I DUE RE [BL]

Bởi fiamminga95

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[Fantasy; Mitologia; Romance] [Primo e secondo libro conclusi][Terzo libro in fase di scrittura]. La guerra... Xem Thêm

Ubi Tu Gaius, Ibi Ego...
Note dell'autrice: Avvertenze
Scenario E Glossario
La nascita di Sirio
La nascita di Laran
Prologo alla parte I
Parte I: Capitolo 1
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
FAQ #1
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Epilogo alla parte I
FAQ#2
Prologo alla Parte II
Parte II: Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Epilogo alla parte II

Capitolo 2

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Bởi fiamminga95

La prima cosa che registrò fu la sorpresa.

Era ancora vivo quando aveva avuto buone ragioni di credere che sarebbe morto, polverizzato dalla grande energia che aveva assorbito e che aveva riutilizzato.

La seconda cosa fu la stanchezza. Non riusciva a muoversi, il suo corpo pesava quanto un macigno e nelle sue vene non scorreva nemmeno un'oncia di energia. Davanti agli occhi aveva una cascata di peli bianchi e all'inizio pensò che fosse il pelo di qualche animale che aveva sulla testa, ma si accorse velocemente che quei filamenti argentei erano i suoi capelli.

Che cosa gli era capitato?

Provò a muoversi molto lentamente, ma a riuscì solo a spostare un po' la testa da un lato. Dal fastidio che provò al collo e dal rumore che sentiva si rese conto che era legato con un laccio, probabilmente al palo di legno che sentiva contro la schiena. Con le mani legate e il collo stretto da una corda c'era poco che potesse fare, ma nello stato in cui versava non ci avrebbe nemmeno provato.

Si trovava nella penombra. Davanti a lui uno squarcio di luce tra due lembi di tessuto indicava che si trovava dentro una tenda. Era da solo ma riusciva a sentire il suono distante di voci che parlottavano.

C'erano due persone proprio fuori dalla tenda, immobili. Facevano la guarda.

La guardia a lui.

Nel suo corpo freddo e spezzato corse un brivido di terrore mentre la realizzazione si faceva largo nella sua mente.

Provò ad agitarsi e i suoi legacci gli graffiarono la pelle. Provò ad alzarsi gemendo come un bambino, incapace di mettersi dritto. Si agitava come un pesce alla lenza sulla terra battuta, stretto nel suo giogo.

Non è possibile. Non è possibile, non è ....

Ma era stato preso. Era evidente. Gli dei lo avevano catturato.

Il terrore che provò fu così intenso da fargli dimenticare la stanchezza. Riuscì mettersi dritto e strattonare le corde per cercare di liberarsi, ma nessuna magia veniva in suo aiuto. Provò e riprovò anche quando sentì il laccio al collo stringersi tanto da lasciare marchi sulla pelle.

Cadde di nuovo a terra dopo l'ultimo inutile tentativo e svenne, felice di poter dimenticare cosa gli era successo, solo per qualche ora ancora.

Quando si riprese, c'era qualcuno nella tenda insieme a lui. Una donna.

Sirio non ne aveva mai vista una in vita sua, ma la riconobbe da quelle protuberanze morbide che aveva sul petto. Era più piacevole alla vista di un dio maschio, come dicevano le voci, ma lui non era abbastanza lucido da poterlo apprezzare.

Si agitò sotto le sue mani e lei provò a tranquillizzarlo con lievi parole rassicuranti.

"È tutto apposto. Passerà in fretta, andrà subito meglio". La voce della donna era melodiosa come quella dei nysa.

Per un attimo, Sirio si calmò quando si accorse che la donna – una maga a questo punto – stava applicando un balsamo magico sui suoi polsi segnati e sulla sua gola. "Vedi? Non brucia nemmeno un po'...".

Sembrava sinceramente preoccupata per lui, ma Sirio non era un cucciolo che poteva cadere ingenuamente nel suo piccolo trucco.

Che senso aveva curare le sue ferite, se sarebbe morto da lì a poco? A cosa valeva mostrare pietà?

Disgusto e paura si agitarono nel suo stomaco, insieme a una sensazione familiare. La magia stava tornando lentamente, era di nuovo dentro di lui. Era solo una piccola goccia ma era già lì. E quella donna non lo sospettava affatto.

Quando si voltò per chiudere il barattolo del balsamo magico, Sirio chiamò la sua magia per sciogliere i legacci e mettersi in piedi. La maga si spaventò vedendolo libero e capace di fare magie, ma lui non le diede il tempo di reagire.

Le sbatté la testa forte contro il palo di legno e la lasciò svenuta ai suoi piedi. Tuttavia la donna era riuscita a urlare quando era stata ferita e due guardie entrarono nella tenda.

Lo affrontarono: Sirio era ancora debolissimo ma riuscì a svincolarsi da uno e colpire un altro in piena faccia, uscendo dalla tenda.

Si rese subito conto di non poter andare lontano. Non aveva più la sua poca magia e il suo corpo si stava di nuovo indebolendo. Quando uscì dalla tenda, l'intero accampamento degli dei gli si spalancò davanti agli occhi.

"Per Rea", sussurrò, quando la consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a fuggire lo colpì come una botta in testa.

No! Il colpo in testa era vero!

Si accasciò in ginocchio, mentre altre guardie arrivavano dietro di lui per metterlo a terra e trascinarlo dentro la tenda. Svenne per la seconda volta, circondato dalle urla di ordini e imprecazioni.

Alla fine, quando si riprese, non era più comodamente steso a terra.

Era in ginocchio, le mani chiuse dentro bracciali gelidi. Sirio non sentiva nessuna magia e quando provava a chiamarla, sentiva un intenso formicolio alle mani. Comprese di essere stato legato con argento freddo, una lega in grado di inibire la magia nei maghi. Non l'aveva mai visto, ma sapeva della sua esistenza.

Provò a muovere le mani, ma era legato ben saldi a terra.

"Non fare storie", disse qualcuno entrando.

Tre dei erano entrati nella tenda. Uno biondo, un bruno e una testa rossa. Non potevano essere più diversi l'uno dall'altro ma avevano lo stesso strafottente modo di atteggiarsi tipico di tutti gli dei. Se lo sguardo poteva ferire, quei tre sarebbero morti sul posto, tanto Sirio li guardò male.

"Quello è argento freddo, non puoi liberarti. Lo dicevo io che ti dovevamo uccidere. Ferire la povera Sibil è stata la mossa di un infame. E lei che si era persino offerta di guarirti!"

"Qui l'unico infame è quello che chiamate re", rispose Sirio a denti stretti e i tre dei rimasero piuttosto colpiti quando lo sentirono parlare. Dopo aver capito cosa aveva detto, si infuriarono.

"Io gli strappo la lingua!"

"Laran ha detto di non fargli nulla", disse il bruno agli altri due. "Cosa pensavate, che ci avrebbe ringraziato e invitato a prendere un tè? Tu, nysa. Sei prigioniero di guerra del principe Laran e porterai rispetto alla sua famiglia".

"Andate avanti voi a succhiargli il cazzo, io preferirei di no".

Persino il dio bruno, ora, strinse la mascella e fece una smorfia.

Quello con i capelli rossi si avvicinò e prese Sirio per le corna, alzandogli la testa. La presa era salda e dolorosa, ma Sirio non mostrò debolezza. "Tagliamogli la lingua. Non gli serve comunque, non ha niente di interessante da dire".

"No, aspetta. Dice che non vuole farlo, ma sono sicuro che potrebbe valere qualcosa come succhiatore di cazzi". Il dio biondo ridacchiò.

"Vuoi provare?" Sirio gli mostrò i denti, passandosi la lingua sopra il loro filo sottile e affilato. "Scommetto che piaceresti a molti uomini con la voce un po' più stridula".

Il dio che lo teneva gli agitò la testa. Per un momento gli si offuscò la vista e il suo cervello fece una capriola nel suo cranio.

"Ha una bocca davvero sporca. Chiudiamogliela".

Gli altri due dei cercarono nella tenda un pezzo di stoffa e poi si avvicinarono per poterlo imbavagliare. Fu un errore.

Il dio con i capelli rossi poteva anche tenerlo per le corna, ma Sirio aveva capito da questo che non aveva mai affrontato un titano.

Le corna del tuo avversario si afferrano solo per tenerle lontane, non così vicine.

Quando tutti e tre furono a una buona portata, Sirio strattonò la testa e con pochi colpi riuscì a dare un calcio al dio biondo, facendolo cadere in ginocchio, urlando. Gli altri furono troppo lenti e troppo sorpresi per prepararsi e, usando le corna, Sirio li colpì tutti: uno alla pancia, uno al braccio, e l'altro in faccia. Dalla punta delle sue corna grondava sangue dorato, ma i tre ora strisciavano a terra urlanti.

Seguì un putiferio che doveva aspettarsi. Altre divinità accorsero nella tenda, con lacci e catene, e lo buttarono di nuovo a terra mentre portavano via i tre dei feriti.

Sirio non poteva che scoppiare a ridere. "Fate pena! Tutti voi!"

Laran era stato occupato tutto il giorno con gli altri generali. Senza Bia, ora era lui a dirigere tutte le truppe. Non si dovevano spostare fino all'ordine di suo padre, ma c'era molto da organizzare: rifornimenti e scout, per non parlare della distribuzione del cibo, delle bevande, del legno da ardere.

Poteva sembrare una cosa da poco, ma era più complesso di quello che si era aspettato. Tra tutti gli addestramenti che aveva ricevuto, quello non era stato nella lista delle lezioni.

Non si era dimenticato del nysa, ovviamente, ma era successo tutto così in fretta che non poteva fare finta di non avere delle responsabilità. Si era dunque deciso ad affrontare una cosa alla volta, anche se tutto l'accampamento era principalmente interessato alla strana creatura che era rimasta chiusa in una tenda anonima sotto la guardia di poche sentinelle.

Le cose si erano complicate quando Sibil era andata da lui con il desiderio di assistere il nysa per controllare la sua salute.

Laran sapeva che era ancora svenuto, perciò aveva mandato la maga a occuparsi della faccenda mentre lui non poteva. Non si aspettava di vederla tornare con una tempia sanguinante, insieme a un gruppo di soldati che non sapeva come fermare il nysa senza farlo svenire di nuovo.

"Non è colpa sua", aveva insistito la maga. "Si trova in questo posto, sa quello che succede a quelli come lui. Non puoi recriminarlo se prova a resistere".

Laran si era sicuramente aspettato della resistenza.

Si ricordava quando sua madre gli aveva regalato Mimir, il suo stallone da guerra: era una creatura meravigliosa, ma indomita e fiera, che non avrebbe mai abbassato il muso senza un buon motivo. Aveva passato molto tempo a piegare lo spirito di quel cavallo a furia di frusta e carote, ma alla fine era lì con lui in quell'accampamento.

Sapeva che un nysa era altrettanto indomito e fiero e aveva preso in considerazione la possibilità di dover tirare di nuovo fuori la frusta e la carota. Ma non aveva tempo per questo.

Aveva ordinato a dei nani di consegnargli delle manette di argento freddo e aveva ordinato ai suoi tre amici di fare la guardia al nysa finché lui non fosse stato più libero.

Dopo pochi minuti erano tornati tutti e tre su altrettante barelle. Le loro ferite erano così profonde che Eve aveva preso dei pomi d'oro per guarirli.

"L'ambrosia è troppo diluita, se non guariscono in fretta moriranno dissanguati".

Laran aveva visto le cavità sanguinolente in cui le corna del nysa avevano colpito, come quelle di un toro imbizzarrito.

È un titano, non possiamo dimenticarlo, considerò, ripensando a tutte quelle volte che suo padre gli aveva raccontato le storie delle battaglie contro quella razza. Stai lontano dalle corna, mira alla gola e alla pancia, sii agile e scattante come un fulmine perché loro sono astuti come le volpi.

In tanti anni di amicizia con i suoi commilitoni, le battaglie e le avventure, non li aveva mai visti tutti e tre in quelle condizioni. Ed erano stati ridotti così da un nysa ferito e senza magia, in catene.

Doveva prendere il problema seriamente.

Se si fosse liberato e avesse riacquistato la sua magia, il nysa avrebbe creato il caos.

Si ritrovò davanti alla tenda ad aspettare, con qualcosa di simile alla paura che lo agitava.

Non aveva mai sentito una sensazione simile, ed era la stessa che aveva provato quando aveva visto il nysa la prima volta sotto il chiaro di luna. Un po' paura e un po' trepidazione, come se si dovesse preparare al combattimento. Eppure non poteva non rispettare il suo avversario. Quello che aveva fatto era terribile, ma eccezionale: nessun dio ci sarebbe riuscito, nessuna maga sarebbe stata in grado di reagire come lui.

Laran entrò nella teda, illuminata a giorno da un gran numero di fiaccole. La scena che si presentò davanti a lui fu molto strana: i soldati facevano la guardia all'interno della teda, in sei, con le armi puntate verso il prigioniero. Quest'ultimo era costretto in ginocchio da pesanti catene: le manette gli allargavano le braccia alle estremità del corpo, costringendolo a una posizione stancante, ma sicura. I suoi piedi, le sue cosce, le sue spalle e il suo bacino erano legati da pesanti catene bloccate a terra. Sembrava inchiodato sul posto, ma nonostante tutto rimaneva indomito nello sguardo.

Per la prima volta Laran vide i suoi occhi: anche quelli erano di un grigio mai visto prima, simile all'argento, dello stesso colore dei suoi capelli lunghi e scompigliati. La sua pelle era poco più rosea del giorno prima, ma ugualmente scavata.

Sembrava esausto, ma il suo sguardo era quello di un leone che non si sarebbe fatto sconfiggere.

Laran non se lo aspettava. Sapeva che i nysa avevano la magia, allora non era forse simili alle maghe? Anche quell'Elna che aveva conosciuto al banchetto di Erir, aveva la stessa pacata sicurezza che avevano le maghe.

Quello che aveva davanti, invece, era un guerriero.

Il nysa lo squadrò da capo a piedi, analizzandolo. Si soffermò sui suoi stivali lucidi, la toga rossa bordata d'oro, le catene sul petto e i gioielli, il mantello principesco dietro le spalle, la sua Durlan e, infine, il cerchio d'oro rosso tra i suoi boccoli biondi.

"Laran, presumo", disse il nysa con voce melodiosa e calda. Il nysa aveva il corpo di un ragazzo anche se i tratti androgini di un donna, ma la sua voce era strana, impossibile da paragonare né a un uomo né a una donna. Sembrava fatta per cantare incantesimi.

Il principe fece un cenno con la testa alle guardie, che uscirono dalla tenda anche se titubanti. Quando l'ultimo di loro chiuse la tenda, tornò al suo prigioniero.

"Non ho il piacere di poter dedurre il tuo nome, nysa".

"Il piacere?" L'altro inclinò la testa e le sue corna scintillarono di dorato, ancora sporche del sangue dei suoi amici. "Non prendermi in giro. Facciamola finita. Se vuoi uccidermi fallo in fretta, altrimenti sei noioso".

Laran fece finta di non averlo sentito. Fece un passo avanti e lo guardò dritto nei suoi occhi d'argento. "Se non vuoi dirmi il tuo nome te ne darò uno nuovo. Stavo pensando a Sothis. Suona abbastanza bene".

"A che ti serve sapere il mio nome?"

"Non vuoi avere un nome?"

"No, se serve a non farmi chiamare da te".

Laran incrociò le braccia sul petto ampio, seccato e già innervosito. "Ti chiamerò quanto voglio, nysa. Mi appartieni".

"Pff". Lo smacco sarcastico che il nysa fece lo prese in contropiede. Stava ridendo di lui e con gusto. Il fastidio cedette il posto alla rabbia, ma il nysa riprese a parlare: "Non si può possedere un altro essere vivente, stupido caprone. Ma non mi aspetto che la tua razza di imbecilli illetterati e guerrafondai possa capire una cosa del genere. Mi hai solo messo in catene, ma non mi possiedi. Puoi fare di me tutto ciò che vuoi, ma questo non cambierà il risultato. E cioè che sei solo un pallone gonfiato che pensa di avere il mondo ai suoi piedi perché un bastardo maledetto detta il bello e il cattivo tempo con le sue crisi isteriche. Non sai nulla di come funziona il mondo. Nessuno di voi lo sa! Non fate altro che distruggere e prendere e anche se ora hai me, prima o poi finirete distrutti dalla vostra stessa cupidigia. Ricordati le mie parole, principino. Forse ti serviranno alla fine della tua vita".

Laran non era bravo con le parole. Aveva studiato retorica per molti anni ma le conversazioni migliori le sapeva fare con spada. Qualsiasi cosa gli venisse in mente, non era abbastanza per quella creatura davanti a lui.

Rendersi conto che stava facendo la figura dello sciocco lo fece avvampare d'ira mentre divertì molto il nysa, che scoppiò a ridere fragorosamente.

"Non riderai più, quando non avrai più niente a cui aggrapparti".

"Prego, fatti sotto", disse prontamente il nysa. "Voglio vedere fino a che punto arrivi".

Lo sguardo di sfida strafottente che ricevette bastò per far pentire Laran della sua decisione: avrebbe dovuto aprirli la gola il giorno prima sulla montagna!

Spostò con un gesto nervoso il mantello e uscì dalla tenda, stringendo i denti e i pungi per la frustrazione. Non appena fu fuori, fronteggiò un folto numero di soldati. Lo stavano osservando con muta aspettativa e Laran si sentì ancora una volta messo all'angolo. Quel maledetto! Lo costringeva a dover fare cose che non voleva fare!

Aveva portato un bottino ricco all'accampamento. Non c'era nessuno che non fosse interessato al nysa e se questo fosse stato un po' più docile, Laran sapeva che si sarebbe dovuto mettere a schiacciare mosche intorno a lui come se fosse miele. Ora, invece di essere un onore e una grande conquista, si stava rapidamente trasformando in un fallimento che gli avrebbe fatto perdere la faccia.

"Tu", disse alla prima guardia più vicina. "Niente cibo al prigioniero. Niente di niente, mi hai sentito? Niente pane o acqua. Chiudetelo là dentro e non entrate mai. Non fate entrare nemmeno uno spiraglio di luce. Mi avete capito bene?"

"Sì, signore".

Qualche giorno più tardi, Sibil lo seguiva dappertutto come un cagnolino infastidito. "Quello che stai facendo non è giusto, Laran".

"C'è qualcosa che faccio che ti aggrada, mia signora?" Rispose con sarcasmo il principe. Dopo aver fatto finta di pensare aggiunse: "Ma ora ricordo, non è necessario che quello che faccio ti piaccia".

"Sono felice di sapere che sei il tipo di principe che ascolta i suoi sudditi". La maga incrociò le braccia e gli si fermò davanti mentre si stava dirigendo alla sua tenda. "Non faresti quello che stai facendo al nysa se fosse una ninfa o un elfo. Non lo faresti nemmeno con un umano!"

"So cosa vorresti", la interruppe subito. "Ma lo hai detto tu stessa che una volta preso non ci sarebbe stato modo per lui di tornare con onore dai titani. Quando capirà che lottare è inutile allora smetterà di resistere. L'unica cosa che può fare è arrendersi. Ha solo il cranio troppo duro per capirlo".

"Sono passati sette giorni!"

"Nulla, per qualcuno come lui", scosse la testa e fece un gesto infastidito. "Ora basta, mi hai tediato". La aggirò e se ne tornò in tenda, dove lo aspettavano Evan e i suoi amici, fortunatamente illesi dopo una dieta di pomi d'oro durata ben due giorni.

"Ancora quella lì?" Chiese Evan mentre affilava la sua spada, seduta sul tavolo pieno di carte e mappe. "Come si permette di parlarti con questo tono? Sei il suo principe, non il suo amichetto".

"Conosco Sibil da quando sono nato", le ricordò il principe. "Non è una maga brillante né ha sangue nobile, ma ha un buon cuore e la rispetto. Quando non diventa una sanguisuga che non vuole staccarsi, almeno".

"Cosa vorrebbe, che liberassimo il nysa?" Chiese Veive, che non aveva più nessuna traccia della aggressione subita. "Quella bestia mi ha rotto la faccia. La mia bellissima ed essenziale faccia, Laran!"

"E tutti sappiamo che non c'è niente di più sacrosanto della tua faccia, dico bene?" Ridacchiò Bes.

"Solo il suo pene", disse distrattamente Evan, senza smettere di affilare la spada.

"Potrei darti una bella dimostrazione di quanto il mio pene sia sacrosanto".

"Smettetela". C'era un momento della giornata in cui i battibecchi idioti dei suoi amici lo facevano sorridere, ma da quando c'era stata la battaglia e la faccenda di Sirio e del Tinia, non li sopportava più. Aveva bisogno di serietà e non la trovava da nessuna parte ultimamente.

Gli altri fraintesero il suo fastidio per gelosia: Evan era la sua donna e Veive aveva fatto un commento poco felice.

"Perdonami, mio signore". Il dio fece un piccolo inchino, ma Laran scosse la testa.

"Lascia perdere. Trovate qualcosa di divertente da fare. Devo smettere di pensare".

Il buio era familiare per Sirio. Lo era anche la solitudine e la fame.

Quel potevo imbecille di un principe, agghindato come pavone e altrettanto orgoglioso!

Proprio come si aspettava, quelli zotici non avevano la minima idea di come funzionasse la cultura dei titani, non si davano nemmeno la pena di impararla.

Lui sapeva tutto sulla loro misera cultura e le loro stupide tradizioni, ma Laran non immaginava nemmeno un po' le sue. Se Izac o Elna fossero stati al suo posto, si sarebbero già arresi, perché erano più intelligenti di lui probabilmente. Dubhe ne sarebbe uscito con la sua solita diplomazia.

Ma Sirio? Lui era un guerriero. Non aveva nulla da invidiare ai suoi fratelli e al suo frae. Era addestrato come un qualunque titano e la piccola dimostrazione che aveva dato con le sue corna avrebbe dovuto metterli in allarme.

In un mondo in cui non c'è altro che ghiaccio e il cibo scarseggiava, in cui devi combattere con la tormenta e con la notte, i forti si guadagnavano il loro diritto alla guerra uscendo tra i ghiacciai a cacciare mostri, leccando licheni dal ghiaccio verdastro.

Sirio aveva sempre trovato quei viaggi piacevoli: da solo, scalzo a contatto col ghiaccio e circondato dalla magia per mesi a soffrire la fame finché non avesse preso con il suo arco la sua preda.

Così faceva il suo frae, così aveva fatto anche Zeid, forte abbastanza da strappare un occhio ad Herian stesso.

Due settimane nel buio silenzioso erano solamente noiose e tristi perché non poteva più sentire la magia danzare sotto la pelle, a causa delle manette. L'avrebbe sentita di nuovo e in fretta.

Stava solo aspettando il momento giusto, e si presentò quando una piccola guardia fu abbastanza stupida da guardare dentro la tenda per controllare come stava. Forse, vinto dalla curiosità aveva voluto assicurarsi che il prigioniero non fosse morto.

Sirio si fece trovare immobile a terra e la guardia avanzò per controllare se respirasse.

Un passo, poi un altro, e quando si avvicinò abbastanza, Sirio strattonò le catene e gliele avvolse intorno al collo. Usò il peso della sua vittima per puntellarsi a terra e continuando a spingere riuscì a scardinare la catena che gli teneva la mano destra ferma a terra. Il soldato era soffocato in fretta e, con una mano ormai libera, Sirio afferrò la sua spada fatta in purissimo acciaio di Olimpia e con colpi sicuri spezzò le altre catene.

Non riuscì a togliersi le manette di argento freddo, ma non si soffermò a pensarci.

Altre guardie penetrarono in fretta la tenda buia, dopo aver sentito il rumore metallico delle catene spezzate. Non vedevano nulla al buio a cui Sirio ormai era abituato. Li colpì uno a uno e li fece stramazzare a terra. Poi uscì dalla tenda, felice di vedere che era notte: la luce del giorno lo avrebbe accecato, ma di notte sapeva muoversi molto bene.

Quando lo videro uscire, altri dei gli si gettarono addosso, ma lui riuscì a fermarli tutti. Aveva fame ed era debole, ma nessuno di loro si era mai scontrato con un nysa che non aveva niente da perdere.

Si fece strada nell'accampamento cercandone il bordo, per provare a scappare, mentre tanti altri cercavano di fermarlo e le trombe suonavano. Ma lui, adesso, era perfettamente sveglio e armato e non si sarebbe fatto fermare.

Poteva vedere il limitare dell'accampamento: al buio nessuno di loro sarebbe stato in grado di seguirlo nella foresta. Se solo si fosse liberato di quelle orribili manette! Non poteva usare la sua magia, ma la sentiva, e cominciò a premere contro il metallo per cercare di romperlo. Era quasi riuscito, c'era quasi, ma si fermò quando dei visi conosciuti gli si pararono davanti.

C'erano quei tre che aveva infilzato e, davanti a loro, Laran.

Quando Sirio si fermò fu presto accerchiato da una gran quantità di soldati che gli puntavano le spade contro. Al centro di quel cerchio di lame affilate c'erano solo lui e il principe.

Il suo sguardo era cupo e serio, ma lui rispose con un sorriso. "Chi si rivede!"

"Come hai fatto?"

"Non ci è voluto tanto".

"Laran, guarda le sue manette" lo avvisò una donna lì vicino e gli occhi del principe si posarono sulle manette in argento freddo. Si stavano lentamente sciogliendo.

Ci avrebbero messo un po' di tempo a liberarlo: Sirio doveva solo rimanere vivo quel tanto che bastava per poter tornare a usare la magia. A quel punto, nessuno di loro sarebbe stato abbastanza forte da fermarlo, nemmeno tutti insieme.

Laran lo sapeva bene e la sua mano corse alla spada e la sguainò in un movimento fluido ed elegante. La spada era finemente cesellata e dalla forma di mezza luna. Sirio la riconobbe: era molto odiata da quelli della sua specie.

"Durlan, la spada di Sol. Una buona mannaia per un buon macellaio".

"Abbassa la spada e arrenditi".

"Non penso che lo farò". Sirio fece oscillare la spada intorno a sé e si mise in posizione. "Fatti sotto, principino".





Nota: Sothis è il nome greco per la stella Sirio. Entrambi significano "ardente". Da questo momento in avanti, per molti capitoli, Sirio sarà Sothis.

L'idea di renderlo due persone diverse mi è venuta in mente perché Sirio, in astronomia, è in realtà un sistema binario con due stelle distinte, Sirio a e Sirio b

Per i nostri soliti suggerimenti visivi ... Ci ho provato a trovare qualche attore che possa ricordare Sirio e Laran, ma nessuno riesce ad adattarsi bene, perciò lascio libertà assoluta su come immaginarli.

Se invece vuoi sapere cosa mi ha ispirato, posso solo dire che Sirio è partito dalla sensualità androgina di Park Jimin (da quella maledetta esibizione all'mma del 2018), mentre Laran dallo sguardo magnetico di un giovane Bjorg Andrésen (definito il ragazzo più bello del mondo negli anni 70. Ha quella giusta dose di dio greco, ma con origini scandinave).

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