Capitolo 38: La Cupola dei Gigli Astrali - parte 5

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Capitolo 38: La Cupola dei Gigli Astrali – parte 5

Era chinata su di me. Con la sua forma nera e allungata mi osservava.

Indossava quello stupido cappello e risplendeva.

I suoi denti si mostrarono, ammantati di piume, e presero a stridere in una strana cacofonia di suoni. Per un attimo rimasi del tutto spiazzata, sino a che non realizzai che capivo perfettamente cosa mi stesse dicendo.

«Se volete, posso consegnare le vostre lettere»

Rabbrividì. Acantha realizzai, era lei.

In tutto e per tutto non era cambiata di una virgola, da quando avevo avuto modo di incontrarla in camera mia. Era una vita fa, neppure sembrava più appartenermi.

Se ne stava lì flessuosa ed elegante ad aspettare una parola, un ordine, ma pur sapendo di non doverla temere, non potevo fare a meno di tremare.

Mi avvolsi nel piumone e mi dissi che si trattava solo di un'altra visione, dovuta alla mancanza di sonno.

«N- non so cosa scrivere.» mi ritrovai a dire incerta, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla sua figura.

La vidi chinarsi appena, e cominciare a scomparire.

«No!» urlai, colta alla sprovvista.

L'Ombra riapparve lentamente. Rimanendo immobile, in attesa. In attesa di parole che non sapevo di volerle rivolgere, ma che si annidavano comunque nella mia gola e che trovarono da sole una via d'uscita.

«Puoi aiutarmi con qualcos'altro.» le dissi, anche se alle mie orecchie sembrò di più una domanda, mista a un'implorazione.

«Mi serve il tuo aiuto.» aggiunsi e l'Ombra attese. Non si mosse, non chiese per cosa o che avrebbe dovuto fare, se ne stava solo lì in attesa.

Deglutì, «Non so dove mi trovo.»

Vidi Acantha guardarsi cautamente attorno. Girò la testa, forse annusò persino l'aria, ma dopo poco tornò a puntare quelle sulle mancate orbite su di me.

«Questa» disse, producendo un'altra vasta gamma di disturbanti suoni che assieme risultavano in modo sconclusionato armoniosi, «è la vostra stanza all'interno dell'Accademia.»

La guardai interdetta, ritrovandomi in breve tempo a scuotere la testa, «La mia stanza è nel sottotetto.» affermai, cercando di tirarmi fuori da quel delirio.

«Se siete riuscita ad entrare qui» appurò come se fosse una cosa del tutto banale da dedurre, «vuol dire che questa è la vostra vera stanza.»

Scacciai dalla mente il fatto di non essere mai riuscita ad entrare nella stanza comune delle Wisteria, mentre la porta per quel fiore rotto si era sempre aperta sotto il mio tocco.

«Ci sono altre porte, altre due stanze, perché non c'è nessuno?»

Acantha inclinò appena la testa, come per osservarla meglio o forse era il suo modo di trattare con la gente che non sapeva chi fosse. In qualche modo le parve che quel gesto volesse rassicurarla comunque.

«Sono per i vostri fratelli.»

Le cameriere, quado ero appeno arrivata in quel luogo, avevano accennato a un fratello, ma non due. Allo stesso tempo coincideva con la sua visione.

«E dove sono?» chiesi, cercando di fare un po' di chiarezza.

«Sono dove dovrebbero essere. Osservano l'equilibrio e il caos che hanno generato.»

Corrucciai la fronte. Quella risposta non era per nulla d'aiuto. Criptica come la maggior parte delle conversazioni che si era ormai abituata a tenere con gli abitanti delle Caste.

«Puoi dirmi qualcosa di più su di loro?»

L'Ombra per un intero minuto rimase ad assolverla senza emettere un suono. Forse non poteva o non voleva dir nulla in merito. Proprio quando avevo cominciato a perdere le speranze, tornò a parlare, ma adesso la sua voce era più lieve, quasi sussurrata.

«Non ho notizie nuove sul loro conto.»

«Non importa.» Ed era vero, non mi importava dei loro ultimi spostamenti o gossip, volevo solo sapere di più.

«Qualsiasi cosa andrà bene.»

La testa di Acantha si inclinò maggiormente, «Nessuno vede da tempo i Traditori.»

«Traditori?» chiesi senza comprendere e sporgendomi di più nella sua direzione, «Tutti a modo loro lo sono. »

«Perché?» domandai, senza riuscire a trattenermi. Mi sembrava di essere finalmente sul punto di giungere a qualcosa. Anche se avevo una paura folle di udire le successive parole di Acantha.

«Voi per aver ripudiato il vostro compagno predestinato. Vostra sorella per aver scelto un altro popolo al suo e vostro fratello per avervi tradito. Lui è considerato il Traditore, perché ha voltato le spalle alla propria famiglia.»

«É perché mi ha consegnato agli umani?» chiesi, cercando in ogni modo di capire.

Acantha si limitò ad annuire.

«Io...» cominciai, scegliendo con cura le parole, «non ce l'ho con lui.»

Osservai con attenzione la reazione dell'Ombra, ma non ve ne fu alcuna. Tacque a quella constatazione.

«...dovrei?» chiesi smarrita.

Questa volta la risposta non tardò a giungere. «Sì.» fu la laconica sentenza.

«Perché?» domandai nuovamente, sconfitta, «Perché dovrei avercela con lui?»

Era possibile far chiarezza in quella situazione? Arrivata a una risposta avevo solo che mille altre domande.

«Vi ha privato di tutto, persino di voi stessa.»

«Privata di me stessa? Ma non ha alcun...»

Oh, ne aveva eccome di senso realizzai. Il solo domandarselo non faceva che render vera quella tesi. Non aveva la minima idea di chi fosse o dovesse essere.

Qualche raggio di sole cominciò a far capolino. L'alba stava sorgendo.

Vidi Acantha cominciare a sparire.

«Devo andare adesso, spero di esservi stata d'aiuto.» si congedò con un inchino.

«Aspetta, aspetta!» urlai, «un'ultima domanda,» dissi d'un fiato, «sono davvero una Kerres?»

Non fui del tutto convinta della sua risposta. Acantha produsse uno strano rumore che non afferrai. Assomigliava un poco ad una risata.

«Questa è una domanda sciocca, se posso permettermi vostra grazia. Voi siete un Giglio Astrale»

E così dicendo scomparve.

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