi bagnati dalle lacrime. Passai il pollice sul suo viso e le asciugai la gota.

«Ti voglio bene, nonna.»

«Anch'io, mia cara.»

La sorpassai e, accelerando il passo, uscii dalla mia stanza trovandomi Nathan davanti.

«S-Siete...» cercò di dire, guardandomi con le labbra schiuse e le sopracciglia alzate.

«Grazie, Nathan. Oggi è un giorno speciale» affermai lieta.

*

«Nathan, per oggi non ho programmi, giusto?» domandai uscendo dalla sala pranzo, dopo aver gustato una leggera colazione.

«Il consiglio ha appena richiesto un colloquio speciale. A quanto pare, hanno qualcosa da riferirvi.»

«Hai idea di cosa possa trattarsi?» indagai, cambiando direzione, e iniziai a incamminarmi svelta verso la sala riunioni.

«No, Vostra Maestà.»

Arrivai davanti alla porta in legno della sala ed entrai, scorgendo subito i volti preoccupati di tutti i presenti.

«Vostra Maestà!» esclamò il conte Thomas alla mia vista.

Tutti si alzarono nell'immediato, poi si sedettero.

«Perché questa convocazione d'emergenza?» domandai a voce alta.

«Ecco, Vostra Maestà, stavo controllando i bilanci dell'estrazione dei minerali e sono diminuiti esponenzialmente» mi informò lord Morel.

Il lord aveva dei capelli bianchi abbinati a suoi baffi sottili e arricciati. Indossava dei vestiti piuttosto costosi e dal taschino del suo blazer marrone sbucava un luminoso orologio.

«Per secoli quei minerali sono stati fonte di ricchezza per il popolo. I minatori lo sanno meglio di chiunque altro e non si fermerebbero per nessun motivo. Se loro si bloccassero, l'economia del regno crollerebbe e infrangerebbero la promessa fatta alla loro regina.»

I minatori erano importantissimi per il regno, ma erano pur sempre umani ed entravano in contatto con minerali di immenso valore ogni giorno. La tentazione era un serpente malizioso che sussurrava nelle orecchie e ingannava i più stolti. Per questo, dalla creazione del Regno del Nord, qualsiasi minatore doveva giurare davanti ai sovrani di non compiere alcun furto. La punizione all'infrangimento di quella promessa? La morte.

Controllavamo i bilanciamenti quotidianamente per assicurarci che fossero stabili e nella norma e, per nostra fortuna, lord Morel si era accorto che non era stato così nell'ultimo periodo.

«Quindi non dubitate di nessun minatore?» domandò il visconte Girard, corrucciando lo sguardo. Lui era il figlio del visconte che un anno prima avevo ucciso con l'accusa di alto tradimento verso la Corona.

Nathan aveva provato a convincermi a negare al nipote dell'ormai deceduto Visconte di accedere a quella carica, ma avevo rifiutato. Volevo dargli un briciolo di fiducia, perciò gli avevo fornito il beneficio del dubbio. In fondo, non era giusto che le azioni del padre si ripercuotessero sul figlio. Volevo concedere una possibilità a lui e alla sua famiglia, in modo che ripristinassero il loro nome.

«No, ma qualcuno di voi deve recarsi a fare dei sopralluoghi. Cercate di capire quanto è stato preso e soprattutto da chi.»

Sicuramente si trattava di un furto. Ogni minatore doveva estrarre un certo numero di minerali al giorno e nessuno, per secoli, aveva mai battuto la fiacca.

«C'è altro?» aggiunsi.

«No, Vostra Maestà» risposero in coro.

«Bene» affermai, per poi alzarmi e dirigermi fuori. «Nathan, di' a Iria e a mia nonna di aspettarci per cena.»

«Sì, Vostra Maestà» rispose, poi scomparve dalla mia visuale.

Camminai lungo i vasti corridoi e scesi le lunghe scale del castello fino a giungere davanti alla porta d'ingresso principale. Il palazzo era stato edificato grazie a mia madre e a mio padre. Lo costruirono loro stessi utilizzando tutte le loro forze; risultato finale era a dir poco maestoso.

Avevo sempre vissuto in quel castello, ma non mi sarei mai abituata completamente al suo splendore. La luce dentro di esso correva, libera, annientando ogni singolo mostro chiamato "oscurità". Le vetrate erano immense e la visuale del giardino che si ammirava attraverso esse era mozzafiato. Mi piaceva assistere in particolare al cambio di stagione, come se una singola immagine potesse mutare nel corso di un anno.

Il pavimento era composto da un lucido parquet marrone scuro, coperto a tratti da raffinati tappeti. I lampadari sembravano una cascata di diamanti proveniente dal soffitto e brillavano grazie alla luce solare.

Ogni dettaglio era semplicemente... meraviglioso.

«Edi- Vostra Maestà!» esclamò la voce che avevo capito appartenere a Nicholas.

«Sì, principe?» risposi cercando di trattenermi dall'alzare gli occhi al cielo.

I capelli castani, a differenza della volta precedente, erano tirati all'indietro con del gel; gli occhi, anch'essi marroni, parevano annoiati e i vestiti che indossava non gli donavano affatto.

«I miei genitori ti... vi invitano a corte tra due giorni.»

«E posso sapere il motivo di tale gesto?» lo inquisii assottigliando lo sguardo.

«Vogliono conoscervi di persona.»

«Io e i suoi genitori abbiamo già avuto modo di conoscerci in passato.»

«Sì, ma adesso vogliono conoscere quella che diverrà mia moglie.»

Udendo quelle parole, un senso di ribrezzo si propagò in tutto il mio corpo, e mi trattenni dall'esibire una smorfia poco professionale.

«Certo!» esclamai, gli occhi ridotti a due fessure puntati verso di lui.

«Vostra Maestà, è giunto il momento di andare» mi richiamò la voce di Nathan, una volta sceso dalle scale.

«Sì, arrivo» risposi prima di voltarmi e uscire all'esterno, seguita dalla mia guardia del corpo.

Nonostante fosse presente la luce del sole che illuminava il cielo, il vento era persistente in quel periodo, soprattutto nel Regno del Nord.

«Teletrasportiamoci, sarà più facile e veloce» decretai prima di afferrare il muscoloso braccio del biondo e catapultarci insieme in un luogo di cui avevo letto solo nei libri.

Il Bosco della Notte. Quello era il luogo dove Morte viveva.

Un semplice essere umano non poteva accedervi, ma solo una creatura con la magia, o meglio, solo una creatura sovrannaturale.

In quel macabro luogo la notte era costante e nessuno osava metterci piede, troppo intimoriti da ciò che poteva nascondersi nell'oscurità.

Ci teletrasportammo esattamente davanti a un castello.

Era alto e imponente, proprio quanto il nostro, se non di più. Al contrario della residenza in cui abitavo, però, quella era più... tenebrosa.

Io e Nathan salimmo i gradini davanti all'entrata finché non arrivammo dinanzi all'imponente portone, che si aprì da solo all'istante. Il cigolio che emise non era molto rassicurante, ma, d'altronde, quella era l'abitazione della Morte, mi sarei stupita o spaventata del contrario.

In confronto all'esterno del castello, l'interno era luminosissimo. I grandi lampadari illuminavano l'intero atrio e il clima, decisamente più caldo, rendeva l'atmosfera molto più confortevole.

Il parquet e le pareti erano di un lucido marrone scuro e notai appesi ai muri vari quadri, tra cui uno in particolare. Rappresentava una figura sulla sinistra, uno scheletro che indossava una veste nera adornata di croci di varie dimensioni e colori. Sulla destra, invece, era ritratto un gruppo numeroso di corpi avvinghiati tra di loro. In alto faceva capolino una madre che sorreggeva un bambino. Sotto di loro, un'anziana donna e una coppia abbracciata.

Era... meraviglioso.

«Morte e Vita» annunciò una voce profonda, alle mie spalle.

Mi voltai lentamente verso la voce e trovai un uomo in piedi davanti a noi.

Nathan sguainò subito la spada e la puntò allo sconosciuto, che non si mosse di un centimetro. Anzi, sogghignò. Alzai una mano e la posai sulla spalla della guardia, affinché non compisse mosse azzardate, poi mi

concentrai sulla figura davanti a me.

Era un uomo che sembrava avere la mia età. Portava i capelli corvini legati in un piccolo chignon disordinato, alcune ciocche gli accarezzavano il collo e la fronte. I suoi occhi parevano un pozzo senza fondo da quanto erano scuri. Indossava un pantalone e una camicia nera con le maniche arrotolate fino ai gomiti. La pelle sembrava di porcellana, quasi più pallida della mia, mentre le labbra erano piene e rosee.

Era bellissimo.

«Gustav Klimt, un pittore umano, rappresentò la Morte nell'atto di prendere delle innocenti vite. Una madre che vuole solo vedere suo figlio crescere, un'anziana che ha già goduto di tutto ciò che la vita le poteva offrire e una coppia di giovani che volevano vivere l'amore che avevano fortunatamente trovato» spiegò, osservando il dipinto sul muro con le braccia conserte, e si avvicinò a me. «Realizzò tutto questo tra il 1908 e il 1915.»

Mi superava in altezza, ma non troppo da essere irraggiungibile.

«È splendido» sussurrai perdendomi nei meravigliosi tocchi di colore klimtiani.

«È un memento mori. "Ricordate che la morte esiste e colpisce tutti." Il ciclo della vita finirà prima o poi, per tutti quanti.»

«Anche se a volte finisce troppo presto» riflettei, voltando la testa a destra, verso quell'uomo.

«E tu ne sai qualcosa, non è vero?» domandò osservandomi attentamente.

Adesso che avevo i suoi occhi più vicini ai miei, potevo affermare che fossero davvero splendidi.

Incantatori.

«Cosa intende dire?» indagai.

«Ho forse torto, Edith?» ribatté.

Nell''udire il mio nome sbarrai gli occhi e le parole mi morirono in bocca. «Com-»

«Seguimi nel mio studio» mi interruppe.

Prima che Nathan iniziasse a seguirmi, l'uomo lo fermò. «Non tu. Devo parlare con la tua regina in privato. Potrai restare qui ad aspettarla.»

«Tranquillo, Nathan. Resta qui» ordinai al biondo, poi seguii l'uomo su per le scale.

Dopo qualche minuto, arrivammo davanti a un portone che si spalancò nell'immediato e ci lasciò entrare nello studio dell'uomo, del quale avevo ormai intuito l'identità.

Lo studio era parecchio ampio e illuminato. Vi era una grande libreria dietro la lunga scrivania in legno pregiato. Un'enorme portafinestra mostrava il bosco cupo al di fuori. Davanti a essa, era situato un divanetto con un piccolo tavolino, su cui troneggiavano una bottiglia di vetro e un bicchiere. L'uomo si sedette dietro la scrivania e mi fece segno di accomodarmi davanti a lui.

«Chi sei tu?» domandai, cercando una conferma alla mia ipotesi.

«Io? Sono colui che cercavi così tanto disperatamente. In fondo, sei venuta tu stessa fino alla mia dimora.»

«Sei Morte?»

«In persona.»

Ero stupita. Non credevo che somigliasse effettivamente a uno scheletro, ma neanche che fosse così tanto affascinante e... umano

«Quindi conosci già il motivo per cui sono qui.»

«No. Questo spetta a te dirmelo, regina del Nord.»

Nota dell'autrice:
Ciao a tutti!!
Come state? Spero vada tutto bene.
Ecco a voi il capitolo 6 :))
Mi dispiace di non aggiornare con regolarità, ma essendo che la scuola è di nuovo iniziata, è un po' complicato.
Ma vi giuro che ci proverò.
Sopra vi ho lasciato il dipinto di Klimt che secondo me è davvero splendido e anche il mio preferito.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che soprattutto vi abbia incuriosito Morte.
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
Vi voglio bene<33
Alla prossima!

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