Capitolo quinto

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L'ansia mi investì immediatamente quando vidi il messaggio. Chi era? E come aveva il mio numero? Poteva essere qualche collega della facoltà? Non avevo legato con nessuno, tanto meno dato il mio numero in giro. Inoltre ero abbastanza sicura del fatto che nessuno in facoltà fosse minimamente interessato a conoscermi o a parlare con me. Ero troppo strana per loro.

Edgar agitò le ali, distraendomi per un secondo dai pensieri. Tornai alla realtà e decisi di rispondere nella maniera più banale del mondo.

<<Ciao, chi sei?>> scrissi curiosa di ricevere una risposta quanto prima.

Non arrivò risposta nei successivi cinque minuti, così mi ritrovai a fissare il telefono aspettando la notifica. Mi sentii una completa idiota, ma non ero una persona paziente.

<<Sono Uran, il ragazzo di stamattina. Volevo solo ringraziarti per gli appunti, te li riporterò domani.>> lessi sullo schermo.

Persi un battito: si chiamava Uran proprio come un demone, il demone degli svenimenti e delle sincopi. Magari era solo un soprannome come io usavo Batibat, ma già era interessante per me trovare qualcuno con un po' di cultura in merito.

Se poi si aggiungeva il fatto che si trattava del ragazzo con la giacca di pelle, le fantasie si moltiplicavano a tal punto che mi dimenticai anche di rispondere. Non mi chiesi nemmeno come avesse fatto a trovare il mio numero, non mi importava, ero felice del fatto che mi avesse scritto.

Ad un certo punto però, ebbi un colpo di genio e gli scrissi subito un messaggio.

<<Dovrei rimetterli in ordine, so che potrei disturbare... Ma ti dispiacerebbe farmeli avere questa sera?>> scrissi sperando in una risposta positiva.

<<Nessun problema, tra mezz'ora all'università?>> rispose dopo pochi secondi.

<<Va bene>> scrissi e saltai giù dal letto in tutta fretta.

Aprii subito l'armadio e quello che ci trovai dentro a prima vista non era che un mucchio di sfumature di nero aggrovigliate fino a riempire ogni mensola. Presto decisi di mettere un paio di jeans neri aderenti e un bustino nero di velluto, poi misi una giacca in pelle e dopo aver infilato le creepers di velluto ai piedi corsi in università con lo zainetto in spalla.

L'ansia e l'agitazione furono protagonisti di quel momento, non ci misi mai così poco tempo a raggiungere l'università come quel giorno.

Arrivai con un forte mal di testa e diedi la colpa al vento per questo. Mi sedetti sulle gradinate dell'università tremando leggermente per il vento fresco che mi congelò le ossa. Sentii il vento cessare quasi di colpo e d'istinto mi girai. Lo vidi arrivare in quell'esatto momento.

I suoi capelli scompigliati gli incorniciavano il viso addolcendo i suoi lineamenti. Il chiodo in pelle ricoperto di borchie gli stringeva le spalle e i jeans neri sembravano essere stati cuciti su di lui, ai piedi anche lui aveva un paio di creepers come me con l'unica differenza che le sue erano in pelle e non di velluto. Mi incantai ad osservare la sua bellezza finché lui non mi salutò.

<<Ciao>> mi disse soltanto sedendosi accanto a me sulle scalinate.

<<Ciao>> risposi accennando un sorriso, mentre lui era impegnato a tirar fuori dallo zaino il mio quaderno. Prese il quaderno e lo tese verso di me. Lo afferrai dalle sue mani, ma non sembrò avere intenzione di lasciarlo andare.

<<Se te lo restituisco, vieni con me in un posto?>> mi chiese lasciandomi senza parole.

<<sì>> risposi e solo in quel momento mi lasciò prendere il quaderno.

Una vocina dentro di me mi diede dell'incosciente ad accettare un invito al buio così su due piedi. La ignorai osservando lui con occhi sognanti, come soggiogata dalla sua bellezza.

Si alzò dal gradino e tese una mano per aiutarmi, la presi e quasi sentii una scossa. Una volta in piedi non lasciò la mia mano e mi trascinò con passo svelto nel posto in cui voleva portarmi. Andammo dietro l'università ed io cercai di osservare sia il percorso che lui. Era così affascinante, mi sentivo quasi calamitata da lui, dalla sua figura, da quell'aria misteriosa che lo avvolgeva dandomi quel senso di curiosità ed eccitazione che in quel momento mi aveva spinta a seguirlo senza nemmeno conoscerlo.

Arrivammo in fretta davanti ad una porta che varcammo frettolosamente. Una volta dentro, ebbi il tempo di guardarmi intorno. Si trattava di un semplice bar anonimo e un po' sciatto, semivuoto. Ci sedemmo in un tavolino leggermente appartato, uno di fronte all'altra.

Un silenzio imbarazzante ci avvolse finché non arrivò la cameriera. La donna, senza riuscire a nascondere la stanchezza sul volto, mi chiese cosa desiderassi e subito dopo se ne andò.

<<Ha dimenticato di prendere la tua ordinazione>> dissi alzando un braccio per chiamare la signora.

Mi interruppe abbassando poi gentilmente la mia mano con la sua. A quel contatto rabbrividii, il suo tocco era tremendamente familiare nonostante la cosa suonasse tanto illogica.

<<Non fa niente, non volevo ordinare niente>> mi disse lasciandomi perplessa.

<<Allora perché mi porti in un bar, se non vuoi ordinare niente?>> chiesi timidamente confusa dal suo comportamento.

<<Per il posto>> disse soltanto facendo spallucce.

Pensai che il posto in sé non fosse nulla di speciale, ma non lo dissi a voce alta perché non mi sembrò il caso.

La cameriera tornò con la fetta di torta che avevo ordinato poco prima e subito dopo se ne andò guardandomi in modo strano, con un'espressione per me indecifrabile, senza degnare nemmeno di uno sguardo Uran. Come se mi avesse sentito chiamarlo Uran mi rivolse di nuovo la parola.

<<Tutto bene?>> mi chiese vedendomi assorta.

<<Sì, ma di nuovo la cameriera non ti ha degnato di uno sguardo... Come se...>> iniziai a dire pensierosa e con lo sguardo rivolto verso il bancone.

<<...come se non mi avesse visto?>>, completò per me la frase e annuii sempre pensierosa.

<<Beh. Magari sono un fantasma>> mi disse e scoppiammo in una sonora risata insieme, in quel bar così sciatto che però in sua compagnia era diventato piacevole. La verità era che con lui davanti, mi sentivo non solo a mio agio, ma compresa. Ero sicura del fatto che non mi trovasse strana per il semplice fatto che lui era come me, esattamente come me. Probabilmente anche lui si sentiva studiato, osservato quando camminava per strada, magari anche lui aveva incontrato persone nella sua vita che lo avevano allontanato solo per il suo modo di essere fuori dal comune. Lo capivo e sapevo che lui capiva me, nonostante non avessimo parlato dell'argomento a voce alta.

Forse mi aveva portato in un posto monotono per rendere più importante il fattore compagnia ipotizzai, poi pensai che fosse una cosa troppo strana e abbandonai in fretta l'idea.

Mi sentii stupida ad averlo pensato. Gustai la torta lentamente e senza alcuna fretta, come per non far finire mai quel momento, come per godermi il più possibile la sua compagnia. Lui mi parlò dell'università, mi disse quanto l'amava e quanto adorava le materie d'esame. Mi raccontò del suo primo giorno qui e affrontammo un discorso dopo l'altro con la tranquillità di due persone che si conoscono da sempre. Mi sentii leggera e dimenticai la vita reale per un po', godendomi la sua voce così profonda e scura. Mi disse che adorava cantare e mi raccontò altre cose sempre parlando al passato... questo dettaglio mi incuriosì ma non feci domande, avendo paura di essere invadente. Il pomeriggio passò così velocemente che non me ne resi conto e anche dopo aver finito la torta ed essere usciti dal bar, la passeggiata durò un bel po' girando per le vie nei dintorni dell'università. Quando si fece tardi un brivido mi attraversò la spina dorsale e lui se ne accorse, così mi poggiò la sua giacca in pelle sulle spalle. Mi sentii coccolata e lo ringraziai, cercando di non sorridere come un'ebete. Lui poi si offrì di accompagnarmi a casa ed io accettai un po' perché al buio non me la sentivo di far la strada da sola ed un po' perché così avrei potuto passare un po' di tempo in più con lui. Essere in sua compagnia mi faceva sentire a mio agio, mi faceva sentire normale. Era così simile a me che essere me stessa, come poche volte fino a quel momento, non mi fece sentire fuori luogo. Mi sentii al posto giusto, con la persona giusta.

Gli incubi di Endora.Where stories live. Discover now