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Passò qualche giorno, e Blaine non si perse d’animo.
Ogni volta che tornava al Castello, dopo la scuola, sperava di vedere la sua macchina parcheggiata lì fuori, i suoi occhi azzurri pronti a perdonarlo.
Ma non successe mai.
Passò una settimana, poi due, tre. 
Passarono persino gli esami, il diploma del liceo, l’incubo che l’aveva accompagnato per quattro anni.
Andò sotto il salice, il giorno del diploma; tutti i ragazzi erano andati a vederlo, persino Sebastian –sbuffando e con gli occhi perennemente rivolti verso il cielo. 
Ma lui non c’era.
Quell’assenza gli era pesata come un macigno, e aveva sentito il bisogno disperato di ricercarlo; ma quel luogo era desolato, senza di lui. Aveva perso la maggior parte della sua magia.
Rimase ad osservarlo, con quella stupida toga di poliestere appesa al braccio.
Vide la pianta di aloe avvizzita e secca, ma ancora combattiva. 
Corse a prendere dell’acqua; rimase lì tutto il pomeriggio.

                                                                                              ****

Passò un mese. Due, tre.
E Blaine cercava di non scordarsi il colore dei suoi occhi, i tratti delicati del suo viso; si sentiva svuotato, privo di un qualsiasi perché. Andava avanti per forza d’inerzia.
Aveva provato a chiamarlo un’infinità di volte, ma il cellulare risultava sempre staccato, e alla fine rinunciò; ogni tanto, quando la voragine nel suo petto cominciava a bruciare dolorosamente, gli scriveva un messaggio. Magari prima o poi li avrebbe letti, e avrebbe capito. Che loro si appartenevano, e questa cosa non gli faceva più paura; non ora che sapeva cosa volesse dire stare senza di lui.

                                                                                       ****

Quattro mesi. Cinque, sei.
Cominciò a crescere qualcosa, dentro di lui.
Una barriera.
La schiena si fece più forte ed elastica, le braccia più muscolose.
Non faceva più fatica quando tendeva l’arco, Sebastian non aveva più scuse per rivolgergli le sue battute pungenti –che si erano, se possibile, persino moltiplicate da quando Kurt se n’era andato.
Sentiva il lupo sempre più vicino, non riusciva ancora a svegliarlo ogni volta che voleva, ma gli odori e i suoni erano sempre vividi e chiari, senza che dovesse concentrarsi.
Non aveva ancora dimenticato il colore dei suoi occhi.

                                                                                                        ****

Sette mesi.
Ormai frequentava lo Scandals abitualmente; a volte andava con Jeff e Nick; altre, come quella, preferiva andare da solo. A volte aveva bisogno di sedersi al bancone, bersi un paio di drink, andare a casa e dormire, senza sentire ogni singolo istante la presenza prepotente di Kurt in ogni angolo del Castello.
Prese un altro lungo sorso, che gli bruciò un po’ la gola, e riabbassò il bicchiere con lentezza.
“Posso offrirtene un altro?”
Si voltò, trovandosi di fronte due limpidi occhi azzurri.
I suoi sono più chiari. Meno piatti.
Ci pensò un attimo; in fondo, perché no? Il ragazzo era carino: capelli scuri, lineamenti regolari. Niente di speciale.
“Sì, puoi” rispose semplicemente, indicandogli lo sgabello di fianco al suo.
“Io sono Mike” gli strinse la mano; aveva una presa calda, sicura.
“Blaine.”
Contro ogni aspettativa, Mike chiacchierò e basta; non gli importava che Blaine non sembrasse troppo interessato, si limitò a cercare di farlo ridere, di distrarlo. E l’altro finì per rimanerne profondamente impressionato.
Non gli capitava spesso di incontrare ragazzi aperti e gentili, che non pensassero solo ad una sveltina nello squallido bagno del locale.
Fu per questo che gli lasciò il proprio numero; e rispose ai primi messaggi. Scoprì che era una persona estremamente piacevole, di buona compagnia, solare; e fu per questo che ci uscì più volte, per questo permise alle loro labbra di incontrarsi. Forse non sembrò giusto come avrebbe dovuto essere, ma cercò di non farci caso.
Non aveva ancora buttato quel pezzetto di carta.
Tuo. Kurt.

Being A Half - KlaineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora