4. Primo giorno - I Parte

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STEVEN

Erano ormai diversi giorni che abitavo assieme alla famiglia Lynch, erano state due notti difficili senza Kristin, mi era mancato tenerla stretta a me o guardarla al mattino, raggomitolata tra le lenzuola con il viso schiacciato sul cuscino e i capelli a coprirle le guance morbide, leggermente olivastre, con delle sottili imperfezioni a rendere il suo volto ancora più bello.

Quella era la terza sera che cenavo assieme alla coppietta dublinese con una figlia e un gattino nero. Il signor Ronan e la signora Julia avevano una trentina d'anni, erano giovani, socievoli e soprattutto molto ospitali. Ronan lavorava come operaio in un negozio di ferramenta, mentre Julia era una casalinga piuttosto ordinaria, almeno era quello che mi era saltato agli occhi in quei pochi giorni. Marie, la piccola di casa, aveva sei anni e da quel che avevo capito non le piaceva molto mangiare. Faceva dannare la signora Julia, che trascorreva interi pranzi e cene nel tentativo di imboccarla e nutrirla a sufficienza. Nonostante non fosse molto loquace come bambina, i suoi occhietti marroni nascondevano un caratterino niente male. Era testarda e orgogliosa, ma anche tanto timida.

Quando quella sera uscii dalla doccia e mi diressi nella mia stanza, pronto per andare a dormire, mi stupii nel vedere Marie accovacciata a terra, proprio davanti al mio letto. Stava sbuffando spazientita, mentre con un dito arrotolava una ciocca nera e riccia di capelli. La fissai incuriosito sull'uscio della porta, vidi la sua testa abbassarsi fino a toccare terra, sollevò un lembo della coperta e...

«Avanti, Haru, esci da lì sotto!» urlò implorante.

«A quanto pare c'è una gattina che ha perso la strada di casa. Su, Marie, spostati, ci penso io a farla uscire...»

La piccola dalla chioma riccia, nera e ribelle si voltò imbarazzata verso di noi. Spostai anch'io il mio sguardo in direzione della donna alle mie spalle, era Julia.

«Devi scusarci, Steven, ma Haru ama rintanarsi sotto i letti delle persone, questa volta è toccato a te.»

Sorrisi nel vedere la bambina arricciare il naso contrariata e poi rassegnata alzarsi da terra.

«Non deve scusarsi, è casa vostra e Haru può occupare tutte le stanza che vuole, non si preoccupi.» Lanciai un occhiolino a Marie, ma in tutta risposta avvampò, toccandosi di nuovo una ciocca di capelli.

Julia ci passò di fianco e decisa catturò il micetto da sotto al letto, che sbatteva le zampine agitato.

«Mamma! Lo sai che non le piace essere presa in braccio!» esclamò la piccola preoccupata per la sua amica a quattro zampe.

«Tesoro, sai benissimo anche tu che non potevamo aspettare che si decidesse a uscire da sola. E poi domani c'è scuola, devi andare a dormire. Su, dai, saluta il nostro ospite» concluse la madre, con tono convincente, ma allo stesso tempo dolce.

Marie spostò il suo sguardo a terra e intimidita sussurrò un "Buonanotte, Steven".

«Buonanotte anche a te e a Haru!» risposi facendo passare Julia e il micetto che continuava a dimenarsi per scendere.

Circa una quindicina di minuti dopo, ero finalmente disteso sul mio nuovo letto, il buio avvolgeva l'intera stanza e la mia mente ormai stanca. L'indomani mi aspettava il mio primo giorno di stage e nonostante non vedessi l'ora di iniziare, una serie di domande si susseguirono nella mia mente, scuotendo i miei sogni e la notte che lenta lasciava spazio alle prime luci dell'alba. 

 

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Quella rosa tra i capelliWhere stories live. Discover now