«Di che si tratta?» Domandò mentre si alzava a fatica, avanzando pigramente per la cucina senza neanche mettersi le ciabatte.
«Ehi, però non usare quel tono moscio! Mi rovini sempre l'entusiasmo.» Sbuffo Jenny dall'altro capo del telefono. Eris non rispose, incassando il colpo.

Mia madre non è una che sorride spesso. Era la frase che sua figlia diceva più spesso, quando parlava di lei. Ed era vero, d'altronde, che il mondo di Eris era come velato di una tristezza patetica, un grigiore che persino i suoi cari temevano.

Jeanne aveva quasi trent'anni ormai, ed era una donna fatta e finita. Aveva già un lavoro stabile, una casa tutta sua, e un marito molto dolce che si prendeva cura di lei. Il loro matrimonio era stato circa un anno prima, e tutti gli amici e i parenti si erano tenuti alla giusta distanza da Eris pur di non doverle rivolgere la parola. Avevano paura dei suoi silenzi profondi, del tono mogio della sua voce, o del pessimismo dei suoi discorsi. Avevano paura che il dolore che provava avrebbe potuto contagiarli.

Ed Eris sapeva che era così da sempre. O almeno, da quando ne aveva memoria.
C'era stato un tempo in cui era anche lei stata considerata una persona sorridente, vivace e positiva, ma ormai erano passati così tanti anni che non si ricordava neanche più quando fosse stata l'ultima volta in cui si era sentita effettivamente felice. Forse, non lo era mai stata per davvero neanche prima.

«Mamma, hai capito cosa ti ho detto?» Riprese Jenny, più agitata di quanto Eris l'avesse mai sentita.
La donna scosse la testa tra sé e sé e tese l'orecchio per ascoltare meglio.
«Mi dispiace tesoro, stavo pensando ad altro. Dimmi.» Le disse semplicemente, preparandosi a sentire un discorso eccitato su qualche piano di viaggio vacanze che avevano in mente lei e suo marito.

Lei, però, la stupì.
«Sono incinta!» Esclamò all'improvviso, e il mondo di Eris si bloccò. Il suo respiro si bloccò, il suo cuore si bloccò.
Tutto di lei divenne di ghiaccio, nell'attimo esatto in cui elaborò la frase nella sua mente.
Sono incinta. Queste parole le rimbombarono nel cervello per qualche secondo di troppo. Il silenzio che ne susseguì fu abissale tanto la pressione che la donna percepì sul suo petto.

«È...meraviglioso...» Sussurrò poi a denti stretti, riprendendosi dallo shock.
«Qualcosa mi dice che non ne sei felice...» Commentò Jenny, abbassando la voce come a dispiacersene.
«No, no! Tesoro mio, certo che sono felice. Solo...non mi aspettavo che sarebbe successo così presto, ecco tutto.» Le veniva la nausea il solo pensarci.

Un bambino. Un bambino.
Che per sua fortuna sarebbe nato in una famiglia felice, con due genitori amorevoli e presenti. Un figlio. Un nipote.
Eris fece un respiro profondo e si appoggiò alla parete della cucina, afferrando nervosamente il pacchetto di sigarette ancora rilegato che aveva lasciato sul tavolo la sera prima.

«Ormai è un anno che io e Richard siamo sposati, mamma, direi che abbiamo aspettato fin troppo, non credi?» Rispose la ragazza, ritrovando l'eccitazione, «Ci pensi? Diventeremo una famiglia! Già mi immagino il nostro piccolo, o piccola, che gira per casa con i suoi piedini carini tutti puliti. Non credo di essere mai stata emozionata di qualcosa come diventare madre...» Disse sincera, ed Eris si affrettò a mettersi una cicca fra le labbra, accendendola.

Espirò pesantemente il fumo dal naso e cercò di non svelare le sue reali emozioni.
«Te lo meriti, tesoro... - Mormorò a denti stretti - Ti meriti ogni cosa bella che la maternità può donarti. Sono davvero felice per te.» Eppure nella sua voce c'era tutt'altro che felicità. Avrebbe dovuto saltare in aria dalla gioia alla scoperta che presto sarebbe diventata nonna, eppure non riuscì a provare niente.
Nemmeno fastidio.
Solo, un'indelicata e dolorosa consapevolezza che si esimé dal pronunciare ad alta voce.

«Ora ti lascio, mamma. Probabilmente hai da fare adesso. Oggi andrò a comprare la culla con mio marito, ti manderò le foto!» E staccò. Senza nemmeno salutare.
Eris tirò di nuovo il fumo e posò il cellulare sul piano lavoro a faccia in giù.
Si concesse un secondo di silenzio per fissare il soffitto pieno di ragnatele, ispirando il fumo della sigaretta come se fosse stata la sua unica ancora di salvezza.
Si voltò verso il frigo, e improvvisamente le si chiuse lo stomaco. Non mangiò nulla.

𝐋'𝐔𝐎𝐌𝐎 𝐃𝐀𝐆𝐋𝐈 𝐎𝐂𝐂𝐇𝐈 𝐃𝐈 𝐍𝐄𝐁𝐁𝐈𝐀 | ✓जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें