Capitolo 2 - Denti di piuma

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Capitolo 2 – Denti di piuma


Ero sveglia, l’orologio segnava le quattro e mezza, sapevo che stava per accadere qualcosa.

Tutta la mia attenzione si concentrò sulla parte destra della stanza.

Sarebbe accaduto là, tra qualche secondo.

Il muro, accanto alla porta del bagno, cambiò la propria solida sostanza, liquefacendosi al passare di quello che inizialmente pareva un attaccapanni, ma che continuò ad allungarsi, arrivando a metà del ambiente.

Io ero immobile nel letto, rannicchiata sotto alla testata, trai cuscini.

Il silenzio era stordente.

L’ essere aveva iniziato a prendere una forma pressappoco umana, ma la sua consistenza rimaneva nera come la pece, dalla quale nulla traspariva, anzi pareva catturare in se la fioca luce della camera.

Identificai un braccio e una mano, la quale iniziò ad avvicinarsi sempre più a me.

Tremavo, eppure ero coperta dal piumone, avrei voluto nascondermi sotto di esso, ma il mio corpo non voleva saperne di reagire.

Il volto di quell’uomo era sorprendentemente lungo, come il resto del corpo che pareva non avere mai fine dato che parte della sua materia era ancora “ancorata” nella parete e sembrava allungarsi come una gomma da masticare; non presentava nessuna emozione, in quanto non vi erano veri e propri occhi, ma solo una delicata linea a sottolineare l’incavo di questi e non vi era nulla che potesse esser riconosciuto come naso o bocca.

Divenne sempre più longilineo e affilato, la sostanza di cui era fatto cominciò a spostarsi in piccole masse da una parte all’ altra della sua corporatura.

Il petto venne scavato, quelle che dovevano essere clavicole si fecero sporgenti, sormontate da una cravatta.

Il colletto e i polsini di una camicia fecero capolino.

Il busto venne coperto da un doppio petto e sopra questo prese forma una giacca lunga, che alla fine si biforcava in due punte.

Un paio di pantaloni, che ricadevano morbidi, si plasmarono, ma non avevano una distinta conclusione, in quanto l’essere seppure si fosse curvato verso di me, in modo concavo, così da permettermi la visuale della camera e della sua “origine”, pareva non volersi o non potersi scindere dal pannello, che un tempo era fatto di solidi mattoni.

Il suo capo pelato cominciò a ribollire.

Chiusi gli occhi.

Quando gli riaprì, scoprendolo notevolmente vicino, notai che ora portava un cappello, un cappello a cilindro, e anche se ero sconcertata non potei fare a meno di osservarlo con interesse.

Una sensazione di freddo si insinuò sulla mia pelle.

Trattenni il respiro.

La sua mano nodosa e sottile stava accarezzando i miei capelli.

Il suo tocco mi parve gentile, delicato, e per un attimo si sentii un lieve profumo di cannella nell’aria. O forse fu solo la mia immaginazione.

Qualcosa nella mia percezione di vedere quel essere cambiò.

La mano iniziò a formicolarmi. Un dito si mosse, lentamente, tracciò la linea che avrebbe potuto essere il suo labbro inferiore.

Restai stupita di me stessa e che la sua “pelle” fosse così morbida e vellutata, sotto i miei polpastrelli.

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