Capitolo 30

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Ciao a tutti!

Ecco a voi il 30esimo capitolo, agognato da molti di voi, che ringrazio come sempre! 

Spero che in questo periodo di quarantena, Alive vi abbia permesso di estraniarvi - anche per poco - da tutto ciò che è successo. Vorrei dire che spero che vi abbia portato un po' di gioia, però insomma, non è che sia proprio gioiosa come storia haha

Piccola parentesi: vi vedo che mi chiedete di aggiornare, giuro, ma voglio sempre finire i prossimi capitoli prima di postare, così non dovete aspettare mesi ;)

Ora vi lascio al capitolo, buona lettura!

- Marina

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CALUM

Sono passate tre settimane. Questa notte segna l'inizio della quarta. Kayla si è quasi completamente ripresa fisicamente, ha ripreso a mangiare - non perché avesse fame, ma perché doveva per mantenersi in forze - e riesce a stare in piedi per un tempo prolungato. La ferita si è rimarginata, lasciando spazio a una brutta cicatrice. Man mano che i giorni passavano, la realizzazione di ciò che era successo scendeva su di lei come una coperta di piombo; era più silenziosa, passava gran parte del tempo dentro alla sua testa, ai suoi pensieri. Era difficile riuscire ad estrapolarle più di una frase compiuta al giorno. Ci sono stati giorni più difficili, quando anche solo farla uscire da quella specie di stato di trance era quasi impossibile: il giorno lo passava dormendo e la notte fissava la parete davanti a sè rinchiusa nella gabbia dei suoi pensieri.

Ho letto i libri almeno una dozzina di volte ciascuno, ho riempito almeno tre quaderni di scritte, pensieri, scarabocchi. Avevo sempre qualcosa da fare, che fosse svuotare il secchio e disinfettarlo, costruendo un piccolo falò al di fuori della nostra abitazione, sciogliendo la neve, fare dei piccoli percorsi di corsa ed esercizi fisici per mantenermi in forma. Sono dovuto andare in ricognizione nelle case del vicinato quando stavamo finendo i viveri.

Non è stato facile.

Non lo è stato l'essere in pensiero per Kayla, gestire lo stress di rimanere senza provviste, la paura che Kayla potesse morire quella notte in cui mi ero scordato di cambiarle la benda e la ferita stava iniziando a fare infezione, i Vaganti dall'altro lato della porta che di tanto in tanto ci venivano a trovare, provando a gettare a terra la porta.

Domattina partiremo. Kayla si è detta pronta ad affrontare il viaggio alla ricerca del gruppo, alla ricerca della mia famiglia. Abbiamo racimolato abbastanza provviste e qualche arma tagliente per poterci proteggere al meglio.

Non abbiamo mai parlato di Ebony. Lei non era pronta ad affrontare una ferita così grande per la seconda volta e non lo ero nemmeno io. Ci sono stati momenti in cui ho pensato: e se l'avessi potuta salvare? Ci sono state notti in cui il senso di colpa veniva a trovarmi, ma non ho ceduto. Non potevo. Non posso.

Mi sfilo la maglietta dall'alto, gettandola ai miei piedi. Intingo lo straccio nel secchio di acqua calda e lo passo sulle braccia, sul collo e sul volto, strofinando bene. Lo passo sul torace e sull'addome, lo porto fino alla nuca, cominciando a fare fatica per pulirmi bene la schiena.

«Lascia, ti aiuto.» La voce di Kayla mi fa sobbalzare. Non tanto perchè non me l'aspettassi, più che per il tono di voce che ha usato: delicato. La osservo esitante, cercando qualche ombra di dubbio tra i suoi occhi e alla fine lasciandole lo straccio tra le mani. «Siediti.»

Bagna lo straccio, lo strizza e comincia a passarlo sulla schiena. Il mio corpo viene assalito dai brividi quando appoggia sulla parte appena bagnata l'altra sua mano, fredda rispetto all'acqua. Poi, lentamente i muscoli della mia schiena si rilassano e mi lascio prendere cura dalla ragazza.

Alive - Prova a sopravvivereWhere stories live. Discover now