Nel momento esatto in cui Blaine chiuse gli occhi, il mondo di Kurt divenne buio.
Non era capace di muoversi; non gli sembrava nemmeno di essere in grado di respirare.
Le lacrime continuavano a corrergli sul viso, in silenzio.
Gli sembrò ridicolo che il mondo attorno a lui non si fosse fermato.
Strinse le mani su quella stoffa familiare, le fece scorrere sul suo petto. Non si muoveva. Non stava respirando.
Blaine non respirava più.
Blaine non avrebbe più respirato.
L’aveva lasciato. Per sempre.
L’aria si incastrò nella sua gola per l’ennesima volta, costringendolo a boccheggiare, ma le sue mani non riuscivano ad abbandonare il volto di Blaine. Era freddo. Era innaturalmente freddo. Ed era troppo pallido.
Seguì con le dita il profilo che conosceva a memoria, ma non lo poteva vedere; i suoi occhi bruciavano – ma il dolore non era niente rispetto a quello che gli stava divorando il petto – ed erano così pieni di lacrime – lacrime che sembravano non dover finire mai – che non riusciva nemmeno a vederlo. Ma ne aveva bisogno.
Aveva bisogno di lui.
“Ops” e quella voce stonava così tanto col suo dolore che gli ferì i timpani e gli diede la nausea, e la sua testa aveva cominciato a girare, ma non avrebbe mai saputo dire quando.
“Pare che io l’abbia ucciso” disse Eridian con un ghigno, facendo spallucce. “Ma non preoccuparti, Kurt. Lo rivedrai tra poco.”
E Kurt pensò che l’avrebbe lasciato fare. Sarebbe morto volentieri.
Perché non ce l’avrebbe mai fatta. Non sarebbe mai sopravvissuto da solo.
Voleva solo seguire Blaine. Anche se significava seguirlo nel buio, l’avrebbe fatto.
Per rivederlo un’ultima volta. Solo il suo sorriso. Lo scintillio dorato dei suoi occhi. Voleva solo quello.
Ma furono quegli occhi dorati, quel sorriso, ad impedirgli di arrendersi.
Non poteva.
Non lo realizzò in quel momento, perché l’unica cosa che poteva davvero percepire era solo il dolore. Ovunque, costante. Ma una voce dentro di lui gli disse che non poteva. Blaine non avrebbe voluto che lui si arrendesse. E anche Kurt, in fondo, sapeva di non poter lasciare che finisse così.
Chiuse gli occhi, e seguì i propri sensi – non avrebbe mai potuto seguire la propria ragione, perché la consapevolezza cruda e fredda l’avrebbe colpito e ucciso.
Strinse forte i Sai fra le mani quando Eridian si chinò su di lui mormorandogli in un orecchio “L’amore non è più forte della morte, dolcezza.”
E Kurt urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, perché aveva maledettamente ragione.
Non era riuscito a salvarlo.
Non era servito a niente, era stato tutto in utile.
Gli bruciava tutto: gli occhi, la gola, i polmoni, il cuore.
Uno scintillio dorato, il bagliore di un sorriso che non avrebbe mai più visto; lo guidarono anche stavolta.
Stava ancora urlando quando il suo braccio scattò in avanti, e la lama del pugnale affondò nel petto di Eridian senza che Kurt lo vedesse davvero, mentre si chiedeva se le lacrime avrebbero mai smesso di scorrergli sul viso.
Morì banalmente, il Re degli Elfi.
L’ultimo ghigno gli si congelò sulle labbra, e gli occhi grigi si spalancarono sotto il peso dell’incredulità per una frazione di secondo; ebbe il tempo di realizzare cosa fosse successo, prima di scomparire per sempre.
Calò un silenzio surreale sul prato; tutti smisero di combattere.
Kurt continuò a tenere gli occhi chiusi, i pugni stretti su quella maledetta stoffa macchiata di sangue, i Sai gettati da qualche parte sulla neve.
Non si accorse che tutti gli Halfbeings avevano cercato o stavano cercando di raggiungerlo, feriti o meno; Sebastian si era precipitato dietro Blaine quando avevano visto Kurt in difficoltà, ma era stato fermato da tre Elfi, ed era riuscito a malapena a difendersi, perché la ferita profonda sul suo braccio si era riaperta; ora zoppicava vistosamente a causa di un taglio slabbrato che gli correva lungo tutto il polpaccio.
Rachel aveva un taglio sul braccio sinistro, se l’era procurato cercando di scagliare un senbon su Eridian per proteggere Blaine, ma l’Elfo contro cui stava combattendo era riuscito a fermarla con un sibilo.
Neal trascinava la sciabola sul prato, la desolazione incisa in ogni tratto del suo viso, e zoppicava anche lui.
Jeff e Nick erano ricoperti di lividi e piccoli tagli per tutte le volte che avevano provato a raggiungere Kurt e Blaine, e si dovettero poggiare alle spade per non cadere sulla neve.
Santana aveva una mano premuta sul fianco ed era innaturalmente pallida, ma i suoi occhi erano spalancati e fissi sul corpo di Blaine, ancora adagiato sul grembo di Kurt.
Finn avvolse immediatamente Rachel tra le proprie braccia, rivolgendo un ringhio basso e cupo agli Elfi di fronte a loro, perché le spalle della ragazza stavano tremando in maniera incontrollabile; anche lui aveva lo sguardo perso nel vuoto.
Puck mosse qualche passo all’indietro, la sciabola tesa di fronte a lui, e raggiunse Quinn, che aveva l’orrore inciso sul volto e le mani sporche premute sulla bocca.
Will aveva ancora l’arco stretto in pugno, una mano tesa ad afferrare una freccia dalla faretra, e per dei lunghi momenti si chiese se sarebbe stato in grado di muoversi di nuovo.
Gli occhi di tutti erano arrossati e pieni di lacrime.
Ci fu un terribile momento di stallo, in cui nessuno seppe più cosa dovesse essere fatto.
Poi la maggior parte degli Elfi si diede ad una fuga disordinata, lanciandosi in una corsa disperata che li portasse via da quel parco e da un Re morto.
I pochi che rimasero ingaggiarono dei combattimenti esausti e poco convinti, e furono sconfitti dalla forza della disperazione.
Bastarono pochi minuti perché sul prato non ci fosse quasi più traccia degli Elfi; l’unica rimase tra le braccia di Kurt, il cui volto era ancora seppellito nel petto immobile di Blaine.
Non stava singhiozzando.
Solo le sue spalle tremavano.
Le sue mani erano ancora strette sulla stoffa del maglione, e le lacrime che ormai scorrevano sulle sue guance con una facilità disarmante precipitavano su quell’indumento che riscaldava inutilmente un corpo freddo.
Il silenzio si protrasse per alcuni interminabili minuti, finché un singhiozzo strozzato non sfuggì al controllo di Rachel, che si districò a fatica dall’abbraccio di Finn per avvicinarsi barcollando a quel ragazzo raggomitolato su se stesso che cercava di non cadere a pezzi.
“K-Kurt” mormorò, mentre il suo petto sussultava in maniera incontrollabile; lui non diede segno di aver sentito. “Kurt” ripeté, con le lacrime che le spezzavano continuamente la voce.
Nessun altro osò muoversi. Sembrava che il gelo li avesse penetrati fin nelle ossa.
Rachel si inginocchiò accanto a lui, asciugandosi le guance con mano tremante; gli accarezzò una spalla con tutta la delicatezza di cui era capace “Kurt, portiamolo dentro.” Sussurrò, cercando di addolcire la propria voce.
Solo in quel momento il ragazzo sollevò il viso; era pallido, aveva gli occhi rossi e ancora lucidi. Tremava.
Rachel sentì che qualcosa si stava spezzando dentro di lei, ma non lo diede a vedere; Kurt annuì in silenzio, prima di alzarsi con compostezza.
La ragazza si alzò con lui, e l’immobilità che si era creata sembrò frantumarsi come una lastra di ghiaccio.
Mossero tutti un passo in avanti, pronti ad aiutarlo, ma qualcosa negli occhi di Kurt li costrinse a desistere; una sorta di dignità, mescolata ad un oceano di dolore che lo costringevano a mordersi le labbra con forza per non crollare.
Non ancora.
Gli fece passare un braccio attorno alle spalle e uno dietro le ginocchia, e riuscì a sollevarlo senza sforzo.
Barcollò quando lo colpì il ricordo della prima volta che aveva dovuto portarlo in braccio.
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Being A Half - Klaine
FanfictionBlaine è un normale adolescente, finché due misteriose figure incappucciate non tenteranno di ucciderlo, svelandogli una parte di sé che non conosceva e cambiandogli irrimediabilmente la vita. Dal I capitolo: -Solo in quel momento Blaine alzò gli oc...