Capitolo 21 - La mia prima bugia a Iarlaith

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Capitolo 21 – La mia prima bugia a Iarlaith

Quando ero piccola non avevo mai sognato di conoscere un principe. Sarebbe stato stupido, quando con me avevo già El.

Quando poi, questo, mi aveva lasciata, molte delle mie infantili fantasie si erano dissolte con lui.

Adesso, però, mi ero appena imbattuta in uno di loro.

Anche se, secondo El, avevo già incontrato un Re.

Più guardavo Iarlaith, più ero certa, che non si trattasse di colui che mi aveva tenuto richiusa nel suo castello. Anche se sapevo di dover far attenzione.

Il Giglio, infatti, poteva essere sincero, in ciò che diceva, ma aveva ammesso che i suoi genitori lo ricordavano completamente diverso, prima che cadesse nella Rimembranza.

Che avessi, quindi, fatto una spiacevole conoscenza, rincontrando l'uomo che mi aveva segregato?

Era un'ipotesi che non mi sentivo del tutto di poter escludere. Senza contare che una Kerres non si sarebbe mai dovuta avvicinare a un Re.

Un vero dilemma era, anche, la Sindrome di Psiche.

Non riuscivo a essere imparziale. Se fosse stata, difatti, tutta una farsa, un'illusione, il comportamento del principe?

Non riuscivo a considerarlo qualcosa di possibile, ma mi era ormai chiaro che la Sindrome andava ad amplificare ogni aspetto di lui.

Soprattutto il suo fascino, il suo profumo, i suoi tratti, i suoi gesti... se fossi stata all'oscuro di tutto, avrei iniziato a sospettare, che stavo iniziando a provare qualcosa per lui.

<< Ti andrebbe di raccontarmi qualcosa del tuo mondo? >> mi domandò, sedendosi accanto a me, in veranda.

Mi ci aveva condotto, una volta finita la colazione e rimesso apposto il tavolo nel soggiorno.

La vista era particolare.

La stanza in cui si veniva proiettati era circolare. Al suo centro presentava una scala in ferro battuto, lavorata finemente, che si arrotolava su se stessa ergendosi verso l'alto.

Presentava rose e altri fiori, all'interno di cui si trovavano gemme di vari colori.

Era un'opera, comunque, non semplice da scorgere, in quanto avvolta da un roseto, il quale pendeva dal soffitto; o meglio, pareva nascere dall'enorme foro, che bucava il tetto di tale stanza.

Tale spiraglio era l'unica fonte di luce e ai bordi, presentava motivi che parevano in stile greco, ma che se osservati con più attenzione, lasciavano intravedere delle scritte.

Se a catturare l'attenzione era la scala, il pavimento non era comunque qualcosa da perdersi.

Era maiolicato, possedeva tonalità sul pastello ed era ricco d'immagini.

Vi erano raffigurati putti e angeli, intenti a cantare, a ballare e a leggere, che si attorniavano attorno ai primi gradi come a rendere omaggio, a chiunque sarebbe da lì sceso.

Se quindi ai piedi vi era la volta celeste, se si alzava lo sguardo, senza rimanere incantati dalla sinuosa lavorazione in ferro, si vedevano le stelle.

Le costellazioni, lo spazio, o più semplicemente la visione di un cielo a mezza notte.

<< Neva? >> domandò nuovamente Iarlaith.

<< scusa, hai detto qualcosa? >> chiesi voltandomi verso di lui.

<< Mi chiedevo se ti andava di raccontarmi qualcosa del tuo mondo >>

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