I DUE RE [BL]

By fiamminga95

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[Fantasy; Mitologia; Romance] [Primo e secondo libro conclusi][Terzo libro in fase di scrittura]. La guerra... More

Ubi Tu Gaius, Ibi Ego...
Note dell'autrice: Avvertenze
Scenario E Glossario
La nascita di Sirio
La nascita di Laran
Prologo alla parte I
Parte I: Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
FAQ #1
Capitolo 6
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Epilogo alla parte I
FAQ#2
Prologo alla Parte II
Parte II: Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Epilogo alla parte II

Capitolo 7

305 21 22
By fiamminga95

Dopo cinque giorni di cammino, Sothis aveva un gran bisogno di lavarsi bene e di fare una gran lunga dormita. 

Durante la lunga marcia si erano fermati solo due volte e solo brevemente per far riposare i cavalli di Olimpia, che anche se più resistenti di qualsiasi altro animale, erano stati portati al loro estremo. 

I due umani con cui aveva condiviso il carro sembravano essere invecchiati di secoli tanta la stanchezza e anche lui ormai non vedeva l'ora di fermarsi. L'unica cosa che gli impediva di pregare che avvenisse il più presto possibile era la consapevolezza che, quando sarebbero arrivati a destinazione, avrebbero dovuto montare di nuovo tutto e attendere Laran prima di avere del tempo per riposarsi.

Per il momento Sothis si godeva la distanza tra lui e ogni altro dio.

Alla fine, il sesto giorno avvistarono l'accampamento del re e se la loro carovana sembrava infinita, il mare di tende che si aprì davanti a loro era tale da farli sembrare una misera banduccola. Sembrava una città, con le tende sistemate in ordine e con la cinta di mura di legno e il fossato tutto intorno. Al centro sorgeva una tenda più grande delle altre, più grande di quella che trasportavano loro persino, rossa e oro, elegante e raffinata come un castello vero.

Sothis si rabbuiò sempre di più man a mano che si avvicinavano. Quando entrarono dentro le fortificazioni, ebbe l'impulso di coprirsi la testa con qualcosa. Lin si stava già lamentando che sembrava esserci troppo poco spazio per loro e per le cose di Laran, ma solo suo fratello la stava ascoltando. Furono diretti da altri schiavi verso un posto assegnato per loro e per Laran e condussero i carri fino a uno spiazzo nell'erba dove poter montare le loro tende. Sarebbero stati tutti troppo vicini, ma c'era abbastanza spazio per ogni tenda.

Desideroso di distrarsi dal senso di inquietudine che lo seguiva ovunque, Sothis decise che mettersi a lavorare senza pensare poteva essere un buon modo per sgomberare la mente. Lui e gli umani cominciarono a svuotare i carri, chiedendo aiuto ad altri schiavi al servizio del re. Qualcuno era un dio e molti altri erano ninfe, ma tutti osservavano Sothis con muto interesse. Non si azzardavano a parlare, ma lui poteva sentire la loro confusione. Si accorse che guardavano il suo collare, di gran lunga più vistoso di qualunque dei loro, servi del re, e che osservavano i suoi vestiti senza capire da dove venivano.

Senza corna e senza poteri, Sothis sapeva che difficilmente si capiva cos'era. Non aveva voglia di spiegarlo a gran voce, tanto in poco tempo lo avrebbero saputo tutti.

Lin ed Elsi approfittarono della sua forza e della sua resistenza per fare più in fretta e in sei ore riuscirono a montare e fornire la tenda di Laran di tutto il necessario. Avevano cominciato a sistemare la loro quando il principe si presentò ordinando che gli fosse portata la cena. Sothis gli avrebbe volentieri urlato che aspettare un po' non lo avrebbe di certo ucciso, ma Lin lasciò stare tutti i loro compiti per poter preparare qualcosa per Laran.

Dopo poco, Sothis si presentò con un vassoio mentre il principe era seduto alla sua sedia, davanti al suo tavolo. I tre scimmioni suoi amici erano con lui e stavano discutendo riguardo qualcosa. Quando lo videro entrare, si zittirono tutti.

Sothis poggiò con poca grazia il vassoio davanti al principe e cominciò a versargli da bere con sguardo accigliato e fare nervoso. Laran non lo degnò di uno sguardo di troppo e tornò a parlare con i suoi. 

"I titani si sono ritirati verso Sais nonostante la loro vittoria e mio padre tornerà tra qualche giorno da Olimpia per comunicarci la sua nuova strategia". I tre dei guardarono Sothis per un attimo, prima che Laran schioccasse la lingua per richiamare la loro attenzione. "Il re è andato a chiedere consiglio a Isid, se ha avuto una premonizione possiamo sapere la prossima mossa di Rigel".

"Se ne ha avuta una" sottolineò Bes. "Forse il re le chiederà di forgiare un altro Tinia".

Mentre Sothis poggiava la brocca sul tavolo, guardò di sottecchi Laran, ma il principe rispose senza remore: "Potrebbe, ma lo dubito fortemente. In base a ciò che ha detto Bia e ciò che ha raccontato Sibil, hanno impiegato anni per creare il Tinia e anche se volessero crearne un secondo, non lo avremmo subito pronto".

"Tu", Maris apostrofò Sothis. "Tu sei un nysa. Sai perché Rigel ha deciso di ritirarsi nelle sue terre anche dopo averci battuto?"

Alzò gli occhi verso di lui mentre Laran faceva lo stesso, facendo cenno di no con la testa. Sothis rispose: "No, e se lo sapessi non lo direi a voi".

"Se sai qualcosa è tuo dovere parlarne con il principe e ..."

"Maris", Laran lo interruppe immediatamente e tutti e tre gli dei si irrigidirono. Dopo aver ottenuto il loro silenzio cercò di liberarsi anche di Sothis. "Mi serve un bagno, al più presto".

"A te serve un bagno? Io e gli umani non ci siamo fermati nemmeno un attimo da quando siamo qui, puoi fartelo da solo".

L'espressione innervosita di Laran non fu percepita dai suoi amici, che invece di rimanere in silenzio si indignarono per l'ennesima volta. "Come ti permetti ...". "Se il principe chiede ...", "Sei qui proprio per ..."

"Basta! Andatevene!" Ordinò agli altri dei il principe. "Quando avrò notizie vi manderò subito a chiamare. Siamo tutti molto stanchi, andate a mangiare qualcosa e a riposarvi". Veive, Bes e Maris borbottarono qualcosa ma alla fine, con riluttanza, chinarono il capo e uscirono. Laran  si rivolse immediatamente a Sothis. "Proprio non riesci a stare zitto?"

"Non quando sento delle cazzate", Sothis lasciò il tavolo e andò a scoperchiare il grande catino di bronzo che avevano già sistemato per Laran. Se avesse avuto la sua magia avrebbe potuto sistemare tutto senza pensarci e correre a dormire, ma ora era costretto a dover riempire la vasca con acqua che doveva scaldare a lungo sul fuoco. Mentre stava sistemando tutto l'occorrente, Laran continuò a mangiare.

Dopo molto silenzio, in cui la vasca continuava a riempirsi lentamente di acqua bollente e Laran aveva finito tutto quello che gli era stato portato, il principe si alzò in piedi e cominciò a spogliarsi di tutti quegli stupidi orpelli che indossava sempre:_il mantello, la corona, la spada e l'armatura che erano serviti solo ad affaticare il suo cavallo. Quando rimase solo in tunica, immerse la mano nell'acqua fumante. Sothis si era fermato, aspettando un verdetto. Quasi si immaginava che sarebbe stato rimproverato perché l'acqua era o troppo calda o troppo fredda quando Laran gli parlò.

"Non voglio obbligarti a parlare", disse con serietà, disegnando onde sulla superficie opaca dell'acqua, "ma se sei a conoscenza di qualcosa ti converrebbe parlarne con me". Sothis fece un grugnito sarcastico e Laran alzò lo sguardo. "A questo punto, se io mi trovassi in difficoltà, ne risentiresti tu per primo".

"Continui a dare per scontato che non troverei un modo di sopravvivere anche senza di te. Mi dispiace, ma non sei così essenziale".

Laran strinse le labbra e fece un passo indietro, nervoso, ma silenziosamente dandogli ragione.

In verità Sothis non poteva sapere cosa aveva in mente Rigel, poteva solo supporlo.

Se Ardra era andato a raccontare del Tinia e avevano saputo che Sirio era morto per distruggerlo, Rigel sarebbe andato a chiedere consiglio a Dubhe, così come ora Herian era andato da Isid. 

Il maestro Dubhe avrebbe solo potuto consigliare al re di ritirarsi nelle loro terre: nessun re degli dei era mai riuscito a conquistare una delle loro città. Tutte, compresa Sais, erano difese da antichi incantesimi invocati da potenti nysa morti secoli addietro. Rigel non poteva sapere cos'era il Tinia e non poteva sapere se Herian ne aveva più di uno: l'unica cosa sensata era tornare indietro dove credeva che la difesa era impenetrabile.

Oltre a questo, Sothis non poteva immaginare altro e se lo avesse fatto di certo non lo avrebbe raccontato a un dio, né Laran né chiunque altro.

Il principe, invece, stava avendo altri pensieri: "Se dovessi incontrare mio padre, cerca almeno davanti a lui di sembrare più ubbidiente. Se il re decidesse di farti frustare solo per averlo guardato negli occhi, non potrei aiutarti. E fa' attenzione anche a Bia. Non è il più ragionevole degli dei".

"E tu dovresti essere il grande principe degli dei?" Chiese Sothis, con voce tagliente. "Da quello che ho saputo e da quello che ho visto, sei a capo di un esercito solo per finta. Ti intimorisce tuo padre e almeno questo lo posso capire, ma se persino Bia ti fa paura ..."

"Non mi fa paura".

"Stupidaggini. Bia ha scatenato una guerra mentre tu dovevi essere ambasciatore da Erir e poi ha usato il Tinia mentre tu dovevi essere il generale del tuo esercito. Non sei a capo proprio di nulla".

Si fronteggiarono e passò un altro dei loro silenziosi e tesi sguardi. 

Laran strinse la mascella e Sothis notò come le vene del suo viso si indurirono per un momento. "Bia è uno dei generali di mio padre e gli è fedele da anni. Ha molta più esperienza di me e mio padre lo rispetta".

Sothis alzò un sopracciglio. "Herian rispetta Bia? Lo conosco e non sai proprio nulla, principessa". Scoppiò in una risata denigratoria: "Bia è un pazzo sanguinario esattamente come tuo padre ed è il suo fedele servitore solamente perché gli conviene. Un mezz'elfo come lui non sarebbe stato gradito a nessun altro re che non fosse come Herian, ma viste le qualità di tuo padre deve fargli comodo avere tutto il potere che vuole".

Laran rimase molto sorpreso. "Mezz'elfo? Bia?"

Che idiota, ignorante e imbecille, pensò Sothis. 

"Non lo sai? A Olimpia davvero non si parla di queste cose? Tuo padre deve davvero seminare il terrore se nemmeno tu lo sai". Aprì una delle scatole contenente delle saponette e le mise su uno sgabello vicino alla vasca, insieme a dei grandi asciugamani. "Il suo frae era un elfo e suo padre era un dio. Dopo la guerra elfica si era ritrovato nella stessa situazione di tuo padre. Sono sicuro che non è stato difficile per lui capire che gli sarebbe convenuto molto se Herian diventava re. Rimanendo al suo fianco sarebbe arrivato dove altrimenti nessuno lo avrebbe lasciato avvicinare".

"Come fai a sapere queste cose?"

"Come fai a non saperle tu" lo rimbeccò Sothis. "Bia è stato la mano di tuo padre quando ha ucciso e cacciato molti dei che si rifiutavano di accettarlo come re. È merito suo se a Olimpia non c'è stata nessuna guerra civile, dopo l'ascesa di Herian. I suoi crimini sono famosi tra quelli che possono ricordarli liberamente e lui ha una lunga lista di azioni eroiche che vanno dal tradimento del suo stesso sangue all'assassinio di amici, allo sterminio di titani e nysa. E pensi che io non sappia chi è?".

Mentre Laran rimaneva in silenzio, lui si alzò in piedi e sistemò i piatti vuoti sul vassoio per portarli via. Notò che Laran stava distrattamente giocando con l'anello a forma di serpente, mentre guardava nel vuoto. 

Per un attimo solo, Sothis ebbe pena per lui. Almeno Sirio aveva avuto la possibilità di conoscere la verità sui suoi nemici, anche quando facevano parte della sua famiglia, ma a Laran la verità non era mai stata concessa.

Se ne andò, lasciandolo lì a rimuginare da solo. Sothis aveva molte altre cose a cui pensare.

"Quindi è un nysa?"

"No... Non ha le corna ..."

"Hanno detto che il principe gliele ha tagliate quando ..."

In poco meno di due giorni tutti avevano saputo cosa c'era da sapere riguardo a Sothis e la sua improbabile presenza tra loro. 

Improvvisamente anche gli altri schiavi dell'accampamento avevano cominciato a guardarlo dall'alto in basso, come era successo già la prima volta, mentre invece gli dei lo fissavano con sguardi sempre diversi. Sothis sapeva cosa stavano pensando: alcuni lo guardavano come lo aveva fatto Bes, come se fosse solo un animale, altri come Veive, chiedendosi cosa aveva tra le gambe, altri ancora come Maris, sicuri che fosse una spia. Tutti lo guardavano in faccia e poi abbassavano gli occhi sul suo collare. Una volta visto quello, si voltavano e se ne andavano.

Sothis era troppo impegnato per pensarci: Laran si era premurato di caricarlo di lavoro in modo che non avesse tempo di andarsene in giro a interagire con troppi dei, oppure trovare il modo di combinare guai. Lui, invece, era più interessato all'arrivo del re. 

Sothis era curioso di vedere Herian e di scoprire com'era e una parte di lui rabbrividiva di terrore e aspettativa all'idea di sapere come si sarebbe comportato una volta scoperto che Laran aveva catturato un nysa. Lui poteva andarci di mezzo sicuramente, ma fremeva dalla voglia di vedere la loro piccola famigliola tremare a causa sua e delle implicazioni che la sua presenza portava.

Era così preso da quel genere di pensieri, che quasi non si accorse del gruppo di persone che aveva cominciato a seguirlo. Quasi. Erano dei e cercavano di fare i vaghi, ma Sothis difficilmente si lasciava sfuggire dei dettagli, non se stava ancora cercando di capire come Laran lo spiasse. 

Non riconosceva nessuna delle loro facce e capì che dovevano fare parte dell'esercito di Herian e non di quello di Laran. Perciò dovevano starlo spiando per conto di qualcun altro.

Ebbe l'impulso di costruirsi un'altra arma, ma ricordò quello che Laran gli aveva detto la notte che Veive si era inoltrato nella sua tenda. Sothis non sapeva per conto di chi lo stavano spiando e se si trattava di qualcuno di influente le ripercussioni avrebbero potuto essere gravi se avesse ferito qualcuno di loro.

Decise quindi di fare attenzione ai suoi movimenti, cercando di rimanere vicino alla tenda di Laran e facendo tutto con calma e sicurezza, senza dare nell'occhio e ubbidendo agli ordini. Se quel gruppo di dei cercava un pretesto per scatenare il caos, Sothis non glielo avrebbe dato fintanto che non sapeva per chi lavoravano.

Erano in sei e con il passare del tempo si erano fatti più intraprendenti, forse perché credevano che Sothis non si fosse accorto di loro. Per lui non poteva che essere un bene: se erano distratti e credevano di essere al sicuro, lui avrebbe potuto scoprire qualcosa. In ogni caso, nessuno di loro si fermò mai a parlare con lui o lasciò qualche indizio. Elsi e Lin non li conoscevano, perciò dovevano essere dei molto in basso nella linea gerarchica o secondini che non avevano mai avuto interesse per gli affari di Laran prima di allora, altrimenti i due acuti umani li avrebbero già identificati.

"Se c'è qualcuno che ti spia dovresti dirlo al principe".

"E lui cosa potrebbe fare?"

"Farli smettere!"

"Così non saprei cosa vogliono".

Lin lo aveva guardato male e aveva scosso la testa. Sothis l'aveva pregata di non dire nulla al principe e lei aveva accettato con stizza, dicendo: "... Ma solo perché stanno solo a guardare e non fanno altro. Se dovesse succedere qualcosa lo andrei a dire immediatamente al principe!".

Fortunatamente non successe nulla per un bel po', almeno fino a quella sera.

C'era una riunione nella tenda reale e i generali e gli dei onorevoli si erano andati a rintanare lì dentro per discutere di guerra. Laran aveva voluto Lin con sé per servilo, perché a quanto pare Sothis creava troppo trambusto in quel genere di situazioni. Così Elsi era andato a dormire e a lui era stata data una lunga lista di impegni che servivano per distrarlo dalla riunione. 

Forse Laran temeva che li avrebbe spiati? Almeno non è così stupido, perché lo avrei fatto sicuramente, pensò tra sé e sé Sothis mentre completava tutti i compiti della lista.

Era ormai notte quando arrivò all'ultima voce scritta e andò nel recinto  dei cavalli con un secchio di mangime in una mano e la spazzola nell'altra per il cavallo di Laran. Sicuramente c'era uno stalliere che faceva già questo lavoro, ma evidentemente era davvero importante per Laran mandarlo il più lontano possibile dalla tenda reale mentre la riunione continuava.

Mimir, il destriero di Laran, gli piaceva molto. Avevano subito legato nonostante tutti gli avessero detto che era un cavallo matto e isterico che solo il prince riusciva a montare. 

Era una creatura splendida e massiccia, dal manto bianco e gli occhi nerissimi. Estremamente intelligente quando qualcuno gli parlava, Mimir era capriccioso solo con chi non gli piaceva. Sothis era riuscito fin da subito a farsi accettare dal cavallo e non dubitava che avrebbe anche potuto montarlo, se avesse voluto. Il cavallo gli trotterellò intorno quando lo vide arrivare con il cibo e Sothis gli diede una carezza gentile sulla testa per salutarlo.

Lasciò il secchio di cibo prelibato – tanto che nemmeno a lui e agli umani veniva dato così buono – e lo lasciò al cavallo mentre cominciò a spazzolare il suo manto lucente. Era già stato pulito ma Sothis perse qualche momento in più per pettinare la sua lunga criniera argentea e poi intrecciarla. 

Era sovrappensiero mentre rigirava le ciocche bianche come il latte tra le dita in complicati nodi. Stava pensando all'arrivo di Herian e a quello che avrebbe deciso di fare. Poi i suoi pensieri volarono verso Rigel. Cosa avrebbe fatto? Ardra stava bene? Cominciò a intristirsi lentamente, mentre immaginava come avrebbero reagito alla notizia della sua morte.

Dubhe ci sarebbe cascato? Ardra sicuramente si sarebbe disperato, così come Ran. Ma il suo frae? Avrebbe provato qualcosa per la sua perdita? Forse avrebbero fatto un funerale per lui. Il re avrebbe detto qualcosa, forse un discorso? No, molto probabilmente avrebbe delegato ad Ardra e sarebbe tornato a castello per organizzare la resistenza. Non avrebbe pianto, no. Forse sarebbe stato anche sollevato ...

I suoi pensieri si riscossero all'improvviso quando si rese conto che si avvicinava qualcuno.

Erano già troppo vicini quando Sothis tornò al presente: tutti e sei, i soldati che lo avevano spiato. Non c'era nessun altro nel recito se non loro e Mimir, che alzò la testa quando anche lui notò gli intrusi. Nitrì e sbuffò, innervosito, e Sothis strinse le mani sulla sua criniera. Un'occhiata veloce a quello che lo circondava gli fece facilmente rende conto che era da solo, in trappola e senza niente di utile nelle vicinanze per difendersi.

Osservò quindi i sei davanti a lui che si avvicinavano con strafottenza e capì immediatamente che no, non lo avevano spiato. Avevano solo cercato il momento giusto per stare da soli con lui. 

Uno di loro aprì la bocca, ma prima che potesse parlare Sothis gli chiese: "Che cosa volete?"

Il dio chiuse la bocca e guardò tutti gli altri. "Non è molto gentile". Ridacchiò con lo stesso fare supponente che aveva avuto Veive steso su di lui.

"Eppure si dice che i nysa siano più docili di una donna. Questo qui è nato male".

Risero tutti, continuando ad avvicinarsi.

Sothis fece un passo indietro, capendo all'istante quello che volevano da lui. E no, non lo avrebbero ottenuto.


Nella grande tenda di suo padre si trovavano tanti oggetti che facevano subito capire che era abitata dal re. 

Non si trattava di oggetti personali o comuni. Laran non aveva mai visto un libro messo da parte, o un mantello usato troppo spesso lasciato su una sedia, né una delle sue vecchie armi lasciate in giro per la stanza in modo da essere facilmente raggiungibile. 

No, lo spazio vissuto da suo padre era sempre perfettamente controllato, come lo era lui. Dai mobili, dai piccoli utensili alla gran quantità di servi disposti sapientemente nelle sue camere, Herian aveva sempre cercato di mettere in chiaro che lui era il re indiscusso e supremo. Nella sua tenda, al grande tavolo a cui tutti gli dei onorevoli che partecipavano alla guerra avevano discusso senza il re, ma con il suo grande stemma che incombeva su di loro, appeso al grande palo, sopra il trono vuoto.

Laran lo asserva di tanto in tanto durante la discussione, quasi aspettandosi di veder apparire suo padre su quel cuscino. Herian non era fisicamente lì ma era sopra di loro proprio come lo stemma della sua casa. A Laran quel simbolo suscitava lo stesso timore che dava a tutti i presenti.

La conversazione diventava sempre più lunga, ognuno aveva qualcosa da dire, tanto che Laran ora poteva dirsi istruito sulla più piccola sciocchezza accaduta da quando la guerra era scoppiata e lui aveva lasciato il fianco di suo padre.

Bia era all'altro capo del tavolo e lo osservava. Aveva fatto il punto su ciò che era successo quando aveva lasciato l'accampamento e aveva discusso con Eve riguardo al Tinia e su cosa avrebbe potuto dire Isid al re quando i due si sarebbero visti.

Mentre continuavano a parlare e fu servito qualcosa da mangiare per intervallare i loro discorsi, Laran abbassò gli occhi sull'anello a forma di serpente che portava al dito. Iniziò a rigiralo, nascondendo il fastidio che cresceva sempre più. 

Il metallo si stava stringendo intorno alla falange e diventava sempre più caldo. Capitava spesso, all'improvviso, e Laran aveva cominciato ad abituarsi.

La connessione che l'anello aveva con il collare di Sothis lo avvisava quando l'altro si sentiva agitato. 

Non aveva ancora capito la metà di quello che l'anello gli trasmetteva: a volte era stretto, a volte si allargava così tanto che sembrava volersi sfilare, altre volte il serpente si muoveva da solo rincorrendo la sua coda, avvolgendosi più volte sulle sue spire. Laran non sapeva cosa tutte quelle reazioni significassero e non gli importava davvero: aveva ordinato al nano Brok quell'anello per tenere il nysa sotto controllo e sapere in anticipo se diventava pericoloso, non aveva intenzione di venire avvisato in tempo reale di tutte le sue emozioni. Lo interrompevano e lo distraevano, come in quel momento.

A volte si ritrovava a fermarsi e guardare l'anello, interrompendo qualcosa di importante, solo perché l'altro forse stava pensando qualcosa di divertente, o era nervoso, o agitato. Aveva messo lui il collare al suo schiavo, ma ora si sentiva frenato da quelle emozioni come se fosse lui quello legato.

Tra tutte le strane reazioni dell'anello, tuttavia, una gli era molto chiara: era quella che lo seguiva costantemente e che si faceva più intensa anche quando lui poteva vedere Sothis in faccia. L'anello bruciava e si stringeva e persino vibrava: se non era rabbia quella, allora Laran non avrebbe saputo riconoscerla nemmeno sul viso di un'altra persona. 

Ma Sothis era continuamente arrabbiato. L'anello era caldissimo ogni volta che si parlavano e Laran sapeva che quella rabbia era diretta a lui o a chiunque altro Sothis non apprezzava – chiunque in quell'accampamento a dire il vero.

La notte in cui aveva trovato Veive nel letto di Sothis, tuttavia, aveva capito la sottile distinzione tra la rabbia di Sothis e la sua furia omicida.

Quella notte Laran era rimasto sveglio a pensare al nysa, alla guerra, a suo padre, osservando tutte le carte che gli erano state mandate come se avessero potuto ordinarsi da sole senza il suo intervento. E poi all'improvviso l'anello era diventato rovente, così tanto da diventare rosso come se volesse rifoggiarsi in qualcosa di nuovo. Laran aveva urlato, pensando che l'anello potesse tranciargli il dito. Poi, così rapidamente come era diventato caldo, il serpente d'argento si era tramutato in ghiaccio. A quel punto il principe si era davvero spaventato: si era precipitato alla ricerca di Sothis, credendolo morto, e l'anello era talmente freddo da far rabbrividire tutto il suo corpo. Poi era entrato nella tenda e aveva viso lampeggiare alla luce della sua fiaccola quella lama pronta a calare su Veive.

Così aveva capito.

Sothis, sotto i suoi sorrisi sarcastici e i suoi sguardi marmorei, aveva il sangue in fiamme... Almeno finché non decideva di uccidere qualcuno. Quella fredda determinazione era raggelante, e non a causa del freddo anello, ma perché lo aveva terrorizzato.

Sothis non era affatto sotto il suo controllo.

In qualunque momento il nysa avrebbe potuto ucciderlo davvero se credeva di non avere più scelta.

Mentre stava seduto al tavolo di guerra, l'anello stava diventato sempre più caldo, fino al punto da bruciare. Laran non poteva abbandonare il tavolo e non poteva giustificarsi – non davanti a Bia – dicendo che doveva andare a cercare uno schiavo, tanto più se era il nysa. Fece quindi segno a Lin di avvicinarsi e le sussurrò un ordine all'orecchio: "Va da Sothis e assicurati che non ci siano guai".

La donna umana fece un discreto inchino e dopo aver portato via il piatto di Laran, se ne andò silenziosamente. L'anello continuava a bruciare.

"Penso che abbiamo discusso praticamente tutto".

"Questa conversazione è stata fin troppo lunga".

"No, ci rimane un unico punto" disse Bia alzando una mano e chi aveva provato già ad alzarsi tornò a sedersi. Guardando Laran dritto negli occhi, Bia disse: "C'è la questione del nysa".

"Quale questione?" Laran abbassò le mani dal tavolo e strinse l'anello bollente con la mano libera, nascondendo il dolore dietro una maschera di indifferenza. "I miei schiavi sono una questione privata".

"Non se sono nysa" disse Bia, che però sorrideva. Era sempre gioviale, ma Laran aveva iniziato a capire che era solo l'espressione di chi sapeva di essere il più potente tra i presenti. Quella consapevolezza lo disturbava su più livelli. "Non credo che tu sia in grado di capire la situazione, principe Laran. I nysa sono pericolosi e per più di un motivo".

"Sono perfettamente in grado di gestire Sothis".

"Sothis? Si chiama così?" Bia inclinò la testa. "Uno strano nome che non ho mai sentito. In ogni caso, credo che sia opportuno che tu lo dia a me".

Tutte le teste del tavolo scattarono verso di lui. Quelle dei suoi amici e di Evan furono le più veloci. Laran, invece, avrebbe tanto voluto tirare fuori Durlan e sbatterla sul tavolo come monito a Bia. 

"E perché dovrei?"

"Non penso tu sia consapevole delle implicazioni che avere un nysa con te potrebbe avere. Sono sicuro che tuo padre sarebbe d'accordo con me su questo. Nessun nysa dovrebbe stare a Olimpia, per il bene di tutti. Immagino che tu capisca".

Laran lasciò passare un momento di teso silenzio, in cui l'anello bruciava tanto da poterlo far piangere di dolore, ma al tempo stesso l'indignazione poteva farlo mettere a urlare. Ricacciò indietro quelle emozioni e disse semplicemente: "No".

"Come, no?" Bia ridacchiò, sorpreso e in imbarazzo. "Laran, non credo sia il caso di spiegare a voce alta perché il nysa non può ..."

"No", ripeté a voce più alta il principe. "Non lo venderò, Bia".

"Non ho detto di venderlo, ho detto che devi darmelo".

Tutti i presenti erano a disagio e cominciarono a guardarsi tra loro e cercare qualche scusa per andarsene o cambiare discorso.

Nel frattempo, l'indignazione di Laran si trasformò in furia. In tutta la sua lunga vita aveva vissuto senza schiavi. Ne aveva presi due in circostanze molto strane, ma non li utilizzava come facevano gli altri e inoltre erano umani quindi nessuno li degnava di uno sguardo quando erano a Olimpia. 

Tutto questo non significava che non era avvezzo a come si contrattavano o si ottenevano schiavi. Nessuno, nemmeno Herian in persona, si sarebbe permesso di pretendere lo schiavo di qualcun altro senza dare nulla in cambio. Ognuno di loro aveva un valore e più alto era e più difficilmente si poteva vendere, a meno che il suo stesso padrone non avesse abbassato il prezzo. Ma un nysa era praticamente inestimabile, il collare che Laran gli aveva dato lo rendeva ben evidente. E Bia pensava di potergli ordinare di cederlo? 

A lui? 

Il principe di Olimpia?

Una miriade di situazioni lontane e recenti gli ritornarono in mente. La più importante era la faccia strafottente di Bia quando aveva dissacrato la statua nel giardino di Erir. La stessa faccia che aveva avuto quando aveva impedito a Laran di fermare Eve e il Tinia.

Il principe si rabbuiò e si alzò in piedi. "Non puoi darmi ordini, mezz'elfo".

Nessuno emise un fiato e Bia assunse una sfumatura verdastra e disgustata. Una piccola parte di Laran si sentiva trionfante, ma sapeva che non aveva risolto nulla e che anzi, Bia avrebbe cercato di vendicarsi in qualche modo. Per ora però non gli interessava.

Quando uscì dalla tenda si fermò per prendere fiato e si lasciò sfuggire un gemito. 

All'improvviso l'anello era diventato freddissimo.

Il suo cuore prese a battere all'impazzata come se quello fosse il segnale che lui stesso era in pericolo, l'obbiettivo di quell'istinto omicida. Si allontanòin fretta dalla tenda di suo padre alla ricerca di Sothis, sperando di nontrovare un cadavere al suo posto.


Note:  La settimana prossima vedremo cosa diamine è successo a Sothis. Chi erano quelli che l'hanno accerchiato? Perchè? Ma soprattutto ... Sothis come ha reagito?

Solito suggerimenti visivo! Bia (Heath Leadger in Il destino di un cavaliere)

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