46 - Spegnere la luce

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[178 giorni dall'arrivo di Osamu Dazai]

Era un lunedì sera. Chuuya era in attesa che qualcuno gli aprisse, davanti a casa di Dazai dopo il solito pomeriggio con i suoi bimbi sadici preferiti. Aveva passato il week end con la zia, che era appena ripartita, questa volta per Los Angeles. Non vedeva Dazai dal venerdì precedente, quella mattina infatti per qualche ragione sconosciuta a Chuuya, il suo ragazzo aveva saltato le lezioni. Chuuya aveva provato a mandargli un messaggio, ma come suo solito Dazai non aveva risposto... Purtroppo aveva la stramaledetta abitudine di avere sempre il telefono spento o scarico.

Una volta sceso dalla sua inseparabile moto Chuuya aveva suonato al grande cancello, che diversamente dal solito aveva trovato chiuso, ed era rimasto in attesa che qualcuno gli aprisse e lo facesse entrare.

Dopo un tempo che gli parve interminabile vide il maggiordomo raggiungerlo attraverso il viale che tagliava in due il verde del parto con una piccola cesta tra le mani.

Chuuya agrottò le sopracciglia trovando tutta quella situazione parecchio strana e allontanò lo strano presentimento che aveva cominciato a insinuarsi in lui.

Il maggiordomo, con il quale Chuuya aveva scambiato fino a quel momento solo poche parole di circostanza, lo raggiunse e aprendo appena il cancello gli mise tra le mani la cesta.
Chuuya la fissò sempre più stranito, dentro c'era Yoru adagiato su un cuscino che sonnecchiava pacifico e una piccola busta bianca, infilata tra i cuscini e la parate di vimini.

- Co-Cosa?

Balbettò Chuuya non capendo, non volendo capire.

- Mi dispiace.

Disse soltanto il maggiordomo prima di richiudere il cancello lasciando Chuuya fuori.

Chuuya era talmente felice in quei giorni che la possibilità che tutto potesse andare in pezzi gli era sembrata così lontana. Era stato solo un illuso.

Eppure la verità nascosta in quei fatti e in quei gesti sembrava così folle e così... Sbagliata.

Non lo stavano mandando via... Non potevano farlo... No... No...

- Aspetti!

Gridò al maggiordomo che si era già avviato verso la casa, Yoru a sentire il suo grido aprì gli occhi e sobbalzò.
L'uomo guardò Chuuya con uno sguardo misto pietà e compassione, prima di tornare a casa senza spiaccicare un'altra parola, indicò con un cenno del capo la busta bianca nella cesta.

- Aspetti, la prego! Che succede? Dov'è Dazai? Sta bene?

- Posso solo dirle, che il signorino è partito sta mattina. Buona serata.

Disse infine il maggiordomo leggermente intenerito dallo sguardo disperato di Chuuya.

Partito? Partito per dove? E perché io non ne sapevo nulla? E tutte le mie cose? E Dazai? Dov'è Dazai? I suoi baci? Il suo calore? Dov'è andato? Perchè non me l'ha detto?

Lo sguardo confuso e carico di domande di Chuuya si posò sulla busta bianca segnata su un lato dalla scrittura ordinata di Dazai. "Per Chuuya" c'era scritto soltanto.

Chuuya deglutì, probabilmente avrebbe trovato tutte lì le risposte alle sue mille domande, fu tentato di aprirla sul colpo e leggerla lì, in mezzo alla strada. Ma poi cambiò idea, qualsiasi cosa fosse probabilmente sarebbe stato meglio affrontarla a casa nel silenzio di quelle fragili mura e piccole stanze.

Così il giovane, dopo aver provato a chiamare il suo ragazzo al cellulare per ricevere solo il monotono tu-tu come risposta assicurò la cesta con il piccolo gatto nero sulla moto, accertandosi che la bestiolina rimanesse al sicuro e non rischiasse di cadere fuori ed era partito diretto verso quel luogo che da quel giorno sarebbe diventata la sua unica casa.


We are falling like the stars - SoukokuWhere stories live. Discover now