Capitolo tredici.

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La sveglia suonò puntuale alle otto. Harry si alzò di scatto e nonostante le poche ore di sonno ebbe una piacevole sensazione di euforia. Si sentiva riposato e non vedeva l'ora di cominciare la giornata. E l'avrebbe fatto con una bella corsa. Si infilò un paio di bermuda da basket e una vecchia maglietta bianca un po' sbrindellata, si sciacquò il viso per svegliarsi e decise di legare i capelli in una crocchia disordinata. Immaginò che in portineria non ci fosse nessuno e volendo correre libero e senza l'impiccio delle chiavi in mano, decise di lasciare la porta della camera aperta. Tanto era l'unico ospite del piccolo albergo. Si mise il cronometro al polso e scelse di correre senza la musica. Aveva voglia di prendere confidenza con i suoi pensieri e con questa strana giornata che si era inventato. E soprattutto sentiva di non aver alcun bisogno di distrarsi, lasciò dunque l'Ipod sul comodino. 
Pensò di infilarsi nella tasca dei pantaloncini sportivi una banconota di grosso taglio, ma poi decise che di quello se ne sarebbe occupato più tardi. Gettò un'occhiata al tavolino della veranda. La decina di volumi che aveva sparso la prima sera erano ancora lì, esattamente nella stessa posizione. Tutti tranne Novecento; quello era stato sistemato con cura di fianco al portatile. Gli venne in mente che da quando era arrivato non era riuscito a scrivere nemmeno una riga dato che la notte precedente aveva cancellato quella ventina di pagine scritte nel pomeriggio. E l'aveva fatto senza pensarci due volte e senza batter ciglio. 

Scese le scale e con un accenno di corsetta si diresse verso l'uscita. Nemmeno controllò se ci fosse qualcuno in portineria. Corse per un'ora buona, ripetendo un paio di volte il percorso che andava dall'albergo alla locanda e lo fece ripensando alla sera precedente. Alle parole di quell'uomo. Si chiese se avesse consegnato quei fogli a Louis. 
Preso, ma non soffocato, da una moltitudine di pensieri, riuscì a mantenere una buona andatura. Dopo aver fatto rientro in camera, sentì la muscolatura sciolta e rilassata e come sue abitudine, si spogliò completamente e si buttò sotto il getto dell'acqua tiepida. Utilizzò il bagnoschiuma fornito dall'albergo mentre, per lavarsi i capelli, il suo shampoo delicato. Si asciugò in fretta e indossò le prima cose capitate sotto tiro: un paio di bermuda grigi con i tasconi laterali e una maglietta nera. Si infilò i calzini e le scarpe da ginnastica. Dal cassetto del comodino prese la banconota che aveva poggiato sotto le chiavi dell'auto e se la mise in tasca. Quella della numero quattro l'avrebbe lasciata nella stanza, e non avrebbe chiuso, nemmeno stavolta, la porta con i battenti. 

Uscì con i capelli ancora bagnati, un po' trafelato, e si diresse a passo spedito verso la bottega che vendeva generi alimentari. Si sentiva euforico e un po' emozionato, come da bambino quando architettava qualche scherzo o qualche sorpresa e faceva di tutto per non farsi scoprire. O forse non voleva pensare alla possibilità di rimanere deluso. "E se stessi facendo una cazzata?" si disse a voce alta, imboccando la strada sterrata che in pochi minuti l'avrebbe condotto al piccolo negozio. Ma non si diede nessuna risposta. E non perché non l'avesse, ma perché non aveva voglia di darsela e tantomeno aveva voglia di arrovellarsi in dubbi e pensieri. Non ora e non per Louis.
La piccola bottega era gestita da una signora anziana, che, seduta su uno sgabello in legno vicino alla cassa, guardò Harry con la curiosità di chi ha perso l'abitudine di vedere facce nuove nel suo negozio. Rispose comunque, seppur perplessa, al suo saluto in maniera educata e cortese, indicandogli un cestino che avrebbe potuto utilizzare per mettere dentro i suoi acquisti. Harry prese dagli scaffali una confezione di pancarré, un barattolo di maionese e un paio di scatolette di tonno. Mise nel cestino anche delle lattine di coca cola fresche e delle birre gelate. Si rivolse alla proprietaria per dei pomodori e delle albicocche. Scelse anche dei succhi di frutta misti, una confezione di carta dall'alluminio e un rotolo di scottex. Pagò il tutto e lo mise in una busta di plastica, salutò l'anziana signora che ricambiò con un sorriso e si avviò nuovamente verso la sua stanza. 

In veranda si mise a preparare dei toast, spalmando in ognuno la maionese, e poi facendoli abbondantemente con tonno e due fettine di pomodoro. Utilizzò il coltellino che portava sempre in valigia. Li avvolse con la carta stagnola e li infilò accuratamente nello zaino a tracolla che aveva con sé, che poi era lo stesso con il quale portava i libri e i quaderni per i primi anni del liceo. Nonostante l'avesse infilato varie volte in lavatrice, erano rimaste ancora le tracce di qualche passione adolescenziale, marchiata con il tratto spesso dell'indelebile nero. Ci infilò anche i succhi di frutta e le bibite.
Si guardò allo specchio. Il suo volto lasciava trapelare spensieratezza, ma anche un velo d'emozione. Decise di cambiarsi la maglietta e indossò una camicia a quadri, arrotolando le maniche. Cercò invano di dare una sistemata ai capelli e si mise lo zaino in spalla, telefono e chiavi della macchina li ripose nel cassetto del comodino. Lasciò anche il pacchetto di Camel blue. Stavolta chiuse la camera e infilò le chiavi della numero quattro nel taschino inferiore dello zaino, quella dove da studente metteva la merenda. Si avviò verso l'uscita e controllò se in portineria ci fosse qualcuno e non per lasciare in consegna le chiavi, ma perché aveva qualcosa da dire a quello strano portiere notturno. Ma l'uomo doveva essere a letto, per ricaricare le pile in vista della notte e un po' se ne dispiacque. 

L'orologio da polso segava mezzogiorno. Era in perfetto orario. Si diresse a passo lento verso il lago, lo zaino sulle spalle. Per un istante gli sembrò di rivivere la stessa spensieratezza con cui la mattina si dirigeva al liceo, da ragazzo. Questa sensazione svanì quando gli venne in mente che il rischio di fare un grosso buco nell'acqua era alto, che Louis avrebbe potuto ridere di quei fogli, o che semplicemente potesse anche non averli ricevuti. Decise che non ci voleva pensare, che valeva la pena rincorrere il suo presente, con tutti i rischi che poteva comportare. Che al massimo avrebbe fatto la figura del perfetto idiota agli occhi di Louis. Poi magari al villaggio si sarebbe sparsa la voce e si sarebbero fatti tutti quattro risate alle spalle dello scrittore sfigato. 
Fanculo! pensò, chi se ne frega!
Ma dentro di sé sapeva benissimo che si trattava di un sogno in cui aveva scelto di buttarsi a capofitto. E sapeva che un brutto risveglio gli avrebbe fatto male, molto male. Per un attimo gli venne in mente di tornare indietro e di buttare quello zaino pieno di toast e di bibite, ma non aveva nessuna voglia di rinunciare a Louis e a quelle sensazioni che la sua dolcezza gli aveva trasmesso. Raggiunse quindi il pontile in una decina di minuti. Il cielo si era fatto plumbeo e sembrava che si stesse preparando un acquazzone. Il colore scuro del lago incuteva ancora più timore e per un momento si sentì come quel pescatore del quadro che aveva visto nella locanda. Quello che si teneva il cappello perché il vento non glielo portasse via, quello che non aveva paura della profondità delle acque. Lui invece stava scegliendo di non aver paura del suo destino. 

Si sedette su un grosso sasso posto a fianco del pontile. Sarebbero bastati un paio di passi su quel ciottolo per finire con i piedi nell'acqua. Si sfilò lo zaino dalle spalle e lo poggiò a fianco a lui. Solo ora si rese conto di essersi dimenticato di acquistare una tovaglia o una qualsiasi cosa su cui appoggiare le vettovaglie. Questo si che, per un momento, lo fece sentire un perfetto idiota, ma ora non poteva più rimediare. Aveva scelto di andare incontro alla sorte, senza la paura di sbatterci sopra, e di inseguire quella stella che lo aveva abbagliato. Rammentò a se stesso, come se ce ne fosse bisogno, che sarebbe stato disposto anche a rincorrerla, e non si sarebbe fermato prima di averla raggiunta. 
Fissò i colori scuri del lago e del cielo. Adesso un po' di timore glielo incutevano. Ora invidiava la spavalderia e il coraggio di quel pescatore. Cercò di rilassarsi facendosi venire in mente qualche canzone. 

Louis lo osservava in silenzio, qualche passo prima del pontile. Senza dire una parola. Lui non si era accorto della sua presenza mentre fischiettava una canzone a caso, dandogli le spalle, con lo sguardo rivolto verso il centro del lago. 

Tempi sospesi] Larry Stylinson.Where stories live. Discover now