È insignificante

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«cristo Emma, vuoi lasciarmi spiegare o no!? Sembra che leggendo due messaggi tu sappia già con precisione i fatti, complimenti per la fiducia» sbottò il ragazzo poggiandosi al muro.

«no scusa, non ho capito, sei tu quello ad essere arrabbiato!? Dio me ne tornerei a casa a piedi pur di non parlarti»

«invece a casa ci andiamo, alla mia e parliamo, perché non hai tre anni e se c'è un problema ne discutiamo come persone mature»

La ragazza chiuse gli occhi e prese un respiro per non sbroccare davanti a tutte quelle persone, era un ristorante abbastanza conosciuto e avrebbero potuto vederli.
Il viaggio in macchina fu totalmente silenzioso, nessuno accennava nessuna parola o mossa.
Solo Niccolò di tanto in tanto si voltava a guardarla, ma lei aveva lo sguardo fisso sulla strada.
Salendo le scale del palazzo si sentiva solo il rumore dei tacchi di lei, ma a metà sbuffò e prese in considerazione l'idea di toglierli e salire scalza.
Niccolò abbassò lo sguardo e vide il segno rosso sulle caviglie provocato dai tacchi, così si avvicinò a la prese abilmente tra le braccia a mo' di principessa.
Emma non si oppose, anzi lo ringraziò mentalmente nonostante fosse su tutte le furie.
Appena però arrivarono dentro casa, scese dalle sue braccia e si diresse direttamente in camera per posare la borsa e levare finalmente quei tacchi, ma non pronunciò neanche una parola.

«possiamo parlare adesso?» chiese Niccolò poggiato con una spalla alla porta.

«cosa vuoi dirmi? Quello che già so?»

«no, che se non stessi con te probabilmente adesso sarei già tornato con lei, perché l'ultima non fu la prima volta che ci lasciammo.
L'amavo, ma lei non amava me, me ne sono reso conto tardi.
So solo che conta meno di zero nella mia vita da quando ci sei tu, sarebbe lo stesso anche senza di te ormai» disse avvicinandosi e facendola indietreggiare verso la parete.

«questo non giustifica il fatto che tu non mi abbia detto niente di niente, e che soprattutto avresti continuato a mentirmi se non avessi visto quel messaggio»

«te l'avrei detto se mai fossimo entrati in argomento, lei non conta niente nella mia vita e non merita neanche che io stia a litigare qui con te proprio per lei»

«ah, va bene, allora domani vado a farmi un drink con Edoardo mentre dormi, già che ci sono mi faccio anche una scopata dato che, come hai detto tu, è insignificante»

«Emma non sparare ste cazzate neanche per scherzo» disse Niccolò facendo aderire i loro petti e serrando la mascella.

«ah adesso ti dà fastidio? Non pensavo che te ne fregasse qualcosa a questo punto»

«ma ti senti quando parli?»

«io mi sento benissimo, sei tu forse che non senti proprio nulla.
Lo sai quanto ci metto a fidarmi di qualcuno, ma si andiamocene tranquillamente a prendere il caffè con la propria ex, tanto che cazzo te ne frega» urlò lei staccandosi bruscamente dalle sue braccia e chiudendosi dietro la porta del bagno.

«Emma cazzo, apri, a che ti serve chiuderti in bagno, eh?»

«a non vederti! Ecco a cosa»

Niccolò sbuffò spazientito e si passò una mano sul viso nervosamente, era la prima volta che litigavano in quel modo e non sapeva come prendere la situazione.
Emma d'altro canto, si sedette ai lati della vasca e, dopo svariati minuti, si lasciò finalmente andare.
Si era imposta di non piangere per nessuna ragione al mondo davanti a lui, ma dato che in quel momento era sola, delle lacrime silenziose iniziarono a solcarle il viso.
Passarono prima dieci minuti, poi venti, mezz'ora, tre quarti d'ora, alla fine Niccolò si arrese e tornò in camera.
Sapeva che finché sarebbe rimasto lì fuori lei non avrebbe smosso un passo, così chiuse la porta e sfilò la camicia per mettersi comodo.
Rimase con un pantalone di tuta e finalmente si distese sul letto, ma era maledettamente vuoto e freddo senza di lei.
Appena sentì dei passi fuori la porta, chiuse di fretta gli occhi e finse di dormire, fu anche abbastanza convincente.
Emma richiuse la porta una volta averlo visto nel mondo dei sogni e si diresse nel salone, dopo quello che era successo non aveva abbastanza coraggio per distendersi vicino a lui come se nulla fosse.

[...]

Erano le tre di notte passate e Niccolò era ancora con gli occhi aperti.
Non riusciva a prender sonno, soprattutto dopo averla sentita piangere nell'altra stanza cercando di fare meno rumore possibile.
Si passò le mani sul viso e si decise ad alzarsi, altrimenti avrebbe sicuramente passato la notte in bianco.
Lei era distesa sul divano, con le braccia che stringevano un cuscino al petto e due occhiaie profonde, si era addormentata a stento da una mezz ora.
Dato che il divano era abbastanza grande, ebbe la possibilità di stendersi vicino e lei e abbracciarla forte da dietro.
Lei aprì debolmente gli occhi sentendo quella presenza al suo fianco, così voltò lentamente la testa.

«vieni di là con me?» chiese lui sfiorando di proposito il suo orecchio con le labbra.

Emma iniziò a rabbrividire per quel contatto improvviso e strinse i denti per non far notare quanto fosse maledettamente dipendente dai suoi gesti.

«no» rispose la mora voltando nuovamente la testa e socchiudendo gli occhi.

Non voleva dargliela vinta, eppure non voleva neanche rimanere da sola.
Niccolò allora si avvicinò un po' di più per non cascare dal divano, finché furono completamente appiccicati.
Si addormentarono in quel modo, lui che la stringeva forte da dietro e lei che provava solo a godersi quegli attimi insieme prima della tempesta.

Love me on setWhere stories live. Discover now