Io annuisco poco convinta, sicuramente non è una risposta che mi fa piacere ricevere. E soprattutto non so quanto sia vero quello che mi sta dicendo: in fondo come può avere la reale percezione delle cose, se lui stesso assume roba che distorce la realtà?

"Prima di uscire con me hai preso qualcosa?", domando di getto, senza pensarci. Mi rendo conto che non è una domanda da primo appuntamento, eppure mi esce dalle labbra quasi d'istinto. 
Gustav reclina la testa all'indietro con un sospiro. "Onestamente? Sì, ho preso qualcosa", bisbiglia in tono quasi colpevole.
"Comunque non sono affari miei" taglio corto, non mi va di continuare questo discorso perché è troppo delicato da affrontare da brilli e soprattutto non mi va che possa pensare io gli stia facendo un interrogatoria. 

Rimaniamo in silenzio per un po', immobili nelle nostre posizioni, poi Gus prende l'iniziativa e mi appoggia una mano sulla coscia. Sento il suo tocco delicato attraverso i jeans, più sto con lui e poi tutto mi sembra surreale. Davvero ci conosciamo solo da ventiquattr'ore?, penso mentre guardo la sua mano scorrere su e giù lungo la mia coscia. Dalla gamba passa poi al braccio: ora sento le sue dita percorrere la pelle nuda dalla spalla fin giù, verso la mano.

Lo guardo senza capire bene cosa stia succedendo e soprattutto senza sapere cosa voglio e Gus ricambia lo sguardo, pianta i suoi occhi color nocciola sulle mia labbra.

Con un gesto repentino, mi cinge la vita e mi avvicina a sè; mi sposta una ciocca di capelli dal viso e inizia ad accarezzarmi la guancia con il palmo. Io resto immobile, quasi pietrificata, non mi aspettavo questo suo scatto così deciso. Sento il cuore a mille, temo possa fuoriuscirmi dal petto, ma cerco di restare calma e poggio delicatamente una mano sul suo collo, sopra all'inchiostro colorato: toccare la sua pelle mi provoca quasi un nodo allo stomaco.

Io lo guardo e lui mi guarda. I nostri visi sono a pochi centimetri di distanza lungo dall'altro. Non so per quanto restiamo immobili, senza muovere un muscolo né pronunciare una singola sillaba.

Lo vedo avvicinare lentamente il suo viso al mio, una ciocca di capelli rosa gli ricade davanti agli occhi. Senza mai eliminare il contatto diretto con la sua pelle, sposto la mano dal collo verso la sua fronte, tracciando i profili del suo viso, e gli sposto il ciuffo ribelle.

Appoggia il suo naso al mio e chiudo gli occhi. Sto amando la lentezza e la delicatezza di ogni suo gesto, come se volesse dare importanza ad ogni particolare e come se volesse lasciarmi il tempo per tirarmi indietro qualora lo volessi. Mi piace che mi stia facendo attendere ogni suo prossimo movimento, questo aumenta l'urgenza di baciarlo.

Gus sposta il viso e avvicina le labbra alle mie, senza però che si tocchino. Non so come, ma riesco a restare immobile a godermi il momento. Poi, finalmente, si avvicina e mi da un piccolo e delicato bacio sull'angolo della bocca, risalendo poi verso la guancia, fino all'orecchio: "È da quando ti ho vista da Starbucks che vorrei baciarti", bisbiglia con voce profonda, provocandomi un brivido lungo la schiena. Mi mordo le labbra e lui continua a parlare: "Ma voglio fare le cose per bene con te. Non sei come le altre, non voglio correre".

Mi allontano delicatamente, prendendogli il volto fra le mani: "Non c'è fretta", dico con un sorriso dolce. Gli stampo un bacio sulla fronte e gli accarezzo i capelli.

Il momento viene interrotto dal cellulare di Gus che continua a vibrare incessantemente: lui fa una sorta di grugnito e prende il telefono dalla tasca. Bisbiglia un vaffanculo sottovoce e si scusa con me, rispondendo poi alla chiamata.
"Pronto? Che vuoi Tracy? Non rompere i coglioni, bro, non è il momento. Ti ho detto che non posso".
Mentre parla con il suo amico, mi alzo dal divano e vado in cucina a versarmi un bicchiere d'acqua perché sento il bisogno di calmare i bollenti spiriti e darmi un tono. Lo sento inveire ancora contro l'interlocutore, finché non chiude la chiamata con un: "Vaffanculo, devo andare ora. Ci vediamo".

Non faccio in tempo a tornare in salotto, che lui inizia a scusarsi per la chiamata, mi spiega a grandi linee la conversazione: Tracy lo aveva avvisato che aveva una strofa pronta e che lo aspettava in studio, ma Gus aveva rifiatato. Mi sento un po' in colpa per la rinuncia che ha appena fatto perché era a causa mia, infatti lo rassicuro: "Se devi andare, non farti problemi. È il tuo lavoro, posso capire".
"Non devo timbrare il cartellino, sta tranquilla. Lo farò domani", mi risponde, facendo spallucce. Poi aggiunge: "A proposito di lavoro, tu domani ci vai?"
"Purtroppo sí, mi tocca il turno serale: devo chiudere io il bar", sbuffo.
"Senti, allora che ne pensi di passare a trovarmi quando hai finito? Io ed i ragazzi facciano una piccola festicciola tra di noi per celebrare l'imminente uscita di un singolo... vorrei farteli conoscere per bene e presentarteli", mi dice, evidentemente entusiasta.
Non so bene se accettare, non è il genere di festa a cui vorrei partecipare, ma Gus sembra felice ed io non me la sento di dirgli di no: "Mi farebbe piacere". 

The last thing I wanna do // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora