Capitolo 45

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CALUM

«È impossibile che ci mettano tutto questo tempo» commento, continuando a lanciare i sassolini sull'asfalto da trenta minuti.

«Sarebbero già dovuti essere fuori» annuisce Elyse, tenendo il suo sguardo pensieroso sull'entrata della metropolitana.

«Credevo mi dicessi di rilassarmi» ribatto, sentendo l'angoscia farsi spazio nell'addome. Se anche Elyse è preoccupata, significa che qualcosa è andato storto.

«Lo credevo anche io. Ma il tuo ragazzino è in condizioni precarie. A quest'ora potrebbe già star marcendo.»

Le rivolgo una faccia disgustata al solo pensiero, anche se dentro di me sento il cuore rimpicciolirsi in un minuscolo punto. È passato molto tempo dall'ultima volta che uno dei nostri è stato morso; mi ero quasi dimenticato il senso di colpa che si insinua nei meandri della mente e che si stringe al petto, bloccando il respiro.

«Gli dò altri cinque minuti-»

«Potrebbe non averli cinque minuti!» sbraito, pensando a Kayla là sotto. Potrebbe davvero non averli. Elyse serra gli occhi, facendo uscire un respiro rumoroso dal naso. «Io scendo. Sei libera di seguirmi o di restare qui.»

«Fanculo al tuo eroismo, Calum. Sai dannatamente bene che vengo con te.» Si rimette in spalla il fucile, controllando le cartucce e togliendo la sicura. Senza dire un'altra parola, si inoltra nella discesa a passo spedito.

Impugno la katana, ancora sporca del sangue dell'orda di Morti: se siamo riusciti a sopravvivere a quello, non ho timori. Con una rinnovata dose di coraggio e adrenalina, il petto stretto dall'angoscia e dall'ansia per Kayla e Leon, seguo Elyse giù per la discesa, senza guardarmi indietro.

Le domande mi sorgono spontanee una volta arrivati giù, accolti dallo strato di acqua presente sul pavimento. Deve essere successo qualcosa; Kayla non sarebbe mai andata oltre a questo punto, se non costretta. È evidente che più in profondità si va, più questi tunnel sono allagati.

Elyse accende la torcia, puntandola su ogni angolo del grande corridoio che porta alle vecchie scale mobili. Nessuna minaccia. Mi lancia uno sguardo di assenso prima di continuare proprio verso i gradini che portano ai treni, sperando che siano andati da questa parte; odio il fatto che ci possa essere un margine di errore così grande.

Cerco di modulare il respiro ai passi, provando a sciogliere un po' di tensione nei miei muscoli, ruotando le spalle e piegando la testa da un lato all'altro. Anche Elyse è piuttosto agitata, lo capisco dalla tensione nel suo collo e da come continua a muovere la torcia da una parte all'altra, in cerca di qualsiasi pericolo pronto a sbucare fuori dal buio.

«Ma che...?» sibila Elyse, una volta in fondo alle scale, inciampando e schizzando acqua da tutte le parti con le scarpe pur di tenersi in piedi e non rovinarci dentro. Il rumore echeggia da un lato all'altro rinforzandosi, fino a morire lentamente.

Si china con la torcia puntata a terra, cercando di capire cosa l'abbia quasi fatta cadere, mentre io stringo ancora più forte l'impugnatura sulla katana. Faccio mente locale delle altre armi che ho addosso, ma la cosa non mi fa sentire più sicuro.

Infila la mano tra le minuscole onde dell'acqua, smossa dai nostri movimenti, e ne tira fuori qualcosa di metallo. Mi avvicino a lei e man mano che alza il materiale, scorgo degli anelli che compongono una catena arrugginita. Ci scambiamo uno sguardo angosciato.

Elyse segue il percorso della catena fino alla parete di fianco alle scale mobili che abbiamo appena percorso, illuminando l'inizio degli anelli proprio lì, fissati al muro da una grossa e spessa placca di ferro.

Alive - Prova a sopravvivereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora