Capitolo Ventitreesimo

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Salimmo in macchina nel cuore di quella movimentata notte d'ottobre con il freddo che ci arrivò fin dentro le ossa. Non mi lamentai nemmeno della spaventosa auto della mia coinquilina, mi preoccupai solo di arrivare a Villa Barruzziana il prima possibile. Notai che Agata aveva la mia stessa impazienza quando sfrecciò per le vie di Bologna ad una velocità esagerata ed impiegammo la metà del tempo impiegato la prima volta per arrivare a destinazione. In Via dell'osservanza 19, sembrò tutto tranquillo. L'ospedale psichiatrico ed chiuso al pubblico dalle ore 20 ma non vidi niente di sospetto: Nessuna luce accesa, nessun camion dei vigili del fuoco e nessun grido di aiuto.

<<Forse ci siamo sbagliate>> mi disse Agata, sollevata.

<<Sì, forse>> le risposi.

In realtà qualcosa nella mia testa mi disse che non poteva essere così semplice, ma non espressi il mio dubbio alla ragazza in piedi alla mia sinistra.

<<Torniamo a casa?>> propose toccando delicatamente il mio braccio, come ad incitarmi ad entrare in macchina.

Annuii ed entrammo in macchina, ma appena mise in moto le dissi di non voler tornare a casa. Il pensiero di aver litigato con Uran si impadronì di me e non volli aspettare nemmeno un secondo di più per chiarire.

<<Allora dove vuoi andare?>> mi chiese confusa.

<<Portami all'università, da lì poi me la cavo da sola>> le risposi e lei annuì soltanto prima di iniziare a guidare.

Scrissi un messaggio ad Uran chiedendogli di incontrarci ma quando non ricevetti risposta, mi resi conto che per parlarci avrei dovuto trovarlo io.

<<Agata?>> la chiamai, mentre guidava.

<<Sì?>> rispose senza spostare lo sguardo dalla strada.

<<Conosci una casa abbandonata vicino ad un cimitero?>> le chiesi.

<<Ce n'è una a due passi dal cimitero monumentale, perché me lo chiedi?>> rispose leggermente confusa dalla mia domanda.

<<Mi ci accompagni ora, per favore?>> le chiesi.

Agata spostò per un secondo lo sguardo verso di me incontrando il mio sguardo implorante.

<<Va bene>> disse senza fare ulteriori domande, <<Dovrò fare inversione>> disse poi sbuffando.

Mi portò alla casa abbandonata che mi riportò subito alla mente il ricordo di qualche giorno prima, ringraziai Agata del passaggio e scesi dalla macchina stando attenta a non dimenticare il cellulare.

Saltai il muretto come feci la prima volta e senza farmi intimorire dall'atmosfera che per chiunque altro sarebbe stata tutt'altro che tranquillizzante, aprii la porta d'ingresso che cigolò. Decisi di chiamare Uran per trovarlo più facilmente e seguii il rumore della suoneria che arrivò alle mie orecchie. Salii lentamente al piano di sopra per prendere tempo, non sapendo cosa avrei detto ad Uran una volta che l'avrei trovato.

Salite le pericolanti scale, attraversai il corridoio con lo sguardo puntato verso l'interno delle quattro stanza presenti. Superai la prima non vedendolo, superai la seconda per la stessa ragione e la terza poiché anche questa mi sembrò vuota. Aspettai un secondo prima di entrare nella quarta stanza, l'ultima del corridoio. Uran si girò pronto a colpire chiunque si trovasse davanti con il candelabro che teneva in mano, ma si fermò appena in tempo riconoscendomi.

<<Che ci fai qui?>> mi chiese indispettito dalla mia presenza.

<<Ti cercavo>> gli risposi a voce bassa.

Gli incubi di Endora.Onde as histórias ganham vida. Descobre agora