Capitolo quarto

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Mi svegliai con il solito suono della sveglia che mi mise di buon umore, soprattutto perché accompagnato dal suono dei tuoni provenienti dall'esterno. Il tempo era di giorno in giorno migliore, tanto che quella mattina ci fu un brutto temporale, uno di quelli pieni di tuoni ad attutire il resto dei suoni della vita.

Mi vestii indossando il solito paio di jeans neri ed una blusa nera di pizzo. Dopo aver preso l'ombrello e lo zaino, salutai Edgar con qualche carezza sulla testolina e poi passai dalla cucina per prendere al volo una barretta di cioccolato dove trovai la mia coinquilina.

<<Buongiorno Agata! il tempo è meraviglioso oggi, mette di buon umore! >> la salutai così, entrando in cucina.

<<Meraviglioso? Ma non hai sentito il temporale?>> mi chiese, con un espressione perplessa sul viso e l'aria assonnata. Era ancora in pigiama, accasciata sul tavolo della cucina davanti ad una tazza di caffè fumante. Nemmeno vedere il suo pigiama rosa con gli unicorni riuscì a rovinarmi l'umore.

<<Sì, infatti, meraviglioso!>> le dissi e sorrisi, di quei sorrisi a trentadue denti.

<<Buona giornata allora>> mi disse, accennando una risata accompagnata da un cenno di mano. Forse pian piano ci stavamo abituando alla convivenza.

<<Buona giornata!>> esclamai, uscendo dalla cucina di corsa diretta in facoltà.

Il tragitto fu rilassante anche grazie alla pioggia, mi bagnai leggermente le scarpe in una pozzanghera ma non me ne curai. Quando arrivai in facoltà erano già tutti nel grande atrio all'interno, probabilmente per ripararsi dalla pioggia. Stupidamente cercai il ragazzo tra la folla ma non lo vidi. Sospirai e andai nella prima aula dove avrei avuto lezione, una stanza ampia, con le sedie rosse e i banchi molto grandi di legno chiaro.

Considerai le lezioni di letteratura greca come più interessanti, anche se un po' noiose per i miei compagni. Scrissi un'infinità di pagine di appunti che una volta a casa avrei dovuto riordinare. Sospirai stanca e alla fine della lezione misi con calma tutto in ordine. Dopo avrei avuto un'ora buca e una lezione di letteratura moderna. Quando misi l'ultimo quaderno nello zaino una voce mi distrasse.

<<Scusa puoi prestarmi i tuoi appunti? Sono arrivato in ritardo per la pioggia>> disse qualcuno. Quando mi girai sorprendentemente vidi il ragazzo con la giacca di pelle. Quello che in qualche modo aveva destato la mia curiosità al punto da entrarmi nella testa. Non mi chiesi nemmeno perché non si fosse bagnato sotto la pioggia.

Annuii e come ipnotizzata gli passai il quaderno senza riuscire nemmeno a dire niente. Lui mi dedicò un sorriso spento ma sincero.

Come quello di qualcuno che cerca di uscire da un tunnel senza uscita e vede una lucciola, pensai.

Mi sentii quella lucciola e per questo sorrisi ancora una volta.

<<Grazie..>> iniziò, ma si bloccò non sapendo il mio nome.

<<Mi chiamo Endora, ma puoi chiamarmi Batibat>> gli dissi sorridendo.

<<Batibat è il nome di un demone...>> disse in tono incerto e io fui sorpresa della sua cultura.

<<Sì>> risposi, regalandogli un sorriso. Lui fece un'espressione che non riuscii a decifrare.

<<Beh Batibat, ci vediamo in aula>> disse e se ne andò.

<<Aspetta!>> esclamai, ma era troppo lontano per sentirmi e non si girò.

Avrei voluto chiedergli il suo nome ma mi consolai con il pensiero che ci saremo sicuramente rivisti, dato che aveva i miei appunti.

Misi tutto nello zaino e decisi di andare al bar durante l'ora buca che avevo. Presi una tazza di cappuccino che sorseggiai con calma mentre mi perdevo fra le pagine di un libro. Il piccolo bar in cui ero entrata era un posto caldo e accogliente, senza colori troppo vivaci. Mi piacque fin da subito e decisi che sarebbe stato il luogo in cui avrei trascorso una parte del mio tempo libero. Finii il cappuccino e guardai l'orario vedendo che mancavano pochi minuti alla lezione. Riposi il libro nello zaino, pagai in tutta fretta e sotto una leggera pioggerellina mi recai in facoltà diretta verso l'aula di letteratura moderna.

L'ora passò lentamente, forse perché avevo la testa da un'altra parte o forse perché mi ero ricordata di dover dare da mangiare ad Edgar che quando era affamato diventava isterico.

Quando l'ora finì chiesi timidamente a qualcuno di prestarmi il quaderno degli appunti, poi li fotografai per copiarli a casa. La lezione fu così noiosa che non riuscii nemmeno a prendere appunti. Lo sguardo della collega quando mi aveva vista avvicinarmi mi fece sentire come al solito fuori luogo, ma cercai di non pensarci e di sorridere, senza restarci male.

Uscii dalla facoltà stanca e triste poiché il tempo era peggiorato: non pioveva più e c'era il sole. Il mio malumore immotivato crebbe smisuratamente, così mi rifugiai in camera mia non appena raggiunsi l'appartamento e chiusi le pesanti tende davanti alla mia finestra per godermi la penombra della mia stanza semibuia.

Diedi giusto da mangiare a Edgar e senza nemmeno salutare la mia coinquilina mi buttai di peso sul mio letto. Chiusi gli occhi senza dormire nemmeno per un secondo. Ripensai a quel ragazzo, non sapere niente di lui l'aveva fatto entrare tra i miei pensieri.

La prossima volta che lo vedrò pensai, gli chiederò come si chiama!.

Un suono mi distrasse dai miei pensieri, era il mio telefono. Uscii dal mio volontario stato vegetativo e istintivamente balzai fuori dal letto alla ricerca del telefono.

<<Ciao>> lessi sullo schermo non appena presi il cellulare fra le mani.

Gli incubi di Endora.Where stories live. Discover now