The Rose sensation

By chiavestories

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Che cos'è l'amore? Il dizionario ce lo descrive così: /a·mó·re/ Dedizione appassionata ed esclusiva... More

To you.
A & D
0| Quando i battiti cessano
1| Ramificazioni familiari
2|Morsi dal passato e bellezza catarifrangente
3| Doveri e favori
4| Mancata attività fisica
5| Accoppiata sconvolgente
6| Le bugie hanno le gambe corte
7| Sensazioni non condivise
8| Un'anima rotta resta spezzata
10| Scacco matto
11| Versione diversa di uno stesso individuo
12| La lettera dei perdenti
13| Bagno complice
14| Pugni e caos
15| Fuga dal paradiso
16| Ambiente familiare
17| La vera accoppiata sconvolgente
18| Non corro
19| Binomio confuso
20| Ah, si?
21| Caudute scomode ed amichevoli desideri d'omicidio
22| Come ricucire due cuori
23| Un'anticonformista senza fotografie
24| L'omicidio dell'innocenza
25| Ally
26| Permaloso
27| Gli effetti di un'effusione scontata
28| Distruzione di massa
29| Ancora di salvezza e mare
30| Tuffo nel perché
31| Sarebbe stato meglio il contrario
32| Ormoni slegati
33| Stessi geni
34| Duplice aiuto
35| Tacos e autostrade
36 | Famiglia Landway
37| Climax discontinuo
38| Torta alla crema
39| Regali
40| Anche se
Epilogo
Ringraziamenti

9| Spalle gradevoli per uccelli

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By chiavestories

sfortuna
/sfor·tù·na/
Avversa fortuna. Evento spiacevole non imputabile a colpa né a negligenza.

                             

                     𝙰𝚒𝚕𝚒𝚜  𝙼𝚌𝙳𝚊𝚟𝚒𝚜

Mezzogiorno e diciassette, quando aprii gli occhi ancora plasmati dal sonno, la sveglia aranciata sul comodino segnava le dodici e diciassette.

Sospirai calma e mi rigirai nel letto godendo del tepore che il materasso irradiava dopo averci dormito tutta la notte. Non avevo lezioni di mattina quel giorno, l'unica che avrei avuto sarebbe iniziata alle cinque di pomeriggio. Avevo tutto il tempo del mondo per dedicarmi ancora un po' alla melodica arte del non far niente.

Chiusi gli occhi e passai una mano fra le coperte calde, ma il mio braccio s'imbatté in qualcosa di rigido. Qualcosa troppo grande per poter essere il mio telefono ma troppo piccolo per effettivamente allarmarmi.

Toccai la superficie appurando si trattasse di un libro. Dovevo averlo appoggiato sul letto e poi averlo dimenticato lì ieri sera. Visto il mio sonno movimentato ero sicura che io e quel libro avessimo danzato e ci fossimo rincorsi tutta la notte, sbattei le palpebre e lo presi in mano; era il volume C di Grafica.

Di colpo chiusi gli occhi.

Cazzo.

Cazzo, cazzo, cazzo.
Dovevo andare nell'appartamento di Travis e Damien per prendere il libro di Commercio di Raissa. Cazzo. Riguardai l'orologio già nel panico, segnava mezzogiorno e venticinque.

Mi catapultai fuori dal letto inciampando nelle coperte aggrovigliate e rischiando di sbattere la testa contro il comodino. Mi rialzai dalla mia caduta non conclusasi sfortunatamente con un trauma cranico e mi andai a lavare i denti correndo. Misi il dentifricio azzurro sullo spazzolino viola e mentre me lo passavo fra i denti andai nella cabina armadio per scegliere cosa mettermi.

Le possibilità che avevo erano due: vestirsi bene oppure male. Optai chiaramente per la seconda non avendo il tempo materiale per strutturare un outfit decente; se mi fossi dovuta impegnare per ottenere comunque un risultato pessimo vista la mancanza di tempo, tanto valeva vestirsi male fin da subito no?

Presi un paio di pantaloni bianchi della tuta ed una maglietta chiara mentre mi legavo i capelli in una coda.

Nel mio frenetico allacciamento di scarpe, l'occhio mi cadde sullo specchio e quel che vidi mi fece scuotere la testa; con quell'outfit sembravo una bambina uscita dalle elementari. Mi sciolsi i capelli e m'infilai la maglia nei pantaloni nella speranza di migliorare visivamente quel banale accostamento di vestiti.

Stressata dopo neanche dieci minuti dal mio risveglio, scesi le scale di corsa.
Passando per la cucina vi notai un bicchiere colmo d'aranciata ed un panino. Merda. Abram doveva essere passato a lasciarmi la colazione ed io non lo avevo nemmeno ringraziato.

Un crescente senso si fece spazio fra i miei pensieri, Abram preparava il pranzo o la cena per Raissa e me quasi ogni giorno ed aspettava sempre che io prendessi il cibo che mi portava prima di lasciarlo sul tavolo a raffreddarsi. Segno evidente che prima di andarsene mi doveva aver aspettata per un bel po'.

Strinsi forte gli occhi dalla frustrazione perché ero un'ingrata e mi veniva da piangere. Gli ormoni messi in subbuglio dal periodo di pre-ciclo in cui mi trovavo mi fecero venire gli occhi lucidi e peggiorarono il mio umore di almeno quindici tacche sotto lo zero.

Guardai affamata ed affranta la colazione per poi lasciarla lì, come una sorta di auto punizione per non aver ringraziato Abram.

Raggiunsi il portone e lo chiusi a chiave incamminandomi verso il campus. Di solito non mi pesava non avere una macchina; avevo Raissa e mio fratello che mi scarrozzavano ovunque e pagavo i taxi e gli uber ogni qual volta ne avessi bisogno.

Ma mai rimpiansi come in quel momento la mia licenza di guida mancata. L'Università distava una ventina di minuti che solitamente non mi stancavo mai di fare a piedi quando Raissa non poteva accompagnarmi, ma in quel momento un'auto mi sarebbe decisamente stata utile per affrettare le cose. Sbuffai ed uscii dal cancello consapevole che Matthew era a lavoro e non poteva accompagnarmi da nessuna parte.

Appena misi piede fuori dalla mia proprietà, mi resi conto delle ottimali condizioni meteorologiche di quella giornata; era caldogiusto. Non sudavo nel muovermi e non avevo nemmeno brividi di freddo nonostante il forte vento che tirava.

Passai per River District guardandomi intorno sorridendo; amavo quella via. Una lunga strada ricca di vertiginose e colorate palme si estendeva per chilometri riempiendosi di persone.

Mi misi in punta di piedi cercando d'intravedere il mare oltre gli alti palazzi e grattacieli. Il mix della mia miopia unito alla distanza dell'Oceano dal punto in cui mi trovavo però, mi resero impossibile vedere la morbida e vellutata sabbia della spiaggia.

Ero ferma nel tentativo di scorgere qualcosa, quando sentii una lieve pressione sulla spalla scivolare lentamente sul mio petto. Un odore acre arrivó alle mie narici facendomi istintivamente coprire il naso con le mani per non permettere a quel fetore di essere respirato. Mi osservai lo sterno coperto dalla maglietta e vidi una densa, molliccia e biancastra merda di uccello. Quello che indossavo io era un semplice indumento monocolore su cui spiccava ancora di più l'acceso sterco del volatile.

«Non ci posso credere.» imprecai allibita.

Ma come diavolo era possibile che nella superficie di centoventisette metri cubi che componeva la città di Fort Myers, un pennuto avesse deciso di espellere i propri bisogni esattamente nella mia direzione aerea?

Presi un fazzoletto dalla borsa e lo strofinai delicatamente sul tessuto riuscendo persino a peggiorare la situazione: la stoffa aveva già assorbito l'escremento e il mio sfregare aveva solo fatto espandere ancora di più la macchia nauseante. Adesso sì che era diventata una plateale strisciata di sterco. Esilarante situazione comica a tal punto da risultare surreale visto che mi sarei dovuta presentare alla loro porta maleodorante a quel modo.

Alzai lo sguardo e vidi che il campus fortunatamente si trovava giusto dietro l'angolo. Presi un grande respiro ed iniziai a correre più velocemente possibile per raggiungere l'appartamento senza che nessuno mi riconoscesse. Se un qualsiasi mio compagno o amica dell'Università mi avesse visto e mi si fosse avvicinato per fare due chiacchiere come succedeva di solito, avrebbe sentito il fetido profumo della mia maglietta. Cosa che non doveva succedere. Non dovevo incontrare nessuno.

Corsi attraversando il cortile e raggiunsi col volto paonazzo di chi aveva corso una maratona di nove ore, la reception ed il punto informazione dei dormitori.

«Salve, Buongiorno, mi scusi.» gli occhi cerulei di una cinquantenne si alzarono dallo schermo del computer ed entrarono in contatto coi miei. Aveva i capelli raccolti in una treccia e due solchi stanchi a segnarle le occhiaie violacee. Mi squadró insistentemente ed annusó l'aria nauseata.

Grazie signora, so di non avere un bell'aspetto o un buon odore.

Le mostrai la mia tessera universitaria in modo da dimostrarle che ero un studentessa di quella sede e proseguii, «Damien Landway e Travis O'Connell, s-saprebbe dirmi il numero della loro stanza?» chiesi ancora balbettando a causa dei respiri irregolari in preda agli ansimi ed alle guance arrossate dallo sforzo.

«Il loro appartamento è il numero 185» disse senza nemmeno rifletterci o cercarlo nel database delle stanze. Restai un attimo immobile con aria confusa e la donna dovette intuire le mie perplessità, «Oh, tu non hai idea di quante ragazze mi chiedano il numero di quell'appartamento.» ammise scocciata, lasciando trapelare il disgusto che provava per le donne che vi si recavano ed i proprietari stessi.

Le sorrisi comunque e la ringraziai incamminandomi verso l'ala Est. Il mio respiro stava giusto tornando alla sua regolare attività quando vidi un gruppo di ragazzi camminare verso la mia direzione. Tremai quando riconobbi i loro volti e li associai ad alcuni miei compagni del corso di Matematica.

Iniziai a correre come una persona posseduta dallo spirito di Usain Bolt e mi lanciai su per le scale che portavano al secondo piano composto dagli appartamenti che andavano dal cento al duecento, sicura di averli depistati. Non che mi stessero seguendo, ma non averli più vicini mi tranquillizzò.

Corsi superando tutti i numeri sulle porte e mi spostai incurante i capelli dalla fronte sudata. Rallentai solo quando vidi il numero centosettanta sulla porta scura che avevo a fianco e proseguii più piano.

Centottantatre, centottantaquattro ed infine il giovevole 185. Mi fermai di scatto ed in preda agli ansimi ed ai respiri accelerati, riuscii a malapena a tirare un sospiro di sollievo prima di bussare ripetutamente. Il mio imbarazzo nel girovagare puzzolente doveva terminare lì.

Attesi qualche secondo e poi udii i cardini dorati della porta scricchiolare e muoversi.

«Ehm, oh, ciao McDavis..?» una voce che non apparteneva a Damien o Travis mi accolse.  Eccoci, se avessi anche sbagliato stanza sarebbe arrivato il momento giusto per prendere una pala ed iniziare a scavare la mia fottuta fossa.

Alzai lo sguardo e lo incrociai con quello divertito di Warner Cassnell.

«Oh ehm, questa è la tua stanza?» chiesi confusa dalla sua presenza in quello che non doveva essere il suo appartamento stando alle direttive della reception.

«No tesoro, ma se sei interessata alla mia, io abito al centov-»

«Non mi interessa dove abiti.» dissi sorridendo, «Ho solo bisogno che Travis mi dia il libro che aveva lasciato a lezione Raissa.»spiegai eloquente.

Lui però, non sembró ascoltarmi: la sua attenzione era rivolta al mio volto arrossato ed il fiato corto che mostravo «Stavi scappando da qualcosa?» mi chiese accigliato.

«Dall'umiliazione pubblica.»

Scoppió a ridere e scosse la testa divertito, «Ho avuto una sorta di...di incidente con un volatile.» proseguii indicandomi l'evidente macchia sul petto.

Lui rise trattenendo il disgusto, «Anche se non è casa mia mi sembra sbagliato non farti entrare, vieni, Trav è sul divano.» disse spostandosi di lato per lasciarmi passare.

Non ebbi il tempo di rispondere poichè in quel momento, udii la voce ovattata di Damien avvicinarsi alla porta.

«Warner, chi è?» urló.

Cassnell gli rispose subito sorridendo, «Ailis, Ailis McDavis.»

«Ma non dire cazzate.» commentò non credendoci, ritornando sui suoi passi allontanandosi ulteriormente dalla porta.

A quel punto peró, Warner venne affiancato da Travis, il quale, mi squadró storcendo il naso.

«Non penso sia il caso che io entri.» proruppi, «Ho avuto un incontro ravvicinato con gli escrementi di un uccello e voglio solo tornare a casa per farmi una doccia. Mi daresti il libro di Commercio di Raissa, per favore?» dissi spostando lo sguardo verso destra nel tentativo di celare l'imbarazzo.

Travis mi guardó in faccia e non represse una rumorosa risata mentre Warner si trattenne; avendo già copiosamente riso qualche istante prima per lo stesso motivo.

«Vieni Lis entra, fatti una doccia e datti una sistemata.» mi propose O'Connell placando il flusso di risate generali.

Mi soffermai mentalmente sul nomignolo che aveva usato.
Lis.
Era il diminutivo utilizzato da mio fratello e Raissa per rivolgersi a me. Un brivido di rabbia mi corse rapido sulla pelle quando realizzai che lui e Rais dovevano aver parlato parecchio insieme per rendergli facile chiamarmi col mio soprannome.

«Vuoi tornare a casa ed attraversare mezza università con la dolce aroma che emani?» alzó un sopracciglio arrogantemente divertito Damien vedendomi ferma.

Vaffanculo.

La sua voce aveva la capacitá di risultarmi ancora più fastidiosa ed irritante ogni volta che apriva bocca. Sorrisi ringraziando Travis della proposta, ignorandolo. «Ehm allora se non è un problema, io andrei a farmi una doccia.» dissi leggermente imbarazzata nel passare maleodorante davanti a quattro ragazzi, perché si, c'era anche una quarta persona: Jackson Wayard, ulteriore componente della squadra di nuoto, era disteso sul divano a guardare divertito la scena.

«Vieni, è in fondo a destra.» Travis mi fece da guida mentre mi illustrava la geolocalizzazione del bagno.

Riflettendoci peró, non era una cattiva idea farmi una doccia lí, non lo era per niente in effetti. Mi sarei tolta il sudore e mi sarei rinfrescata prima di bruciare quella maglietta fetiscente.

Appena varcai la soglia rimasi stupita dalle dimensioni dell'appartamento. Era spazioso e luminosissimo; una grande finestra rettangolare si apriva sul cortile universitario illuminando armoniosa tutto il salotto. Caldi raggi solari filtravano dalla grande lastra di vetro occupante quasi una parete intera.

Una piantina di cactus sintetica posta al centro di un tavolino ed un quadro ritraente la grande Statua della Libertà peró, rendevano tristemente monotono il resto dell'abitacolo.

A guardarlo bene, escludendo la bellezza della finestra, sembrava un noioso e scialbo  appartamento che potevano affittare a dei semplici turisti in un qualsiasi luogo situato in territorio americano. La piantina per dare un minimo di colore ed il quadro patriottico erano lampanti segnali del classico design base da americano medio.

Non so perché ma rimasi quasi delusa nello scoprire così il posto in cui vivevano. Me lo aspettavo più...più da Damien e Travis.
Musica ad alto volume ad ogni ora del giorno, pacchi di patatine aperti e lattine semivuote a giro per casa, quadri erotici espliciti in stile cubismo astratto e disordine. Sí, me lo immaginavo decisamente così.

Di certo non con un tappeto verde chiaro con incisa la scritta: "Welcome Friends" sul pavimento di moquette, o quella terribile bandiera a strisce rosse e bianche col quadratino blu presente prima d'entrare in cucina.

«Non ti piace vero?» la voce serena di Travis interruppe le mie offese mentali a quel tremendo tentativo d'arte mancato.

«Cosa scusa?» chiesi non capendo a chi o a cosa si stesse riferendo.

«L'appartamento, lo guardi come se fosse fatto di cartone.» sorrise. Mi voltai divertita e bussai lievemente nella parete del corridoio a fianco a me volendogli dimostrare scherzando, quanto la sua teoria potesse rivelarsi non così distante dalla realtà dei fatti. Un suono vuoto ed echeggiante frutto del mio gesto diede conferma a ciò che volevo fargli vedere; mostrando quanto le pareti fossero sottili, «Non che sia un'ipotesi eliminabile quella del cartone.» proruppi con un lieve sorriso che fece sorridere anche lui.

«Comunque, non è che non mi piaccia, è che mi aspettavo tutt'altro dal covo ospitante una coppia particolare come tu e Damien.» ammisi scrollando le spalle. «Sono più stupita che delusa.»

Le rughe vicino alla sua bocca si arcuarono in un sorriso sinceramente divertito. Mi soffermai a guardarlo minuziosamente osservando i suoi lineamenti. Era davvero un bel ragazzo; quello chignon mal composto non faceva che conferirgli un'aria sbarazzina e sauvage. Possedeva anche dei begl'occhi scuri, ma la sua vicinanza non mi creava alcun tipo di sensazione particolare o faceva scattare il mio sesto senso allarmato come succedeva sempre con...Cosa stavo facendo? Stavo davvero paragonando Damien a Travis? Mi morsi la lingua offendendomi. Ma come mi saltava in mente di pensare a chi fosse il più bello fra i due? Competizione che sarebbe stata vinta chiaramente da Damien comunque, ma era sbagliato anche solo pensarci.

«E come te la immaginavi casa nostra?» proseguì il moro facendomi tornare alla realtà.

«Più da...più da maschi, ecco.»

Lui sorrise, se avesse continuato così gli sarebbe venuta una paresi facciale.

Stava parlando con me civilmente e rispondeva alle mie sottospecie di battute con ampi sorrisi. Era esattamente il tipo di atteggiamento che avevo io quando volevo leccare il culo a qualcuno.

«Oh signorina McDavis, non la facevo così credente negli stereotipi.» rispose prendendomi in giro.

«No aspetta, io non intendevo dir-»

«Ci vuole una laurea in medicina avanzata per raggiungere un bagno?»

La ferrea e distaccata voce di Damien mi arrivó da dietro furtivamente e salda. Mi trattenni dal mettermi una mano sul petto spaventata dalla sua voce inattesa; aveva un passo più felpato dei felini.

Mi girai e lo guardai male, Travis ed io ci eravamo fermati a cinque passi da quella che avevo intuito fosse la porta del bagno per parlare per venti secondi.

Alzai gli occhi al cielo e mi avvicinai alla maniglia ringraziando Travis per avermici accompagnato. Prima di entrare però, inspirai e guardai schietta Damien dritto nei suoi occhi cerchiati d'oro.

«Sei piuttosto frustrato per uno che scopa ogni giorno.»

Possibile che avesse avuto da ridire persino su quanto ci mettevo a raggiungere un bagno?

Non gli diedi modo di replicare chiudendomi la porta dietro e girando la chiave.

Appena dentro, mi guardai intorno. Il bagno era semplice e funzionale: lo specchio posto davanti al lavandino e la doccia situata di fronte al water. Non trattenni la mia sorpresa nel vedere di nuovo come quella casa sembrasse finta, quasi non mi aspettavo di vedere i loro spazzolini lì dentro.

Mi svestii velocemente accartocciando la maglietta e togliendomi le scarpe. Sospirai e, stranamente rilassata, mi tolsi anche tutto il resto entrando in doccia e tirando l'anta trasparente. Mi abbassai facendomi scorrere l'acqua calda addosso e scelsi un bagnoschiuma. Ce n'erano due.

Quello che agguantai per primo aveva un involucro colorato, lo aprii senza farmi scrupoli per annusarne la fragranza. Era buono, sapeva di arancia. Mi fu facile associarlo a Travis perché giusto qualche minuto prima avevo sentito su di lui quel profumo fruttato.

Lo rimisi a posto e presi l'altro, un flacone bianco con un albero blu disegnato sopra, me lo rigirai fra le mani e lessi una marca a me sconosciuta. Lo aprii ed il profumo di Damien m'investí come un manrovescio di un pugile. Me lo sentii addosso nonostante non fossimo neanche nella stessa stanza. Chiusi gli occhi e premetti le pareti della boccetta facendo uscire a sbuffi il profumo.

Muschio bianco.

Un puro e candido profumo di fiori si espanse nella doccia. Senza neanche riflettere un istante su quale dei due flaconi avessi potuto usare, la mia mano destra riempí quella sinistra col denso bagnoschiuma di Damien.

Mi lavai velocemente e presi un gigantesco asciugamano nero pulito. 

Ma chi diavolo aveva gli asciugamani neri in casa?

Ne vidi un altro paio bianchi odoranti di frutta.
Quelli posti sul lavabo dovevano essere di Travis mentre questi oscuri e tetri appartenevano sicuramente a Damien.
Scossi la testa al pensiero, non capacitandomi della macabra scelta di acquistare degli asciugamani per il corpo interamente neri come la pece.

Mi asciugai e passai le dita fra i capelli umidi districandoli. Tutte le mie funzioni motorie però, cessarono di fungere quando realizzai che non avevo indumenti da mettermi: la mia maglia era sporca e l'intimo usato non me lo sarei di certo rimesso.

Merda.

Mi misi a sedere sul water unendo le ginocchia ed accerchiandole con le braccia pensando a come risolvere quel problema. Non potevo tornare a casa nuda e l'unica soluzione attuabile in quel devasto di giornata era chiedere dei vestiti a Travis.

Scartai ovviamente la possibilità che me li desse Damien, visto che avrebbe sicuramente preferito dar fuoco ai suoi stessi indumenti piuttosto che darli a me.

«Travis!» urlai dal bagno sperando mi sentisse.

«Travis!» continuai con più foga colpendo la porta. 

Attesi qualche secondo e poi urlai più forte, «Travis, ci sei?!»

Nessuno però, rispose alle mie urla.

Sospirai e compresi di non avere altra scelta se non quella di chiamare Damien, Travis non sembrava sentirmi ed io avevo bisogno di qualcosa da mettermi.

«Damien!» urlai infine come ultima possibilità.

«Damien Landway!» gridai ancora più forte.

Attesi qualche secondo ma...niente, il vuoto ed il silenzio più totale sembrava avessero preso possesso dell'appartamento come ombre.

Se n'erano andati forse? Ma chi avrebbe lasciato un ospite nel bagno di casa propria e sarebbe uscito? Affranta e confusa, girai la chiave color bronzo nella serratura ed aprii la porta.

Mi tenni stretto l'asciugamano scuro che mi arrivava sulle cosce e, gocciolante, uscii per recarmi nel salotto dove speravo di incontrare qualcuno.

L'aria fredda del corridoio mi arrivó gelida sulla pelle bagnata facendomi rabbrividire, ma tirai un sospiro di sollievo quando compresi che più mi avvicinavo alla saletta più sentivo coloriti insulti e voci. Non ero da sola.

«Razza di imbecille, ti ho detto di coprirmi a destra. Destra cazzo, la sai la differenza fra destra e sinistra?» Il tono esasperato di Damien mi fece sorridere mentre lo udii insultare Travis per non averlo aiutato nella missione a cui stavano giocando tutti e quattro alla play.

Erano troppo presi dall'offendersi a causa della partita per sentire le mie urla alla fine del corridoio.

«Muoviti a passare che sennó...ah...cazzo Jack merda, torna indietro...no...non da lì, ma sei cieco?!» Warner frustrato gesticolava incazzato verso Jackson.

Era una scena terribilmente divertente; sembravano un gruppo di quindicenni incavolati fra di loro.

«É come giocare con un bambino che non sa le direzioni ed uno senza senso dell'orientamento.» commentó Damien irritato, scuotendo la testa riferendosi a Travis e Jackson.

«Senti, intanto ti cal-» la voce di quest'ultimo si bloccó ed il suo respiro cessó di mostrarsi quando nel girare la testa per insultare Damien, m'intravide.

Si bloccó in silenzio ed inizió a squadrarmi senza ritengo in modo penetrante, il suo sguardo fra le mie gambe risalì fino alla vita messa in evidenza dalla forza con cui mi tenevo stretta l'asciugamano. Passò alle mie protuberanze sul petto schiacciate fra di loro senza aprir bocca.

Il momentaneo ammutolimento di Jackson costrinse gli altri tre a girarsi verso la sua stessa direzione. Warner sbattè le palpebre incredulo ed inizió a tossire inchiodando gli occhi sul mio collo. Travis s'imbamboló per un attimo e poi si giró dall'altra parte imprecando.

«McDavis, mi auguro tu abbia un buon motivo per entrare in questa stanza e far venire un'erezione a quattro persone.»

Le parole dure di Damien mi trapassarono le ossa. Si scopavano Chloe e Victoria ogni due giorni, volevano farmi credere che una ragazza in asciugamano suscitava davvero il loro interesse? Pigra sí, ma stupida non lo ero di certo.

«Ma se non si sa come abbiate fatto a non prendere l'aids visto il quantitativo di ragazze che vi portate a letto.»

«Beh, se le gambe sono come le tue...» Warner mi sorrise ammiccando.

Li avevo letteralmente insultati definendoli come i peggiori donnaioli esistenti sulla faccia della terra e loro continuavano a non togliermi gli occhi di dosso.

«Che ti serve?» Travis, che nel frattempo era ritornato dall'oltretomba, si giró verso di me e fece un evidente sforzo non indifferente per guardarmi negli occhi e non farli scorrere più in basso.

«Quando ho acconsentito alla doccia non pensavo al fatto che dopo non avrei avuto vestiti puliti da mettermi.» ammisi.

«Ailis.» con una voce roca, Jackson si mosse sul divano guardandomi con le labbra socchiuse. «Stai dicendo che sotto quell'asciugamano sei nuda?»

«Nuda nuda?» lo affiancó Warner deglutendo.

«Vieni.» il tono gelido di Damien taglió l'aria carica di feromoni per catapultarla nel reame dei ghiacci.

Si alzó lasciando il joystick sul divanetto e senza degnarmi minimamente di uno sguardo, mi fece cenno di seguirlo. Appena lasciammo il salone si giró divertito verso di me.

«Mi è piaciuto sentirti urlare il mio nome dal bagno, sai?» commentó guardandomi di traverso.

Ma brutta merda, allora mi aveva sentita ed ignorata di proposito.

«Anche se, preferirei sentirtelo urlare in altri contesti.»

Spalancai la bocca e quella familiare e rabbiosa sensazione che nasceva in sua presenza mi allarmó i sensi.

Notai che aveva compiuto un passo nella mia direzione. Cosa stava facendo? O peggio, perché sentivo un formicolio febbrile espandersi nel petto?

Era strano, la sua allusione non mi aveva fatta arrabbiare come avrebbe dovuto. Anzi, la possibilità di ciò che rappresentava mi scaldó la pancia.

Sentii i muscoli contrarsi e tendersi. Dalla punta dei capelli fino alla pianta dei piedi, una sensazione estremamente piacevole e caotica mi smosse dall'interno.

Guardarlo sfottermi con quell'allusione esplicita mescolata alla visione delle sue labbra e del suo volto...per poco non soffocai nella mia stessa saliva quando compresi cosa mi stava succedendo: mi stavo iniziando ad eccitare. Niente di focoso o primordiale, solo una piccola fiamma debolissima che si era fatta spazio nelle mie emozioni.

Per la prima volta in tutta la mia vita. Non sentii più la teca insonorizzata tendermi la sua mano.

Non attribuii la cosa a Damien nello specifico, probabilmente era semplicemente arrivato il momento in cui potevo finalmente sciogliermi fra le lenzuola di qualcuno. Che questo fosse successo con lui era solo una casualità dettata dalla mia sfortuna cronica.

Che diavolo di problema avevo per eccitarmi la prima volta con una delle sue battutine? Avrei voluto prendere a testate il muro così forte. Ma al contempo, ero così felice d'aver finalmente sentito un filo d'eccitazione attraversami. Fu un momento brevissimo, durato non più di qualche secondo, ma lo capii perfettamente.

E cazzo, avrei voluto provarlo altre volte.



——————————🤍———————————
[🐣] Ci sono le vacanze di Pasqua in questi giorni e quindi aggiornerò un po' a caso come avrete già avuto modo di vedere. Forse salta la pubblicazione di Venerdì 22 e ne faccio un paio questa settimana🏃🏻‍♀️✨

Dai che piano piano Ailis ce la farà🫶🏼❤️

Concludo augurandovi buone vacanze amori❤️Dormite, mangiate (Mi raccomando non carne che sennó fate 🤬 Dio ed i suoi credenti), guardatevi un po' di film e ricordatevi di dire "ti voglio bene" alle persone che ve lo dimostrano. Leggete tanti porno digitali, fateli o guardateli. Scopate tanto e masturbatevi in assenza. Un bacio🤍

Vostra,
Chia.

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