Capitolo 10 - L'Accademia di Astral

374 31 4
                                    

Capitolo 10 - L'Accademia di Astral


Instabile, con la testa e lo stomaco in subbuglio, arrivai su un manto erboso.

Sentivo delle voci, non troppo lontane.

Strizzai gli occhi, cercando di mettere a fuoco, quel che mi stava in torno.

Ero inginocchiata, in modo scomposto, e sulle mie gambe vi era disposta una lettera.

La presi, e cautamente l’aprì.

“Immagina un volto femminile della tua età”

Me la rigirai tra le mani, ma solo quello vi era scritto, con una elegante calligrafia.

Mi passai una mano trai capelli e mi stupì nel sentirli arrivare a mala pena a metà collo, non toccavano più le spalle.

Mi guardai intorno.

Notai, che affianco a me vi era un lago e a carponi lo raggiunsi.

Titubante mi ci specchiai e impallidì nel non riconoscermi.

Avevo i capelli neri, corti a caschetto, e la frangetta. Gli occhi turchesi.

L’unica cosa che non era cambiata, era il colore della mia pelle, che era rimasta pallida.

Toccai la superficie trasparente, rabbrividendo nel vedere che i movimenti da me imposti, venivano riflessi assieme a quello strano volto.

Mi alzai in piedi.

Indossavo ancora lo stesso vestito e con piacevole sorpresa, capì che il mio corpo non aveva subito nessuna mutazione.

<< Ehi tu, non puoi stare qui >>

Mi voltai, dietro al cespuglio, vi era in piedi, una donna magra, non troppo alta, che dimostrava una cinquantina d’anni.

Aveva i capelli ramati e indossava un paio di occhiali spessi, coi quali, probabilmente, cercava di nascondere il naso lungo.

<< Mi dispiace, sono nuova, e credo di essermi persa >> dissi con voce tremante.

Non so come avevo fatto a non vederla sino adesso.

Dietro alla donna, vi era un’imponente costruzione.

Fui costretta ad alzare lo sguardo, anche se l’edificio non era vicino, per riuscire a veder sin dove si stagliava.

La donna sospirò, << non ho sentito di nessun nuovo arrivato, previsto per oggi, comunque seguimi >>

Afferrai la valigia, che era appoggiata a un albero a me prossimo, e iniziai a correre, dato che la mia guida, aveva un passo al dir poco svelto.

Passammo attraverso quello che doveva essere il giardino.

Vi erano molte panchine e chioschi, ma erano tutti vuoti, doveva essere orario di lezione.

Svoltammo a destra, e dopo aver scansato il ramo di un pioppo, arrivammo all’entrata.

Era tutto molto blu.

Non un blu carico, ma era pur sempre strano che una pietra di tale colore, fosse utilizzata per la costruzione di un edificio didattico.

Ogni finestra era incorniciata da, quello che forse era, marmo bianco, il quale era scolpito, a forma di diverse tipologie di fiori, in modo, che nessuna, ne presentasse di uguale.

Aveva una forma a “u”, appariva severo nelle sue linee, ma morbido nelle sue decorazioni, che continuavano a lasciarmi senza parole, per la maestria, con la quale le piante erano così verosimilmente riprodotte.

KaosWhere stories live. Discover now