24. Speranze e paure - II Parte

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STEVEN

E con il vento in poppa e il cuore sottosopra navigavo in quella burrasca di emozioni, così intense da farmi venire le vertigini. Accarezzai il volto olivastro della ragazza che con i suoi occhi da cerbiatta mi fissava con dolcezza, non poteva capire quant'ero felice di stare lì con lei. Eravamo seduti su un muretto, in una calda notte di primavera, l'estate si stava avvicinando e con lei avrei voluto fare tante cose. Magari tornare su quella spiaggia dov'eravamo andati i primi giorni in Irlanda e dove avevamo incontrato una foca socievole. Avremmo potuto fare una gita fuori Dublino e conoscere altre città, fare un picnic tra le colline dublinesi o andare semplicemente al cinema...

«A cosa stai pensando, sconosciuto?» usò quel termine per ironizzare sulla nostra situazione.

«A quest'estate.»

«Di già?» domandò tesa.

«Ormai manca poco. Poi conosco una spiaggia molto bella, mi piacerebbe tornarci con te.» Abbassò lo sguardo, voltando il viso da un'altra parte, quasi come se volesse nasconderlo da me. «A te non piacerebbe?»

«Non è questo, è che per il momento mi riesce difficile immaginare il mio futuro, non so nemmeno cosa farò domani o se resterò a Dublino, o se ci vedremo ancora come due estranei, non lo so...» confessò, tornando a fissarmi con un filo di malinconia che poco si addiceva al suo viso. «Pensavo volessimo andare con calma» farfugliò a bassa voce, come a voler dare una risposta ai miei dubbi.

«Sei spaventata da quello che potrebbe succederci?» Provai a interpretare i suoi pensieri, a comprendere quei timori che stava tentando invano di nascondere.

«Può darsi...» mormorò, chiudendosi ancora in se stessa, faticavo a riconoscere quella Kristin. Lei non era pessimista e spaventata, ma al contrario le piaceva affrontare i problemi con tenacia, era allegra, impulsiva, positiva e romantica... Chissà, forse la ragazza accanto a me era davvero un'estranea, perché non poteva essere la Kristin che conoscevo.

«Ti sei già pentita di avermi dato un'altra possibilità?» domandai preoccupato.

«Non essere sciocco, non mi sono pentita della mia scelta, però ho bisogno di tempo e di conoscere meglio questo sconosciuto, prima di decidere di passare l'estate insieme a lui» scherzò.

«E allora chiedimi quello che vuoi» la incoraggiai prendendole una mano.

«Posso chiederti qualsiasi cosa?»

«Qualsiasi» affermai con decisione, volevo che ritornasse a fidarsi di me, e quello poteva essere il modo giusto per sciogliere ogni dubbio.

«Quando hai capito di amarmi?» Deglutii in difficoltà, immaginavo che le sue non sarebbero state domande casuali.

«Non lo so... forse è successo qualche mese dopo il nostro trasferimento, quel pomeriggio che ti ho portata a comprare la tua bicicletta. Siamo tornati a casa, abbiamo riso, cenato assieme e parlato tanto, come non avevamo mai fatto» confessai nostalgico. «Mi hai raccontato di come ti sei fatta quella cicatrice sulla fronte, del tuo nomignolo, piccolo koala, e poi di tuo nonno. Ti ho vista diversa, più vera, più naturale e meno forzata. Ricordi? Siamo rimasti abbracciati tutta la notte...» La vidi sorridere e arrossire di colpo. «La mattina seguente, al risveglio, ero terrorizzato, forse perché stavo iniziando a lasciarmi andare e non volevo, non riuscivo a dire addio al mio passato, anche se sapevo che ormai non c'era nulla a legarmi a lei, a Belle, mi sentivo comunque in colpa.»

«È per questo che alle sei del mattino sei scappato via?»

«Sì, ero spaventato, te l'ho detto, ma ciò che mi impauriva di più era il sentimento che stavo percependo, lo conoscevo bene quel sentimento e una parte di me, scioccamente, aveva paura di te. Paura che tu mi facessi soffrire.»

Quella rosa tra i capelliOn viuen les histories. Descobreix ara