Capitolo Undicesimo

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Aprii gli occhi e la prima cosa che vidi fu una porta di metallo color panna aprirsi. Osservai ancora una volta il mio corpo, indossavo una vestaglia bianca lunga e ricamata fino alle caviglie, i miei piedi erano scalzi e a diretto contatto con il pavimento color cemento della stanza.

Iniziai a ripetere nella mia mente che si trattava solo di un incubo ma il mio istinto mi urlò di uscire di lì. L'idea di rimanere chiusa lì, seppur ben consapevole di essere stata catapultata nuovamente in un incubo, non mi piacque nemmeno per un istante.

La donna che identificai come quella che mi costringeva a prendere le medicine entro dalla porta appena aperta. Non avevo idea di chi fosse ma la consapevolezza di questa informazione mi fece essere sicura della veridicità di essa. La porta aprendosi cigolò e mi diede così fastidio che mi tappai le orecchie con entrambe le mani per proteggerle.

<<È ora di andare a dormire Endora>> mi disse sorridente. Non mi fidai neanche per un attimo di quel sorriso: era malvagio. Lo sentivo, lo vedevo dalla scintilla di cattiveria nei suoi occhi.

<<Non voglio andare a dormire, voglio andare via da qui! Perché mi tenete qui? Perché?!>> urlai disperata e poi tentai di correre verso la porta nel vano tentativo di scappare da quella prigione.

<<Endora sai cosa succede quando non vuoi andare a dormire. Vai a letto, immediatamente.>> disse senza muoversi. La ignorai ma non potei ignorare anche l'uomo di due metri grosso quanto un armadio che si piazzò davanti a me e mi tolse ogni via di fuga. Il suo volto era sfocato come in ogni mio incubo, più mi concentrai per cercare di identificare il viso dell'uomo, più questo si faceva sfocato e di conseguenza irriconoscibile.

Mi prese di peso nonostante mi stessi dimenando e senza alcuno sforzo mi buttò sulla brandina. Continuai ad agitarmi quando vidi delle cinghie in pelle saldate al letto. L'uomo che non riuscii a riconoscere legò i miei polsi al letto con quelle cinghie e subito dopo fece lo stesso con le caviglie. La vecchia donna mi coprì con un lenzuolo bianco fino alle spalle e disse perfida:<<Buonanotte Endora>>. Poi tutti uscirono dalla stanza e la porta venne chiusa bruscamente.

A quel punto una voce ed un rumore familiare mi distrassero. Riconobbi il rumore: il battito di ali del mio amato Edgar. La voce non riuscii a riconoscerla, ma mi sentii come risucchiata via dall'incubo che mai come in qualunque altro momento, mi sembrò così reale. La speranza di ritornare alla realtà fu come vedere una luce in fondo al tunnel, una luce che si avvicinò sempre di più fino ad avvolgermi.

Chiusi gli occhi e li riaprii sbattendo lentamente le palpebre. Cercai di mettere a fuoco le cose intorno a me ma inizialmente non ci riuscii.

Quando iniziai a vedere qualcosa cercai immediatamente di muovermi, provai ad alzarmi. Un colore acceso mi accecò: l'arancione. Vidi un uomo inginocchiato davanti a me, indossava una tuta arancione che indentificai come la divisa di chi lavora in ambulanza.

<<Okay Endora, mi senti?>> chiese l'uomo. Annuii debolmente in risposta, non avendo ancora le forze di parlare.

<<Bene. Io sono Lorenzo, sei svenuta ma hai battuto la testa, ci ha chiamato la tua coinquilina. Hai perso conoscenza per una decina di minuti>> mi spiegò l'uomo misterioso. Immediatamente sentii l'impulso di guardare male Agata ma quando lo feci, incontrai solo la sua figura intenta a mangiarsi le unghie preoccupata o forse nervosa.

Lui e un altro ragazzo in divisa provarono ad aiutarmi a mettermi seduta. Mi resi conto di essere per terra, proprio dove persi i sensi poco prima. Mi fece male la testa ma il capogiro durò solo pochi secondi, affievolendosi lentamente.

Mezz'ora dopo mi ritrovai nel mio letto tentando di convincere i ragazzi ed Agata di non aver bisogno di andare in ospedale ma solo di riposo. Uno dei due uomini però, continuò a ripetere che avrei potuto avere un trauma cranico e che in nessun caso, io avrei potuto addormentarmi nelle ore successive. Raggiungemmo così un compromesso: loro non mi avrebbero portata in ospedale e io promisi di restare sveglia per le successive ore. Agata garantì per me e si offrì di assistermi per tutta la notte. Ci liberammo del problema e appena sentii la porta d'ingresso chiudersi e capii che erano andati via, guardai Agata mettendo le braccia conserte.

Gli incubi di Endora.Where stories live. Discover now