Capitolo 30

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Sentii una mano sulla spalla, troppo piccola per essere di Edoardo. Mi voltai e vidi una ragazzina che mi sorrideva dispiaciuta.

-Vieni con me.- mi disse, una pietra blu brillava al suo collo, incastonata nell'oro.

A quel punto la riconobbi.

-Sei Aurora? La sorella di Edoardo.- dissi io.

Lei annui nel buio illuminato dalla fievole luce della luna. Mi prese per mano e mi fece proseguire per qualche metro. Mentre la seguivo mi chiedevo come potesse quella ragazzina di circa 14 anni essere sveglia a quell'ora tarda.

-Puoi dormire nel letto in più che ho in camera, però non devi assolutamente fare rumore. I miei non devono sapere che sei con me.- disse a bassa voce mentre ci avvicinavamo a casa sua.

Io annuii e poi rabbrividii al pensiero di entrare in quella casa, dove il padre sicuramente non voleva che io mettessi piede.

Salimmo le scale di legno in religioso silenzio facendo attenzione a non far scricchiolare niente. Una volta raggiunta la camera faci un sospiro di sollievo.

Lei mi mostrò il bagno e poi si sdraiò sul letto senza rivolgermi più la parola. Io mi lavai velocemente il viso e poi estrassi dallo zaino il mio pigiama. Mi infilai sotto le coperte e Aurora lo interpretò come segnale per spegnere la luce.

-Grazie.- sussurrai flebilmente nel buio della camera.

Lei non rispose, ma speravo avesse capito che le ero davvero grata.

******

Mi svegliai non riconoscendo il posto in cui ero, il soffitto rosa non mi era affatto familiare. Poi ricordai, il viaggio in auto, il falò, Edoardo, il vomito e Aurora.

Vagai con lo sguardo nella stanza illuminata dal sole e vidi una distesa di capelli neri e riccioli accanto alla mia mano destra.

Cercai di non agitarmi, volevo richiudere gli occhi ma il mio cuore mi tradì e comincio a battere al doppio della velocità.

Edoardo sollevò la testa di scatto e mi strinse la mano tra le sue. Non lo avevo mai visto così. Aveva gli occhi estremamente arrossati, delle occhiaie scure rendevano l'azzurro dei suoi occhi più spento e sembrava davvero disperato.

-Scusa- sussurrò con voce roca.

Io chiusi gli occhi e inspirai lentamente. Lo avevo lasciato solo con un biglietto come giustificazione e non mi ero più fatta sentire. Non era lui quello nel torto. Ma la mia mente decise che quello fosse il momento migliore per rievocare la scena della sera precedente.

-Okay- dissi soltanto, in fin dei conti se non si può dire qualcosa di carino è meglio stare zitti.

Ci fissammo a lungo negli occhi fino a che non ebbi il coraggio di aprire di nuovo bocca.

-Come mi hai trovata?-.

-Ti ho cercata per tutta la notte, le tue amiche mi hanno chiamato chiedendomi se fossimo insieme dato che non rispondevi al telefono, io gli ho detto di sì, tranquilla- disse vedendo che mi stavo girando per prendere il cellulare- alla fine questa mattina quella deficiente di mia sorella si è degnata di dirmi che eri qui, in camera sua. Volevo strangolarla.-.

-Perché non te l'ha detto subito?- chiesi io incuriosita.

-Beh, diciamo...diciamo che non mi sono comportato molto bene nell'ultimo periodo. La sua era una vendetta.- disse abbassando lo sguardo.

-Scusa- quello fu il mio turno di chiedere perdono- scusa per essermene andata come me ne sono andata e per non essermi più fatta sentire. Non volevo farti soffrire ma avevo bisogno dei miei spazi e tu non eri intenzionato a darmeli.-.

-Lo so, mi sono comportato da stupido.-.

-Lo abbiamo fatto entrambi.- precisai io.

Cominciò a disegnare lenti cerchi sulla mia mano che mi fecero rilassare all'istante. Mi decisi a dirgli ciò per cui ero andata lì.

-Voglio Unirmi a te.- dissi tutto in un fiato, per evitare di ripensarci.

Lui scosse la testa e abbassò lo sguardo. Io fui presa dal panico, non mi voleva più. Il mio cuore si mise a battere così forte che lui si decise a guardarmi nuovamente.

-Non posso chiederti di fare questo, ho visto che non sei pronta e non voglio che tu poi te ne penta.- disse lui continuando ad accarezzarmi la mano.

-Tu non mi stai chiedendo proprio niente, io voglio farlo.- dissi cercando di convincerlo delle mie intenzioni.

Mi misi a sedere e gli allaccia le mani attorno al collo, di modo che fossimo più o meno alla stessa altezza.

-Penso che tu sia influenzata da altro.- disse lui.

-Non è così, sono andata via proprio perché lo pensavo anche io ma non è così.-.

Lui mi fissò dritto negli occhi e poi mi prese le braccia per staccarsele di dosso. Si alzò e si mise a girare per la stanza. Quando faceva così sembrava un animale in gabbia.

-Dammi un attimo.- disse uscendo dalla camera.

Io rimasi qualche secondo a fissare la porta chiedendomi cosa fosse successo. Poi mi alzai e mi fiondai in bagno, mi stava per scoppiare la vescica.

Mi vestii con il cambio che avevo nello zaino e accesi il telefono per parlare con le mie amiche. Vidi che c'erano tre chiamare perse da ognuna di loro.

Scrissi nel gruppo che avevamo in comunque che dovevano stare tranquille, che ero con Edoardo e che potevano tornare a casa perché io sarei rimasta qualche giorno. Dovevo assolutamente convincerlo che volevo Unirmi a lui e lo volevo io, senza influenze.

Mentre aspettavo seduta sul bordo del letto dopo essermi pettinata e lavata i denti, sentii delle voci concitate al piano di sotto. Edoardo stava litigando con i suoi genitori, molto probabilmente io ero la causa.

Dopo poco sentii dei passi pesanti salire la scala di legno e un gentile bussare alla porta della camera di Aurora.

Entrò Edoardo con un'espressione indecifrabile, mi disse di seguirlo perché saremmo andati a casa sua "per continuare la discussione". Non avevo neanche capito che stessimo discutendo. Uscendo di casa sperai di incontrare Aurora ma non vidi nessuno.

Camminammo in religioso silenzio fino a raggiungere casa sua, ma lui non aprì la porta. Si fermò vicino all'uscio e si passo una mano tra i capelli.

-Perché vuoi farlo? Sei venuta per farmi stare male di nuovo?- chiese lui in un impeto di rabbia.

Io lo guardai confusa, non capivo a cosa si stesse riferendo.

-No, non voglio farti stare male, perché la pensi così.- dissi cercando di non indietreggiare, facendomi coraggio e preparandomi ad affrontare la sua collera.

-Non capisco, perché avresti cambiato idea? Un mese fa te ne sei andata senza neanche degnarti di un saluto e ora eccoti qua.- disse indicandomi, con la voce ferita.

Io non avevo compreso di avergli fatto tanto male.

-Non ho cambiato idea, dovevo capire per quale motivo ogni fibra del mio corpo volesse Unirsi a te, e non solo attraverso la cerimonia di voi lupi. Da quando sono tornata a casa sono stata male, sentivo un dolore profondo al petto, mi faceva fatica respirare. Mi sono resa conto del perché...- mi fermai perché non mi venivano le parole.

Lui mi guardò in attesa, sempre molto diffidente e sulla difensiva. Allora io mi avvicinai fino a poggiargli una mano sul petto, proprio sopra al cuore. Sembrava trasudare diffidenza come quando ci si avvicina a un animale selvatico che non ha più vie di fuga.

-Perchè?- disse lui quasi in un sussurro.

-Perché io ti amo.-.

Lupo di mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora