Enigmatic

By bestdrugever

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Nessuna giacca di pelle, nessuna moto, nessuna sigaretta. Peter era il bravo ragazzo per eccellenza, con una... More

Prologo
Capitolo 1 • Perso
Capitolo 2 • Bugie
Capitolo 3 • Stupido
Capitolo 4 • Dubbi
Capitolo 5 • Panico
Capitolo 6 • Sorpresa
Capitolo 7 • Crepe
Capitolo 8 • Uniti
Capitolo 9 • Brama
Capitolo 10 • Inviti
Capitolo 11 • Inaspettato
Capitolo 12 • Tormento
Capitolo 13 • Insulsa
Capitolo 14 • Pagliaccio
Capitolo 15 • Equivoco
Capitolo 17 • Giochetti
Capitolo 18 • Stoffa
Capitolo 19 • Impegno
Capitolo 20 • Presagi
Capitolo 21 • Stanca
Capitolo 22 • Corrosione
Capitolo 23 • Irresistibile
Capitolo 24 • Contropiede
Capitolo 25 • Valore
Capitolo 26 • Incoerente
Capitolo 27 • Buono
Capitolo 28 • Facile
Capitolo 29 • Segreto
Capitolo 30 • Ansia
Capitolo 31 • Illusa
Capitolo 32 • Tragedia
Capitolo 33 • Impercettibile
Capitolo 34 • Nostalgia
Capitolo 35 • Sogni
Capitolo 36 • Sconosciuti
Capitolo 37 • Epifania
Capitolo 38 • Stronza
Capitolo 39 • Incubi
Capitolo 40 • Promessa
Epilogo

Capitolo 16 • Classico

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By bestdrugever

A distanza di un solo mese dal mio trasferimento, cominciai a trarre diverse conclusioni.

La prima era che la lontananza di Maddie mi faceva stare male e che non sapevo come dimostrarle che volevo rimanerle fedele nonostante tutto ciò che, dall'esterno, si potesse pensare.

La seconda era che il campus era esattamente il mio luogo ideale: fra persone mediamente intelligenti, mi sentivo a casa. E non la casa fredda in cui ero cresciuto, bensì una dimora di idee dinamiche, dove agli angoli dei corridoi si discutevano ipotesi in grado di cambiare significativamente la nostra vita quotidiana. Una casa fatta di giovani come me che stavano cercando il loro posto nel mondo, confusi ma determinati a trovarlo.

La terza era che avrei fatto meglio a stringere amicizia con persone come Sid e stare lontano da quelle come Flo. Quest'ultima aveva la parola "pericolo" scritta in fronte e cominciavo gradualmente a rendermene conto: trascinato da lei, avevo lasciato indietro i miei amici e tutto il resto, facendo sentire peggio che mai la mia ragazza. Mi torturai una mattinata intera sulla necessità di parlarle e, al tempo stesso, la paura di farlo perché sapevo di non esserne capace. Esprimermi non rientrava fra le mie abilità più sviluppate, anzi. Riuscivo solo a combinare disastri.

L'ultima era che non vedere i miei genitori tutti i giorni era un sollievo. Suonava perfido e, dentro di me, riconobbi una sfumatura ingrata in ciò, ma stavo meglio senza. Quella era una verità innegabile.

Decisi di fare ciò che mi veniva meglio: isolarmi. Mi buttai a capofitto nello studio e superai l'esonero con un voto molto alto, seppur non massimo. Subito dopo aver ricevuto l'esito, telefonai a Maddie.

«Ciao, Peter» salutò lei.

«Ho superato l'esonero, Maddie! Non sono stato il migliore in assoluto, ma sono molto contento del mio voto!» esultai, non sapendo contenermi.

«Ehm... Okay, sono contenta per te...»

L'esitazione con cui mi rispose, quasi a disagio, cancellò il mio entusiasmo.

«Ah... Be', pensa a non esserlo che risposta mi avresti dato...» commentai.

«Scusa?» si inacidì lei.

Sbuffai.

«Niente. Devo andare, ci sentiamo».

Attesi che mi rispondesse, ma non proferì parola, quindi riattaccai.

Era riuscita a distruggermi quel pizzico di buonumore che mi aveva rallegrato la giornata dopo settimane di pesantezza e preoccupazioni. Lei che, una volta, rendeva la vita facile come respirare.

Amarla era facile, allora. In quel momento, un po' meno.

In caffetteria, incrociai Jason e Flo.

«Ma guarda chi è riemerso dalle tenebre!» scherzò quest'ultima.

«Ciao, amico» mi salutò Jason.

Presi posto al loro tavolo non sapendo bene come mi sarei dovuto sentire, in realtà.

«V-voi avete passato l'esonero?» mi informai.

«A malapena...» fece Jason.

Flo annuì con convinzione, quindi non doveva essere andata tanto male.

«E... come state?» mi interessai, suonando bizzarro persino alle mie stesse orecchie.

Non tardarono, difatti, gli sguardi stupiti dei miei amici.

«Bene, direi. Possiamo dedurre lo stesso di te o...?»

Riconobbi nello scetticismo di Jason una sorta di messa alle strette: era come se mi stesse chiedendo di aprirmi e comunicare, risolvendo tutto ciò che di non detto c'era nel nostro tavolo, oppure di andarmene e smetterla di fingere che mi importasse qualcosa di quella nuova e fragile amicizia a tre.

Ragionai. Stare con loro a me piaceva e dovevo accettare che valeva la pena uscire dalla mia zona di comfort per non sprecare l'occasione di costruire qualcosa di vero. Provai, per un momento, la stessa sensazione di essere sull'orlo di un precipizio che avevo sperimentato quando avevo deciso di combattere per Maddie e dirle che volevo seriamente avere una relazione con lei.

Mi aveva ripagato, certo. Ne avevo tratto esperienze meravigliose, ma stavo anche pagando un prezzo molto alto: non ero mai stato male come un quel momento della mia vita. Ero tormentato dalla costante impressione che, qualsiasi cosa facessi, non avrei mai riguadagnato abbastanza terreno per aggiustare le cose, che i miei sforzi erano e sarebbero sempre stati vani.

Sospirai. Era il momento di chiedere aiuto. E, Dio, com'era complicato. Quasi doloroso.

«Sto mandando all'aria la cosa più bella che io abbia mai avuto» confessai.

Ottenni l'immediata attenzione di entrambi i miei amici.

«Per via della distanza?» ipotizzò Jason.

Annuii.

«Non solo. Continuo a finire in situazioni che mi fanno sembrare uno stronzo e un traditore e non so come uscirne».

«Se lei pensa questo di te...»

«Io non posso perderla» scattai, con gli occhi lucidi. «Mi capite?»

Ero certo che non potessero, ma ricevetti comunque delle pacche e delle carezze in segno di conforto.

«Sai, io una volta non ero così» cominciò a raccontare Jason, sentendosi in vena di confidenze. «Sono stato un gran classico: non vivevo nel Bronx, ma ho cominciato a frequentarlo già da ragazzino, perché mi annoiavo ed era l'unico quartiere vicino casa in cui mi sentivo accettato. Voglio dire, l'America è cambiata negli ultimi decenni, ma niente tratterrà mai un americano bianco dal rabbrividire di paura alla vista di un ragazzo di colore come me, me e tanti altri. Mi sentivo incluso, al parchetto: mi sono avvicinato a gente che sembrava innocua e poi gestiva giri molto sporchi, invece. Mio padre non se ne accorgeva, era troppo preso dall'assicurarsi che io avessi un fondo per gli studi universitari, dimenticandosi che forse gli studi non volevo neanche farli».

«E come sei finito qui?» domandai, legittimamente coinvolto dalla storia.

Jason lanciò una fuggevole occhiata a Flo, che non se ne accorse perché stava cercando le mentine in borsa, quindi inspirò.

«Amore. Comincerei a chiamarla infatuazione, a dire il vero, ma l'ho creduto amore per tanto tempo e voglio rendere giustizia al quindicenne con la testa fra le nuvole che ero. Decisi che volevo conquistare una ragazza, la più bella e sofisticata che avessi mai visto, quindi chiesi consiglio ai miei "amici" del parchetto, che mi dissero di fare un po' lo sbruffone e dirle che sarei passato a prenderla dopo la scuola, l'indomani. Lei mi rifiutò...»

Qualcosa nel suo timbro di voce mi suggerì che si trattava di una ferita ancora aperta. Essere respinti, d'altronde, non era mai facile, nemmeno se la controparte cercava di avere tatto.

«Fu talmente altezzosa che tornai a casa e piansi come un bambino. Mai nessuna mi era rimasta in testa come lei ed essere trattato come un piccolo sacchettino dell'umido mi ferì parecchio. Mi ripromisi che sarei diventato un uomo degno di lei...»

«Soltanto per rifiutarla e ripagarla così con la stessa moneta, giusto?» intuii.

Jason accennò un sorriso.

«Allora mi conosci, almeno un po'. Comunque, sono diventato talmente fiero di me che... Ho cominciato a pianificare un futuro per me stesso. E ho perso di vista l'obiettivo» concluse rapidamente.

Ero disorientato. Mancava qualcosa al suo racconto... Forse, un finale vero e proprio.

Flo scosse il capo, confusa.

«E questo c'entra con Peter perché...?» ragionò ad alta voce.

«Perché Peter deve mettere se stesso prima di qualsiasi ragazza, anche se è l'amore della sua vita. E che ci devono credere entrambi allo stesso modo, se non vogliono finire per lasciarsi. Infatuarsi, innamorarsi, creare un legame... Non è sempre facile. Tenere saldo quel legame e proteggerlo dalle intemperie, però, è tutto un altro livello di difficoltà».

Confermai con un cenno del capo, sentendomi fin troppo preso in causa.

Jason mi diede un'ultima pacca sulla spalla, alzandosi con l'intenzione di andare via.

«E non credete alla cazzata del tempo. Se qualcosa si sta rompendo, il tempo non farà altro che dargli il colpo di grazia e seppellire pure i pezzi».

__________

Jason è un altro personaggio che mi affascina da morire. Se dessi retta alla mia vena introspettiva di impronta psicologica, vorrei spiegare tutta la psiche di ogni personaggio. E fare uno spin-off per ciascuno di essi. Ma non finirei mai più, a quel punto 😂

Che impressione vi ha dato il suo personaggio? Piaciuto lo spunto riflessivo che ho lanciato?

Baci ✨

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