Capitolo otto.

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Quel pomeriggio lo aveva trascorso interamente a dormire. Non voleva correre il rischio di uscire con Ben e di essere sopraffatto a metà serata dal sonno o dalla stanchezza. Il fatto di dormire di pomeriggio non lo aveva mai scombussolato. Ci sono persone che si svegliano con un gran mal di testa, oppure con una sensazione di disorientamento. Lui per fortuna no. Riposare il pomeriggio, soprattutto il fine settimana, era un modo per ricaricare le batterie dopo una settimana di lavoro. E dopo una bella doccia si sentiva sempre più attivo e riposato di prima. 
Si era svegliato intorno alle diciannove e trenta, quando la luce del sole si era fatta soffusa e la quiete della sera si stava avvicinando. Gli capitava spesso di trascorrere il sabato sera a casa, a guardare un film, o a leggere un libro. Non aveva mai amato la vita notturna, tantomeno quella del weekend, ma quella sera sarebbe stata diversa, e l'idea lo elettrizzava. 

Dopo una lunga doccia avrebbe dovuto scegliere come vestirsi, ma la decisione non gli avrebbe portato via troppo tempo. Aveva preso dall'armadio un paio di skinny neri, strappati all'altezza delle ginocchia, e una camicia con fantasia sobria. Le maniche aveva provveduto ad arrotolSarle qualche centimetro sopra il gomito. Non voleva avere l'aria da assistete sociale serio e noioso, dal look sempre formale e prevedibile. Dopo aver indossato l'orologio sul polso destro, com'era solito fare, si era concesso un'abbondante dose di profumo. La barba corta (quasi inesistente) gli conferiva un'aria più giovanile, ma allo stesso tempo lo metteva un po' a disagio. Con una passata di mani si era modellato i capelli, che dopo la doccia aveva pettinato all'indietro e che con il caldo di inizio estate si erano asciugati disordinatamente, e si era guardato allo specchio. Osservando la sua immagine aveva deciso che quella sera avrebbe lasciato da parte le scarpe da ginnastica, per puntare sui suoi fedeli stivaletti camosciati. Il fatto che l'estate fosse soltanto alle porte gli consentiva ancora di indossarli, e l'effetto ottenuto, in abbinamento alla camicia, gli era piaciuto. E Ben non l'avrebbe etichettato come un assistente sociale noioso. 

Mancava mezz'ora all'appuntamento e lui era in perfetto orario. Anzi sarebbe arrivato, come d'abitudine, con qualche minuto d'anticipo. Si sentiva parecchio emozionato, e aveva deciso di smorzare la tensione accendendo lo stereo della macchina lasciandosi accompagnare da qualche vecchia canzone. Prima di accendere il motore si era guardato nello specchio retrovisore. Forse dovrei togliermi completamente la barba, o cambiare pettinatura, aveva pensato mentre accendeva il motore della macchina. Ma non se n'era preoccupato più di tanto. Ormai aveva imparato a conoscersi e sapeva che ogni volta che usciva con un ragazzo non si sentiva mai soddisfatto di se stesso. Aveva sempre la sensazione di essere brutto e inadeguato. Allora era solito rassicurarsi pensando che non avrebbe avuto difficoltà a fronteggiare nessun tipo di discorso, dato che si riteneva colto e brillante. 
Dopo essersi fermato di fronte al cancello della facoltà, con cinque minuti di anticipo, aveva deciso di non aspettare Ben in macchina. Questo non avrebbe fatto altro che accrescere la sua agitazione. Il cuore gli batteva forte e non sarebbe riuscito a stare fermo sul sedile. Aveva bisogno di stare in piedi, di scaricare la tensione. Passeggiava avanti e indietro nervosamente e un paio di volte aveva rivolto lo sguardo verso i finestrini delle macchine parcheggiate per controllare il suo aspetto e la sua pettinatura. Anche se non si considerava un bel ragazzo, era sempre stato parecchio vanitoso. 
Aveva iniziato a preoccuparsi quando si era reso conto che l'orologio da polso segnava le nove mento un quarto, e lui stava ancora passeggiando di fronte alla facoltà, con le mani nelle tasche dei jeans, e prendeva a calci qualche pietrolina. Di Ben nemmeno l'ombra. 

"Scusa il ritardo Har, stai aspettando da molto?" 
Dopo essersi voltato di scatto e aver incrociato il suo sguardo, ero rimasto senza fiato. Un po' per l'emozione e un po' per lo spettacolo che si era ritrovato di fronte. Un jeans scuro metteva in risalto le splendide gambe e armoniose gambe del ragazzo, con ai piedi delle semplici scarpe sportive; sopra indossava una maglia bianca accompagnata da una giacca che contribuiva a rendere Ben ancora più splendido di quanto non lo ricordasse. Al suo cospetto Harry si era sentito brutto e un po' in imbarazzo. 
Sei splendido! avrebbe voluto dire. Ma dopo essergli andato incontro ed essersi inchinato, per salutarlo, con due baci, era riuscito a dire soltanto "Ciao! No.. no, sono appena arrivato."
"Menomale, dai! Pensavo di averti fatto aspettare un'ora. Colpa di questi capelli, non ne volevano sapere di stare ordinati." 
"Stai benissimo" questo era riuscito a dirlo sul serio, anche se in maniera un po' impacciata.
"Sei gentile" disse il ragazzo, mostrando sul viso un'impercettibile punta di imbarazzo. "Dove mi porti?"
"Non ti preoccupare."

Ben era salito in macchina e Harry si era reso conto di aver dimenticato un dettaglio non di poco conto. Non aveva minimamente ragionato su un locale adatto all'occasione. Che figura di merda, aveva pensato. E adesso? 
Senza farsi prendere troppo dal panico, era riuscito a ripiegare sulla pizzeria sotto casa sua. Quella della fedele quattro formaggi gigante. Tutto sommato poteva andare: la pizza era ottima, e i ragazzi gli avrebbero certamente rimediato un tavolino per due, nonostante fosse sabato sera. Il locale esteticamente non era dei migliori, ma si sarebbe accontentato, anche perché non aveva altra scelta. "Ti faccio provare la pizza più buona della città. E' proprio sotto casa mia" aveva detto con decisione, mascherando bene il fatto che si fosse dovuto inventare una soluzione dell'ultimo momento. 
"Sono nelle tue mani. Mi fido!"

Avevano chiacchierato a lungo duranti quei venti minuti che Harry aveva percorso lentamente per tornare dalle parti di casa sua, dove si trovava la pizzeria. Qualche battuta di circostanza, tanto per rompere il ghiaccio, c'era stata. Ma solo per i primi minuti. Tra di loro si era creata una strana armonia, tessuta da sguardi intensi e complici. E ogni occasione era buona per sfiorarsi le mani. Anche se erano due perfetti sconosciuti, Harry aveva l'impressione di conoscere Ben da tanto tempo. Aveva superato subito l'imbarazzo iniziale, e ora la conversazione tra loro aveva assunto un tono piacevole e confidenziale.
Come previsto, in pizzeria non vi erano state difficoltà nel trovare un tavolo, lontano dalla televisione, dove avevano iniziato a raccontarsi di fronte a due birre gelate, in attesa delle pizze. Harry, come al solito, era andato sparato sulla quattro formaggi, mentre Ben, dopo aver consultato distrattamente il menù, aveva scelto una margherita. Non c'erano stati momenti di imbarazzo né di silenzio tra loro quella sera. Avevano parlato di loro stessi, di come avevano scelto di combattere la vita, delle loro passioni, dei loro sogni. Ben avrebbe voluto fare l'assistente sociale, ma era indietro con gli studi. Harry gli aveva parlato della sua passione per la scrittura. Avrebbe voluto girare il mondo, armato solo di un quaderno e di una penna. Gli sarebbe piaciuto non avere orari né oneri lavorativi da rispettare, ma solo ritrarre tra le righe di un foglio bianco tutto quello che i suoi occhi e il suo cuore gli suggerivano. 
In quel momento, avrebbe voluto ritrarre anche Ben, per non dimenticarsi di quella serata ma aveva avuto la sensazione di non esserne in grado. Avrebbe voluto tenerlo per mano, per non correre il rischio di farla scappare via. E avrebbe voluto baciarlo, per sentirlo ancora più vicino. Per sentirlo suo. 

Avevano parlato dei loro gusti musicali. 
Ben amava il cinema, Harry i libri. Entrambi avevano una grande passione per gli animali, anche se lui preferiva gli animali. Harry aveva sempre adorato i gatti. Avevano parlato a lungo e si erano resi conto della tarda ora solo dopo aver notato i camerieri che sparecchiavano la sala, ormai vuota. Ben si era alzato per andare in bagno e Harry ne aveva approfittato per andare a pagare il conto. Erano usciti dal locale tenendosi per mano. 
Harry gli avrebbe voluto chiedergli di salire da lui a bere una birra, come faceva tutte le volte che usciva con un ragazzo. Ma con lui aveva deciso di non farlo, sapeva che non avrebbe accettato. E soprattutto pensava che se lo avesse fatto la magia si sarebbe spezzata. 
Erano saliti in macchina per rientrare a casa di Ben, e durante il tragitto il silenzio aveva fatto da padrone. Non perché non avessero nulla da dire o perché si fossero già detti tutto, ma solo perché non si erano ancora lasciati la mano. E qualsiasi parola avrebbe spezzato l'armonia. 

"Sono stato benissimo Har. Davvero.. grazie per la bella serata."
Non lasciare la mia mano, non adesso. Resta con me ancora un po' avrebbe voluto dire. "Sono stato benissimo anche io, Ben. Spero di rivederti" aveva detto invece con un filo di voce. Si erano salutati con il più dolce dei baci, continuando a tenersi per mano. Harry si sentiva come se stesse danzando su una corda sospesa per aria, in perfetto equilibrio. Avrebbe voluto fermare il tempo, e farlo ripartire sempre da lì. Ben era entrato nel suo cuore, prepotentemente. Senza che ci fosse una ragione. 
L'aveva guardato dirigersi verso la porta di casa sua, e gli aveva sorriso quando si era voltato, rimanendo seduto in aiuto col motore spento, anche dopo averlo visto svanire dietro il portone del palazzo. E non perché volesse prendersi cura di lui, ma perché aveva bisogno di rendersi conto che stava succedendo veramente. Dopo qualche minuto era sceso dalla macchina, aveva tirato fuori l'accendino dalla tasca dei jeans e si era acceso una Camer blue, fumandola lentamente, appoggiato allo sportello della sua auto. Era tarda notte e in quelle piccole viuzze del centro non si sentiva una mosca volare. Si trattava di un silenzio quasi surreale, violato soltanto dal sottofondo di una canzone. 

Tempi sospesi] Larry Stylinson.Where stories live. Discover now