Capitolo quattordici.

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Ebbe la sensazione di sentire un rumore alle sue spalle e si voltò. Chissà da quanto tempo lo stava osservando. Appena lo vide, in piedi e in silenzio a qualche passo da lui, rimase per un attimo interdetto. Per lo stupore non seppe se alzarsi e andargli incontro o se attenderlo seduto su quel sasso. Decise di alzarsi. 
Si alzò le maniche arrotolate della camicia e gli andò incontro. Sentiva la pelle del viso contratta, tesa, ed ebbe la sensazione di camminare in modo ridicolo, ma riuscì a salutarlo con un sorriso. Non appena gli fu vicino non si chinò per i soliti due baci di circostanza, ma lo abbracciò. Non troppo forte, in modo da non fargli male, ma nemmeno troppo piano per non farlo andare via. E lo fece dolcemente. Lui rispose al suo abbraccio, spontaneamente. Harry percepì in quella sua stretta tutta la sua timidezza. Allentò l'abbraccio e si staccò da lui, guardandolo negli occhi tenendogli la mano destra sul fianco. Si accorse subito di quanto fosse meraviglioso. I suoi occhi azzurri brillavano, aveva i capelli sparati in tutte le direzioni ma in modo perfetto, la fossetta sul mento era appena accennata e un velo di barba lo rendeva ancora più luminoso. Portava dei jeans aderenti e una canottiera nera, larga e molto semplice e ai piedi un paio di scarpe da ginnastica. Harry apprezzò la sua semplicità e non poté fare a meno di notare, anche stavolta, l'evidente differenza di statura che c'era tra loro. E gli piacque. 

"Pensavo non saresti venuto" gli disse a voce bassa, guardandolo negli occhi.
"Tu sei tutto matto. Lo sai, vero?" gli rispose con lo stesso tono di voce pacato e affettuoso. Harry gli prese la mano e lo condusse verso lo stesso sasso sul quale si era seduto pochi istanti prima. Si sedette di fronte a lui, su una grossa pietra che sembrava fosse stata sistemata lì apposta. Dallo zaino estrasse uno di quei panini che aveva preparato in veranda e glielo porse. Rovistò alla ricerca delle bevande e pensò che la coca cola fosse la più adatta per quell'insolito pic-nic sul lago. Tirò fuori due lattine e le appoggiò al suo fianco. Le birre, ancora fresche, per il momento le avrebbe lasciate al loro posto. 
Cercò di scorgere qualcosa nel suo sguardo e nella sua postura. Louis rimaneva seduto in quella maniera composta ed elegante, con le mani giunte e appoggiate alle ginocchia. Osservava i suoi movimenti e ne sembrava incuriosito. Per un attimo gli sembrò come spaesato. 
"Va tutto bene?" gli chiese infatti. L'avrebbe voluto fare prendendogli la mano, per fargli sentire ancora tutta la sua vicinanza, ma non lo fece. E non per chissà quale motivo, semplicemente non ne ebbe il coraggio. Si limitò a guardarlo negli occhi cercando di trasmettergli serenità con lo sguardo. 
"Sì, va tutto bene. Scusa se sto in silenzio. Non mi aspettavo.. insomma, mi hai stupito." 
Harry fissò con la coda dell'occhio i panini e si rese conto che non li aveva incartati poi così accuratamente. Gli venne in mente che si era pure dimenticato la tovaglia. Si sentì imbranato, e un po' ridicolo, ma ebbe come la sensazione che Louis non si fosse accorto di questi dettagli. O che, forse, non gli avesse dato nessuna importanza. Pensò di aver sbagliato tutti i particolari, e che magari si sarebbe potuto sforzare di organizzare qualcosa di più elegante. Ma dubbi e pensieri vennero cancellati dal volto di Louis. Li spazzò via con un sorriso. Più passavano i minuti e più dava l'impressione di essere sereno e rilassato. 

Mangiarono e chiacchierarono con spontaneità. Harry mangiò tre toast, e riuscì pure a sporcarsi la camicia con la maionese. Si pulì subito con lo scottex, ma rimase una vistosa macchia. Louis rise divertito, mentre assisteva a questa sua goffa operazione. Lui si sentì ancora più imbranato, ma si rese conto di essere a proprio agio. 
Louis ne mangiò solo uno e accettò volentieri la bustina di plastica che conteneva le albicocche. Entrambi terminarono quell'insolito pranzo con un succo di frutta. Si sedettero sul pontile, uno a fianco all'altro, con le gambe a penzoloni sullo specchio d'acqua. Louis aveva frequentato il liceo artistico. Si sarebbe voluto iscrivere all'università ma aveva preferito lavorare col padre alla locanda, non tanto perché avesse realmente bisogno d'aiuto, ma perché non voleva lasciarlo solo. Soprattutto dopo che sua madre era scomparsa. Aveva sempre amato dipingere, sin da quand'era bambino. Nella pittura aveva trovato la sua forma d'evasione. Gli rivelò che tutti i quadri appesi alle pareti della locanda erano i suoi. Ma ebbe l'impressione che Harry questo lo sapesse già. Amava la musica, soprattutto quella classica e amava i libri. 
Rimase affascinato dalla semplicità con cui Louis si raccontava, e dalla facilità con cui scorreva la loro conversazione. Louis amava leggere i classici, e amava Scotto Turow. Harry i contemporanei, soprattutto quelli italiani, e la letteratura giapponese. Haruki Murakami: lo aveva scoperto da poco, e ne era rimasto stregato. Kafka sulla spiaggia lo aveva portato con sé, infatti era uno dei dieci volumi che ancora attendevano di essere sfogliati, sparsi sul tavolino della veranda della numero quattro, attorno a quel pontile sul quale ancora non era stata scritta nemmeno una parola. 
Gli parlò di Ben e non l'aveva mai fatto prima d'ora. Con nessuno. Lo fece in maniera spontanea, senza rancori e senza vergogna. Non perché volesse sperimentare il brivido di evocare vecchi fantasmi, ma solo perché ci teneva a mostrarsi a Louis in tutte le sue sfaccettature.

Un flebile miagolio interruppe la loro conversazione, che ormai durava già da qualche ora. Il cielo si era fatto ancora più grigio e la pioggia annunciava il suo arrivo. Un piccolo micio aggirava impaurito intorno allo zaino che Harry aveva lasciato sul ciottolato, evidentemente attratto dall'odore dei panini. Si voltarono entrambi e fu Louis il primo ad alzarsi. Si avvicinò a piccoli passi, con movimenti lenti e delicati. Riuscì a non farlo spaventare. Fece giusto qualche passo indietro, ma senza scappare. Lui rivolse lo sguardo verso Harry, come a voler cercare il suo assenso. Gli rispose con un sorriso. 
Il ragazzo prese in mano uno dei toast rimasti e lo aprì. Si preoccupò di tagliarlo a piccoli pezzi e lo poggiò a terra, con gesti calmi. Quel gattino, nero come la pece, osservava la scena con i suoi occhioni gialli, e non sembrava affatto impaurito. Attendeva solo il momento migliore per avvicinarsi al suo pasto e lo fece non appena Louis si allontanò per raggiungere nuovamente Harry sul pontile. 
L'unico che sembrava non curarsi dell'arrivo della pioggia fu proprio quel minuto e inatteso ospite, che continuava ad addentare tranquillamente il suo pranzo. Si limitava a scuotere di tanto in tanto la sua giovane pelliccia. I due ragazzi si alzarono dal pontile solo dopo che le gocce si erano ormai trasformate in un vero e proprio temporale. Harry si diresse verso il suo zaino e riuscì a recuperarlo e a metterselo sulle spalle senza far spaventare il gatto. Raggiunse Louis e insieme percorsero a ritroso il pontile, a passi lenti, incuranti della pioggia che continuava ad aumentare d'intensità. Visto il tempo, ne convennero che era arrivata l'ora di salutarsi. 
Harry fece quello che avrebbe voluto fare già molto tempo prima. Si avvicinò al ragazzo, e senza dire una parola gli prese delicatamente il viso tra le mani, lo guardò per un istante negli occhi, e lo baciò. Sotto la pioggia battente lui rimase immobile, con le braccia lungo il corpo, rigido, evidentemente sorpreso. O forse imbarazzato. Si sciolse soltanto dopo che Harry gli ebbe accarezzato il viso e dovette mettersi in punta dei piedi per riuscire a portargli le braccia intorno al collo. Dolcemente ricambiò il suo bacio e il trasporto e la dolcezza che gli trasmise lo fecero emozionare. Harry si voltò due volte dopo avergli dato le spalle per far rientro verso il suo albergo e vide la sua figura immobile sotto la pioggia, inzuppata d'acqua, che continuava a fissarlo. 

Stai giocando con me Har? Stai giocando, eh? No, perché io i giochi li odio!
Gliel'avrebbe voluto urlare dietro, con tutte le sue forze, ma non disse nulla. Semplicemente lo guardò allontanarsi sotto la pioggia, a passo lento e con le mani nelle tasche. Rimase in silenzio. Forse non aveva trovato la forza per fargli quella domanda. O forse conosceva già la risposta. 
E non poteva sapere che una lacrima si era andata a mischiare alle gocce di pioggia che scorrevano sul volto felice e sorridente di Harry.

Tempi sospesi] Larry Stylinson.Where stories live. Discover now