you're the only one that could ever compare

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Il mio capo sta iniziato a pressarmi per tornare al lavoro: coprire i miei turni comincia ad essere difficile, quindi non altra scelta se non rientrare al massimo entro tre giorni, indipendentemente dal mio stato di salute.

Il fatto è che, nel frattempo, Gus è stato chiamato dai suoi manager e gli hanno riferito la data ufficiale della sua partenza per Londra: il suo volo parte tra meno di quarantott'ore.

Da quando mi ha comunicato il giorno esatto del suo trasferimento, ho iniziato a sentirmi psicologicamente di merda. Non riesco più a godermi ogni minuto che passiamo insieme, perchè so che c'è un enorme countdown sopra le nostre teste che sta per scadere. Il nostro tempo è quasi finito ed io non riesco a farmene una ragione, perché ci ho messo tanto a provare di nuovo un interesse per qualcuno e ora che ho trovato Gus, lui è costretto a partire per mesi dall'altra parte del mondo. Mi sembra uno stupido scherzo del destino, come se ci fosse qualcuno che si stia divertendo a vedere la mia vita andare sempre peggio ed a vedermi perdere una persona dietro, l'altra giorno dopo giorno.

"Ti va di aiutarmi a preparare i bagagli?", mi chiede Gus, interrompendo improvvisamente ciò che sta facendo ad un certo punto.

Anche lui è palesemente triste ultimamente e si sta drogando più del solito, seppure comunque la mia presenza lo inibisca: anche solo sapere che ci vedremo nell'arco di qualche ora lo frena dal farsi troppo; ma, in ogni caso, non l'ho più visto completamente sobrio dalla sera del litigio. Ha avuto anche un tracollo importante e si è rasato a zero i capelli, come Britney Spears nel 2007: per me é stato un colpo vederlo senza le sue ciocche colorate e ci ho messo un po' ad abituarmi al suo nuovo look.
"Un cambiamento porta con sé altri cambiamenti", mi aveva detto, ancora con la macchinetta in mano, per giustificare quel gesto improvviso.

Mi alzo dal suo letto ed inizio silenziosamente a tirare fuori i suoi vestiti dall'armadio, cerco di ripiegarli al meglio e li poggio nella valigia aperta in un angolo della stanza.

"Ti senti pronto?", gli domando. Finora abbiamo cercato di evitare l'argomento per non intristirci ancora di più, ma mi sembra sia giunto il momento di affrontare la cosa.
Lui fa spallucce: "Non ho altra scelta".

Estraggo dall'armadio la felpa gialla che mi aveva prestato la sera in cui avevamo fatto l'amore per la prima volta, proprio in questa stanza. Mi blocco a fissarla, come per rievocare i ricordi risalenti a solo un paio di settimane fa. Gus si accorge che mi sono immobilizzata e smette di fare quello che sta facendo per avvicinarsi a me: "Tutto bene?", mi chiede dolcemente, abbracciandomi da dietro.
"Sì, è solo che mi è capitata tra le mani questa felpa. Te la ricordi?".
"Certo. Puoi tenerla se vuoi".
Gli sorrido per ringraziarlo e la poggio in disparte rispetto a tutte le altre cose, così che poi possa portarmela a casa. Sono contenta che mi abbia chiesto di tenerla, avrò bisogno di avere qualcosa fisicamente suo mentre lui sarà lontano.

"Non riesco a crederci che tra meno di due giorni sarai a Londra", esordisco.
"Lo so, è successo tutto così in fretta... però sono entusiasta di lavorare con nuove persone", mi dice, con un sorriso triste disegnato sulle labbra.
"Come l'hanno presa i tuoi amici?", gli chiedo tentennante. Non avevo ancora avuto il coraggio di chiederglielo.
"Non benissimo. Abbiamo litigato di brutto. Sopratutto con Tracy: dice che sono irriconoscente e un ingrato del cazzo, che non dovrei essere così egoista dopo tutto quello che la GBC ha fatto per me".
Mi racconta tutto con tono piuttosto distaccato, come se non gli importasse granché, ma so che in realtà ci soffre molto per questa cosa.
"Avete smesso di parlarvi?".
"Forse quando tornerò da Londra avremo modo di sistemare le cose, ma per ora non ho voglia di sprecare tempo a spiegarmi con lui: è mio fratello, dovrebbe essere felice per me, invece non fa altro che farmi sentire una merda per le occasioni che mi stanno offrendo, come se poi fosse colpa mia".

Gli poggio una mano sulla spalla, cercando di rassicurarlo: "Dopo tutto quello che avete trascorso insieme, non può finire così la vostra amicizia. Vedrai che avrete una seconda opportunità prima o poi".

Continuiamo a svuotare l'armadio ed a piegare i vestiti nella valigia, senza dire una parola. Nonostante sia in silenzio, nella mia testa c'è un casino colossale: milioni di domande senza risposta e tanti dubbi riguardo al futuro.

Smetto improvvisamente di ripiegare i vestiti e mi blocco a fissarlo, lui se ne accorge e mi guarda accigliato: "Che c'è?".
"Devo farti una domanda", rivelo, tutto d'un fiato. In realtà mi sto tenendo dentro questa cosa da diversi giorni, ma non ho mai trovato il coraggio e soprattutto il momento giusto per tirare fuori l'argomento: "Noi due... cosa siamo?".

Non appena pronuncio quella frase, vedo Gus immobilizzassi e sul suo viso si disegna un'espressione sorpresa.
"Stiamo insieme, mi sembrava abbastanza chiaro. Non sapevo avessi bisogno di ufficializzarlo a parole", mi risponde divertito, quasi prendendomi in giro.
"Non è questo, ma avevo solo bisogno di sapere cosa aspettarmi".
"Che intendi?".
"Beh, inizi una nuova vita, in una nuova città e con gente nuova...".

Gus solleva le sopracciglia e, per la prima volta dopo diversi giorni, lo vedo ridere: "Hai paura che possa incontrare altre ragazze?".
Non voglio ammetterlo, quindi non gli rispondo direttamente e mi limito ad abbassare lo sguardo.
"Bianca, non giriamoci attorno: conoscerò sicuramente altre ragazze e tante di loro sicuramente mi si butteranno addosso".
"Staresti cercando di tranquillizzarmi? Perchè non sta funzionando molto", sbuffo e incrocio le braccia al petto, ma Gus mi avvicina a sé, trascinandomi delicatamente per un braccio e facendo sparire alla svelta il mio broncio.
"No, voglio solo dirti la verità. Aspettati decine di ragazze che mi gireranno attorno , ma aspettati anche che non le degnerò nemmeno di uno sguardo".
Mi prende il viso tra le mani e mi da un bacio a stampo sulle labbra.
"È facile dirlo ora... Non credo sarà la stessa cosa quando te le ritroverai appiccicate, mentre faranno di tutto per impressionarti", gli dico, tenendo lo sguardo basso: non riesco a guardarlo dritto negli occhi perché mi sento troppo vulnerabile in questo momento.

"Senti, se vuoi... possiamo lasciarci mentre stai a Londra", bisbiglio con poca convinzione: "Quando tornerai a Los Angeles potremo rivederci e riparlarne. Io ti aspetterò qui Gus, ma almeno così vivresti questi mesi senza preoccupazioni, capisci cosa intendo?".

Nel pronunciare quelle parole sento un dolore al petto: è mai possibile che sia innamorata di lui al punto da mettermi da sola in secondo piano? La mia felicità viene dopo la sua, tant'è che sono disposta anche a lasciarlo, così che possa essere libero di sbagliare senza sensi di colpa.

"Bianca, smettila di dire cazzate. Anche se andassi a Londra single, non mi interesserebbe comunque guardarmi in giro. Ho già trovato quello che cercavo e non ho intenzione di lasciarti, perché non me ne frega un cazzo di scoparmi altra gente: sarei solo un coglione se facessi qualcosa che metterebbe a rischio la nostra relazione. Devi fidarti di me".

Lo abbraccio stretto a me, più forte che posso. Non è facile trattenermi dal piangere, ma ci provo con tutta ne stessa, perché non voglio che uno dei nostri ultimi giorni insieme sia bagnato dalle lacrime.

"Ti comprerò i biglietti aerei ogni volta che vorrai venire a trovarmi e ti aspetterò all'aeroporto, impaziente di insegnarti l'accento British", mi dice, scoppiando a ridere e imitando malamente l'inglese britannico. Poi torna all'improvviso serio: "Mi mancherai tanto, lo sai?".

Gli accarezzo la testa praticamente pelata, ancora non mi sono abituata a non giocare più con le sue ciocche di capelli ribelli e colorate: "Anche tu", gli dico, trattenendo le lacrime e sprofondando il viso nel suo petto.

The last thing I wanna do // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora