«Siamo tornati di nuovo a questo punto?» le chiedo, cominciando ad innervosirmi per il suo continuo chiudersi in se stessa, nonostante le abbia ormai mostrato più e più volte che sono sempre al suo lato pronto ad offrirle una spalla su cui piangere.

Distoglie lo sguardo, riportandolo alla sua mano ferita e ricoprendolo dal primo strato di benda, arrotolandolo lentamente e con cautela al palmo e al dorso, non senza qualche smorfia che le balena sul viso per sparire immediatamente. Lei e il suo dannato orgoglio. Forse non si ricorda che l'ho assistita durante uno dei momenti più dolorosi della sua vita.

«È solo un graffio,» mormora, scuotendo la testa, «ho preso male una roccia, tutto qui» dice, ma la vedo deglutire nervosamente e chiudere gli occhi.

«Kayla» la richiamo sfinito. So che non mi sta dicendo tutto.

Seguono minuti di silenzio: finisce di bendarsi la mano e poi appoggia il palmo sano al lavandino, chinando la testa e il corpo. Scorgo delle gocce trasparenti toccare il lavabo e mescolarsi a quelle di sangue.

«In quei brevi istanti nel fiume in cui mi sono accorta che se non avessi fatto qualcosa sarei morta, ho pensato solo per un attimo di lasciarmi affogare, così avrei potuto rivederla un'ultima volta.» Alza il viso verso il soffitto, le lacrime che le scendono copiose dagli occhi e le braccia che le tremano dall'emozione.

La sua rivelazione mi arriva come una pugnalata dritta al cuore. So che stava ancora soffrendo per la morte di Ebony, ma credevo che fosse riuscita a metabolizzarla meglio, o almeno mi sembrava così. Stava solo cercando di convincere se stessa che fosse così. E poi, io stesso non sarei stato in grado di accettare la sua di morte, non dopo tutto quello che ha fatto per noi, per me, e non dopo ciò che c'è stato tra noi. Mi avvicino a lei, stringendola forte tra le mie braccia mentre continua a singhiozzare e a lasciar uscire parte del dolore che prova dentro di sè.

«Andrà m-»

«Cazzate! Tu non hai idea cosa significhi perderli tutti quanti due volte!» Si divincola dall'abbraccio, accusandomi con un dito puntato verso il mio petto. «La prima volta credevo fosse devastante, non sapevo cosa mi aspettasse dopo!»

Apro la bocca per ribattere, ma la richiudo istanti dopo; ha ragione, io non ho idea di cosa stia passando e le mie parole sarebbero tutto fuorchè di conforto. Quindi sto zitto, permettendole di sfogarsi: alcune volte si vorrebbe solo avere qualcuno che ascolta.

Si sfrega le mani sul viso con frustrazione con il corpo ancora tremante. Prende qualche respiro tra i singhiozzi ravvicinati, provando a calmarsi anche se le lacrime non danno segno di volersi fermare. Allora si siede sulla tavola del water, abbracciando con le braccia il suo stesso corpo.

«Affrontare la perdita dei miei genitori era una cosa- è stato straziante, ma in qualche modo l'ho accettata. Ma affrontare la sua... non so se riuscirò a farcela.»

Il fatto che mi stia rivelando i suoi pensieri e le sue preoccupazioni più intime mi fa stringere il cuore. La morte di Ebony non solo l'ha sconvolta ad un livello molto più profondo, ma l'ha completamente spezzata. Come non farlo, del resto? Il loro legame profondo è stato visibile fin dal primo momento: è come se una parte della sua coscienza avesse deciso di abbandonarla improvvisamente. Mi sentirei perso anche io.

La preoccupazione e la disperazione che sto provando da quando Elyse ha detto che si sono dovuti separare per l'attacco improvviso dei Vaganti mi sta lacerando ogni giorno di più. Sono terrorizzato dall'idea di non rivederli più e il senso di colpa si sta insinuando dentro di me con ogni istante che passa, mentre continuo a ripensare alle diverse scelte che avrei potuto fare nel passato per cambiare il mio e il loro futuro. La risposta è impossibile, sicuramente un paradosso e non riesco a pentirmi del fatto di essere rimasto a prendermi cura di Kayla.

Il fatto di non riuscire ad accettare l'idea che possano essere tutti morti è la cosa che fa andare avanti: la speranza che io possa trovarli di nuovo, proprio come Kayla ritrovò Ebony. Quante possibilità c'erano che riuscissero ad incontrarsi di nuovo? Pari a zero. Invece, le mie probabilità si alzano corrisposte dal fatto che noi ci stiamo cercando a vicenda.

«Voglio ringraziarti,» inizio, schiarendomi la voce, «per aver rischiato la vita per una causa che non ti riguarda.»

«Mi riguarda, eccome. Ho provato tante volte a rimanere distante, ma il risultato non mi ha portato da nessuna parte.» Alza lo sguardo su di me. «Mi hanno salvato la vita più di una volta, a partire da Wayne su quel tetto. Sono- siete brave persone; farei il secondo errore più grosso della mia vita a non aiutarvi.»

Le prendo la mano sana, stringendola nella mia e facendole un cenno di gratitudine nella sua direzione e rimaniamo così per qualche minuto, in completo silenzio, attingendo l'uno dalla forza dell'altra.

Cavolo, mi mancano terribilmente. Dal passare ogni giorno assieme a loro a non sapere nemmeno se sono ancora vivi e se stanno bene mi fa dolere il cuore. Con Wayne e Blaine ho condiviso praticamente ogni istante della mia vita da quando è iniziata l'Apocalisse: da quando ho visto Wayne il primo giorno al bar e mi ba accolto subito con un sorriso caloroso, a quando Blaine mi ha insegnato a sparare le bottiglie vuote del bar di Travis con proiettili di gomma.

Lasciare alle spalle Lynton è stato comunque doloroso: nonostante non sia morto terribilmente - grazie al cielo -, non l'avremmo più rivisto. Lui e la sua testa piena di idee geniali e di sogni irrealizzati ma ai quali non ha mai smesso di credere. Pensavo fosse un pazzo, un sognatore illuso ed ingenuo; in realtà è sempre stato il suo modo di affrontare la realtà ed andare avanti e ha funzionato.

«Dovresti sparare un altro razzo.» Kayla lascia andare la mia mano e si alza dal water, raccogliendo bende e bottiglia, ormai vuota, dal lavandino. «Siamo anche più in alto; c'è più possibilità che lo vedano adesso.»

«Sì... sì, hai ragione.» Mi schiarisco la voce un paio di volte, lanciandole un'ultima occhiata prima di uscire dal bagno per lasciarle i suoi spazi, anche sento subito la porta riaprirsi alle mie spalle.

«Dai la mia razione a Margaret» dice con sguardo afflitto, sapendo ormai troppo bene che se non troviamo cibo nelle prossime ore, moriremo di stenti. «Domani esco la mattina presto, ho solo bisogno di qualche goccio d'acqua.»

«Certo» le rispondo, sospirando rumorosamente. Non so cos'altro dirle.

Torno in salotto con le spalle curve e prendo la pistola lanciarazzi. Apro la finestra e premo il grilletto, rimanendo poi a guardare il modo in cui raggiunge il cielo, lasciando dietro di sè una scia, quasi fosse una stella cadente e poi esplode in aria come fuochi d'artificio.

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Alive - Prova a sopravvivereWhere stories live. Discover now