6. Distruggere le paure...

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STEVEN

Stavo per iniziare a preparare un banner pubblicitario per una nota azienda di motori elettrici, quando improvvisamente sul mio pc apparve un nuovo messaggio di Kristin. Mi guardai attorno: Finn il mio collega era alle prese con una serie di palette di colori da scegliere, e Jeanette la ragazza davanti a me stava strutturando un menù interattivo.
Feci scorrere il mouse sull'icona di Viber e ansioso lessi il contenuto della chat.

"Buongiorno" 9:30

"Mi sei mancato stanotte..." 9:47

"Sono di fretta, sto andando a un nuovo colloquio di lavoro, augurami buona fortuna!" 10:13

Sorrisi digitandole un in bocca al lupo virtuale, anche se eravamo distanti, riuscivo in qualche modo a immaginarmela di corsa, con una mano indaffarata a mettere l'orecchino e un piede alla ricerca delle scarpe, e poi velocemente stendere una linea sottile di quel suo rossetto bordò. Poi una spruzzata di profumo ed eccola di fretta scendere le scale di casa per raggiungere la fermata più vicina del bus. Riaprii gli occhi tornando alla realtà e a una figura imponente che mi osservava a braccia incrociate.

«Patel, quante volte devo ripeterle che qui si lavora sodo? Ha già iniziato il banner o vuole prima bere non so... una tazza di caffè e fare altre due chiacchiere con la sua amichetta in chat?»

Deglutii imbarazzato e richiusi subito la schermata di Viber.

«La prego di scusarmi, mi metto subito all'opera» replicai al mio tutor dall'espressione compiaciuta. Probabilmente non aspettava altro che mettermi a disagio di fronte agli altri colleghi.

«E lei, Finn, a che punto si trova con quelle palette? Ne ha scelta una? Non possiamo stare tutto il giorno a poltrire davanti a una serie infinita di tonalità.»

«Sono a buon punto, signore» rispose accigliato, quei due non dovevano andare d'accordo. Del resto chi sopportava il signor Joseph "so tutto io"?

Quando il mio tutor ci fece la grazia di sparire, sentii qualcuno ridere e mormorare da lontano battute sarcastiche sul nostro conto, specialmente su di me: "Poverino, penserà di trovarsi ancora sotto l'ala protettiva di suo padre...", "Quindi è vero che lavorava in un'azienda di famiglia?".

Sbuffai spazientito e lanciai un'occhiata furtiva all'unica persona che fosse a conoscenza del mio lavoro in America.

«Perché hai parlato di me in giro?» domandai sottovoce, Finn mi scrutò perplesso e tornò al suo schermo.

«Cosa ti fa pensare che sia stato io a farlo?» chiese a sua volta nervoso e con tono colpevole, il fatto che non riuscisse nemmeno a guardarmi negli occhi la diceva lunga.

«E chi dovrebbe essere stato allora? Spiegami!» Percepii le guance accaldarsi e una stretta allo stomaco.

«Il tuo tutor?»

«Ma per favore... Esce dal suo ufficio solo per controllare il mio operato e per dare comandi a destra e manca, dubito che se ne vada in giro a spettegolare sull'ultimo degli impiegati presenti in questa azienda» risposi stizzito.

«Ti rendi conto che mi stai accusando senza prove?» urlò, facendo voltare Jeanette e altre persone davanti a noi.

«Allora perché non mi guardi in faccia?» Avevo ormai lo stomaco in subbuglio, ma di starmene zitto non ne avevo voglia. Avevo taciuto fin troppo in quella settimana lavorativa.

«Ok, l'avrò raccontato a un'amica fidata, ma non sono stato io a farlo sapere agli altri!» sbottò, facendomi infuriare ancora di più.

«Beh, grazie, ora lo sapranno tutti...»

Quella rosa tra i capelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora