Capitolo 7 - La fuga serve solo a portare altrove le tue inquietudini.

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Capitolo 7 - La fuga serve solo a portare altrove le tue inquietudini. M. Gramellini


Erano passate ore da quando avevo chiesto chi fosse Cyneric.

Forse per via delle occhiate stupefatte di Calla e Moho, forse per la mancanza di una risposta, il suo nome continuava a rimbalzare nella mia testa, come una pallina da ping pong impazzita.

<< Non ce la faccio >> dissi nuovamente portandomi una mano al naso, da cui continuavano a cadermi, senza alcun motivo, insistentemente, gocce di sangue.

La donna di cui ancora non mi fidavo, opinione che anche il bambino pareva condividere, ci aveva portato in quella, che aveva detto essere la sala d’addestramento.

Era immensa, se non fosse stato per il nome e la semplicità che l’adornava, avrei creduto fosse una sala da ballo.

Quasi completamente fatta in marmo grigio o pietra, presentava una serie d’oblò troppo alti per potervici accostare e guardare fuori. Come a vegliare su ognuno di essi vi erano due colonne, prive di qualsiasi fiore, al contrario delle loro altre nei corridoi.

Al centro vi era un laghetto, che aveva fatto apparire Calla, premendo uno dei tanti tasti, che vi erano su di una parete, la quale doveva fungere da pannello di controllo.

<< Sei distratta, devi concentrarti di più, non stiamo affatto facendo progressi >> rispose la donna.

Per via della lettera che ci aveva mostrato, l’avevamo seguita, controvoglia, quasi quella le avesse dato una più alta autorità. A confermarmelo era il suo atteggiamento, che era completamente mutato.

La richiesta che mi aveva chiesto di esaudire, appena arrivati, era a suo dire, tra le cose più semplici che potessi fare, ovvero controllare l’acqua.

Per quanto mi suonasse assurdo, e fossi restata per tanto a guardarla, ricercando un significato nascosto nelle parole, che mi aveva rivolto, non c’era stato verso, di farle capire, che se anche mi metteva immersa in una pozzanghera gelata l’unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stato un raffreddore.

Avevo le labbra viola, non mi sentivo più né le dita dei piedi né quelle delle mani.

Che fosse questa la vera natura di coloro che si definivano abitanti delle Lande?

Per quante volte avessi provato a rialzarmi Calla mi rispingeva sempre con forza nel freddo. I miei arti però adesso erano atrofizzati, e ripiangevo di non aver indossato abiti più caldi.

Ero persino arrivata a cercare davvero di manipolare quel fluido.

Anche la mia parte razionale si era assopita, lasciando il posto a una voce, ben peggiore, che mi urlava di accontentare quella donna e uscire da lì, prima di entrare nel primo stadio d’ipotermia.

Il fatto che meno però comprendevo, era perché tutto a un tratto continuassi a sanguinare dal naso, generalmente non ne soffrivo. E certamente non era il momento più propizio per iniziare.

Decisi di radunare un’ultima volta le mie forze, non volevo restare un minuto di più lì.

Misi le mani davanti a me e cercai di alzarmi. Le gambe mi tremavano, insieme ai denti, che non cessavano di produrre un insistente brusio.

Ogni organo pareva pesare di più.

Ogni osso s’issava sull’altro con lentezza e fatica.

Ogni cellula lottava contro il freddo sonno.

<< Facciamo una pausa >> dichiarai risoluta, a stento in piedi.

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