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Dopo un altro degli sfiancanti allenamenti con Sebastian, Blaine si trovò estremamente spossato, e l’unica cosa che riuscì a fare fu buttarsi sul letto dopo aver fatto una doccia, aspettando che Kurt gli portasse qualcosa da mangiare, troppo sfinito persino per andare in cucina: i muscoli della schiena e delle braccia gli bruciavano da impazzire, e non poteva muoversi o girarsi senza un mugugno di dolore.
Cercò di accomodarsi meglio sul materasso, ovviamente senza riuscirci; grugnì in risposta ad un bussare discreto sulla sua porta, e un debole sorriso gli distese le labbra, nell’avvertire il profumo familiare che invadeva la stanza.
“Altra sessione estenuante?”
“Nemmeno te lo immagini” gemette il riccio, con gli occhi chiusi.
Il materasso si curvò leggermente quando Kurt si sedette sul letto, vicino a lui.
“Coraggio” mormorò la voce cristallina, con dolcezza “Rachel ha fatto il tuo piatto preferito: lasagne.”
Poteva sentire dal tono della sua voce che stava sorridendo: ormai lo conosceva troppo bene.
Con uno sforzo immane sollevò le palpebre, e il suo cuore fece un’inspiegabile capriola nel trovarsi davanti quei lineamenti così delicati e regolari, quegli occhi incredibilmente chiari che a volte sembravano brillare di luce propria, e quella tristezza: Blaine la odiava, quella malinconia che non abbandonava mai quei tratti angelici, avrebbe voluto cacciarla via, o prenderla su di sé, tutto: purché sparisse.
Si tirò su con estrema calma, senza riuscire a reprimere un mugolio mentre i muscoli della sua schiena protestavano con foga.
Kurt lo guardò un po’ dubbioso, tendendogli il piatto “Forse, se parlassi con Sebastian …”
“No! No, non lo fare, per favore.” Blaine non voleva essere l’anello debole, soprattutto non davanti a lui.
“Ma riesci a malapena a muoverti, sta esagerando col suo ‘amore crudele’, comincio a pensare che il suo sia più sadismo …”
“Kurt. Per favore. Sto bene, non devi sempre prenderti cura di me.” Lo aveva detto con un’eccessiva durezza nella voce, e negli occhi di ghiaccio passò un lampo di tristezza.
“D’accordo. Io … Io vado di là.”
Il riccio non ebbe nemmeno il tempo di provare a trattenerlo, per scusarsi, per convincerlo a rimanere a chiacchierare con lui, come facevano tutte le sere, rimase solo a fissare la porta chiusa, mordendosi le labbra.
Finì di mangiare più in fretta che poteva, poi si alzò dal letto, ignorando il dolore: odiava discutere con Kurt. Era vero, ormai aveva stretto rapporti abbastanza stretti anche con gli altri, soprattutto con Jeff, Nick e Rachel, ma Kurt … Kurt era speciale.
E non aveva osato andare oltre quello, da quella sera sotto il salice, da quando si erano fatti ancora più vicini. Non aveva osato indagare più a fondo, perché aveva paura. Paura che tra loro potesse cambiare qualcosa, che potesse rovinare tutto ciò che aveva costruito con fatica; era riuscito a guadagnarsi la stima e la fiducia dell’altro ragazzo, non avrebbe rischiato di distruggerle.
Si avviò verso la cucina con passo stranamente silenzioso –la sua Metà era sempre più sveglia, al contrario delle sue doti da arciere-, ma si bloccò quando udì distintamente due voci al di là della porta chiusa; fiutò l’aria, piano, sentendo il profumo di Kurt e quello di Rachel.
“Tesoro … Questa situazione ti sta logorando e si vede … E non so davvero come aiutarti” la voce della ragazza sembrava costernata.
“Lo so, Rachel, lo so, ma che altro posso fare?” Sobbalzò nell’udire la voce cristallina venata quasi di disperazione “Io non so come devo comportarmi, e averlo sempre qui … È come se qualcuno mi dovesse costantemente ricordare tutto quello che c’è di sbagliato in me, tutto quello che non posso avere,  e---” La voce si spezzò.
“Kurt, va tutto bene, okay? Va tutto bene, shhh, va tutto bene.”
Rimasero in silenzio per un po’, e Blaine non riusciva a muoversi, impietrito fuori dalla porta. Non capiva e allo stesso tempo capiva troppo bene. Ma soprattutto, Kurt stava piangendo.
“Rachel, io … Io non so cosa fare … Cerco di aiutarlo, di proteggerlo, ma fa male, dannazione …”
“Tesoro … Tu l’hai visto, come è successo a me con Finn, questo deve significare qualcosa, magari …”
“No, lo sai come funziona; è impossibile che io … Per questo Jeff e Nick non l’hanno fatto …”
“Kurt, ha scelto proprio quell’arco; non ti ricordi cosa disse mio nonno? Aveva fatto quell’arco per te, per il colore dei tuoi occhi, pensando al modo in cui ti muovi … Come fa a sembrarti solo un caso? Magari non sappiamo così bene come funziona …”
Ma Blaine non sentiva più niente.
Kurt stava piangendo.
E in qualche modo era colpa sua.
Perché averlo lì gli faceva male, anche se non lo dava mai a vedere.
Una parte di lui si rese anche conto di quanto avesse ragione Rachel: il colore di quell’arco, la forma elegante … Erano i suoi occhi luminosi. I suoi movimenti. Il suo incedere silenzioso. La sua forza. Per questo l’aveva scelto. Forse inconsciamente, forse no. Forse se n’era accorto fin da subito.
Si maledisse, mentre il suono di quei singhiozzi soffocati continuava a ferirgli le orecchie.
“E averlo sempre qui … È come se qualcuno mi dovesse costantemente ricordare tutto quello che c’è di sbagliato in me …”
Non gli interessava cosa avesse fatto di sbagliato, non lo voleva nemmeno sapere.
Gli stava facendo del male.
E a Blaine bastò sapere questo.
Si precipitò in camera, raccolse il borsone con i suoi vestiti, le chiavi della macchina e quelle di casa, lo zaino con i libri.
Scese le scale di corsa, fortunatamente non c’era nessuno in giro.
Arrivò all’auto col fiato corto, e non si concesse di guardarsi attorno. Sapeva che, se l’avesse fatto, non avrebbe più avuto il coraggio di andarsene. Buttò il borsone e lo zaino sui sedili posteriori, mise in moto.
Non l’avrebbe più rivisto.
Si allontanò velocemente, e gli parve di sentire una voce che lo chiamava.

Being A Half - KlaineUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum