Capitolo 7

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-Stai bene?- l'azzurro ghiacciato dei suoi occhi aveva lasciato il posto ad un blu profondo. Il suo respiro era corto e continuava a guardarsi attorno nervoso come se cercasse qualcosa.

-Che sei venuto a fare?- ripetei ostinata. Ero sempre stata orgogliosa e rifiutavo insistentemente l'aiuto degli altri. Soprattutto in quella situazione con le lacrime in gola. Non avevo nessuna intenzione di sembrare la tipica principessa da salvare.

-Per favore puoi dirmi se stai bene? Non posso venire a controllare.- la sua voce trasudava frustrazione e preoccupazione. Il suo tono mi incuriosì e mi decisi a rispondere.

-Si, sto bene- mentii, le costole del lato sinistro mi dolevano enormemente e mi preoccupava che ci potesse essere qualcosa di rotto.

-Allora mi serve che mi aiuti. Prendi il timone e punta dritto davanti a te.- disse pragmatico indicando un punto a caso, mentre infilava due dita in bocca soffiando in modo da produrre un fischio acuto. Al suo segnale due ragazzi ben piazzati si posizionarono nel punto da lui indicato -Punta verso Luigi e Arturo, i due ragazzi in spiaggia.-

Io lo guardai un attimo per sincerarmi che non avesse peso qualche rotella.

-Ma in che senso?- chiesi confusa.

-Fortuna che dicono che tu sia intelligente, non è tanto difficile. Vai a tutta manetta, io tiro su il motore all'ultimo e i ragazzi ci portano su. Fai attenzione alla brusca frenata non vorrei che ti peggiorassi quelle costole.- disse lui abbassando lo sguardo, come se sentisse su di se il mio dolore.

Io deglutii infastidita, non ero sicura che sarei riuscita a schiantarmi a tutta velocità sulla sabbia ma decisi di provarci. Lui mi portò davanti al punto indicato, mi lascio il timone e mi disse di aspettare il segnale. Le forti onde ci facevano spostare verso destra quindi dovevo stare ben attenta alla traiettoria. Stavo tremando sia dal freddo che dalla paura, ma preferivo attribuirlo più all'acqua gelata che mi scorreva addosso a fiumi e al mio poco abbigliamento, che constava in un costume e un pareo entrambi con motivi floreali coperti dal salvagente gocciolante.

Senti la sua mano bollente posarsi sulla mia spalla e la sua voce giungermi alle orecchie mentre urlava "ora".

Tenendo gli occhi ben aperti nonostante la volontà di chiuderli fosse estremamente forte partii diretta verso i due ragazzi. Avvicinandoci alla spiaggia sentii nettamente lo schiocco del motore che si sganciava e poi le braccia di Edoardo che mi avvolgevano il torace salvaguardando le mie costole da altre botte, che sicuramente non avrebbero retto.

Luca e Arturo, i due ragazzi, presero il gommone a prua per le bitte e lo tirarono sulla sabbia apparentemente senza alcuno sforzo.

Evidentemente i miei sforzi per non crollare difronte ad estranei vennero meno per il sollievo di essere finalmente a terra e mentre venivo sollevata di peso dal gommone non cercai in alcun modo di divincolarmi.

L'adrenalina che mi aveva permesso di reggere fino a qual momento era venuta meno e il dolore alle costole si era mille volte intensificato. Una mia smorfia fece capire a Edoardo che non avrei retto ancora a lungo.

-Gli altri sono a posto?- chiese rivolto ai due ragazzi che ci avevano tirato sulla sabbia.

-Tutto okay, Irene si sta occupando di loro- rispose il ragazzo biondo.

-Okay, andate pure- i ragazzi fecero un segno con il capo e si dileguarono lasciandoci da soli in spiaggia sotto la forte pioggia battente.

-Ce la fai?- mi chiese rivolgendosi a me non una dolcezza che non avevo mai sentito prima.

Questo, sommato alle altre cose accadute qual giorno, mi diede il colpo di grazia. Calde lacrime cominciarono a solcarmi le guance mentre brividi di freddo mi facevano dolere sempre di più il costato. Al contempo scuotevo la testa segno che no, non ce la facevo.

Senza aggiungere altro mi fece sedere sulla sabbia e formò con il suo corpo un bozzolo protettivo che sprigionava calore. Confortata dal suo abbraccio poggiai la testa nell'incavo del suo collo lasciando che le mie lacrime salate si mescolassero all'acqua del mare che ci bagnava.

Rimanemmo così per qualche minuto fino a che non mi resi conto che il suo corpo stava emanando molto più calore di quanto non fosse umanamente possibile. Alzai lo sguardo su di lui e vidi il suo volto da così vicino per la prima volta. Teneva gli occhi chiusi, come assorto nel suo compito. Lunghe ciglia nere erano incastonate di innumerevoli gocce d'acqua. Gli zigomi alti e marcati gli conferivano un aspetto statuario. Qualche ricciolo sfuggiva al codino che teneva stretto dietro la nuca donandogli un non so che selvaggio.

La mia attenzione però venne attirata da altro. Una luce brillava in mezzo al suo petto, abbassai lo sguardo e vidi il rubino emanare un bagliore giallo-rossastro pulsante, quasi fosse un cuore che batteva.

Feci per prenderlo in mano ma questa venne bloccata in modo fulmineo da una delle sue, ben più grandi di quella che stringeva. Mi fissò negli occhi e notai che il colore delle sue iridi era ancora una volta diverso. Plumbeo, come il cielo sopra di noi.

-Andiamo, ti porto a casa mia per farti controllare quelle costole da mia madre.-

E con quella frase, tutta l'armonia che c'era stata fino a quel momento scomparve. Quando sciolse il nostro abbraccio provai un vero e proprio dolore fisico che mi parve leggere anche in lui.

-Chi è tua madre?- chiesi dato che non sapevo neanche chi fosse lui in realtà, ma qualcosa mi spingeva a fidarmi di lui.

-È un medico, ti controllerà per vedere che non ci sia niente di rotto. Seguimi.-.

Detto questo mi prese per mano e mi fece strada. Non passammo dalla discesa a mare del campeggio ma ci inerpicammo per una stretta stradina in salita costeggiata da erba gialla.

La pioggia si era attenuata e le nubi sopra di noi avevano cominciato a schiarirsi.

-Ma il gommone...- cominciai io preoccupata voltandomi e non vedendolo più in spiaggia.

-I miei ragazzi lo stanno ormeggiando al porticciolo, tranquilla. Riporteranno chiavi è tutto il resto alla roulotte.- disse lui pratico.

-O...okay, lavorano per te?- chiesi curiosa non sapendo cosa facesse lui per vivere ma anche per distrarmi dal dolore pulsante al torace.

-Possiamo dire di sì, immagino.- detto questo proseguimmo in silenzio fino a raggiungere una casa in muratura nascosta alla vista dei curiosi da una folta vegetazione.

-Tu vivi qui?- chiesi esterrefatta, la facciata era di un rosa pesca sgargiante con infissi verde abete che contrastavano alla perfezione. Era tutto molto curato, il piccolo giardino era ricolmo di fiori di tutte le gradazioni dell'arcobaleno.

-Già, ignora mio padre per cortesia- disse mentre la porta blindata veniva aperta da un signore burbero sui 50 anni, con i capelli grigi e un'espressione turbata e adirata al tempo stesso.

Edoardo mi strinse forte la mano come se la mia presenza servisse a lui per affrontare quell'uomo, suo padre.

Una voce tuonante e iraconda ci circondò quando lui disse:
-Che diavolo ci fa lei qui?-.

Lupo di mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora