Capitolo Secondo

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Il suono della sigla della Famiglia Addams aleggiò nella stanza facendomi svegliare di buon umore. Sbadigliai allungando le braccia per stiracchiarmi e alzai il busto, per poi poggiare i piedi sul freddo pavimento della camera. Mi avvicinai alla finestra aprendo di poco le tende solamente per controllare il tempo che faceva fuori. Sorrisi quando vidi dei nuvoloni grigi coprire quasi interamente il cielo. Amavo le giornate con il cielo coperto, quando il sole non era accecante e l'atmosfera diventava più lugubre, quasi grigia. Il tempo di quel giorno mi fece sperare in una meravigliosa giornata.

Feci una doccia, indossando poi un jeans nero molto stretto e una blusa ricamata con le maniche lunghe in tulle. Dopo aver indossato un paio di stivali neri al ginocchio e il cappotto nero sagomato, tornai in bagno per pettinare i capelli. Le onde naturali dei miei capelli neri dopo qualche colpo di spazzola sembrarono essere state domate. Mi truccai poco e presi l'ombrello mettendolo nello zaino di velluto nero. Uscii direttamente di casa senza fare colazione per due motivi: il primo era che normalmente la mattina presto avevo lo stomaco chiuso avendo preso l'abitudine di mangiare a lezione; il secondo era che così avrei risparmiato tempo per arrivare prima in facoltà.

Conoscevo il percorso a memoria. L'avevo studiato osservandolo da Google maps ed arrivai in poco tempo. Dal vivo l'edificio si presentò ancora più affascinante che in foto. Alzai la testa e schiusi le labbra ammirando il capolavoro di architettura gotica che si presentò dinnanzi a me.

A passo incerto mi avvicinai all'ingresso dove si ergeva un grande portone di legno intagliato. Mi presi un attimo per osservare quel portone dall'aspetto così antico e non riuscii a far a meno di pensare al fatto che, una volta aperta quella grande porta, si sarebbe ufficialmente aperto un nuovo capitolo della mia vita. Stavo per iniziare l'università in una città molto lontana da quella in cui ero nata solo perché per una volta, avevo deciso di inseguire il sogno di studiare qui. Fu il mio sogno fin da bambina ed ora che il mio sogno era così vicino ai miei occhi un fremito attraversò il mio corpo, non avevo paura, ma il futuro davanti ai miei occhi mi intimorì. Bussai ingenuamente, ma evidentemente arrivai troppo in anticipo e così mi sedetti sulle gradinate dell'edificio per aspettare che la facoltà aprisse, guardandomi intorno. La strada non era molto trafficata, passavano poche macchine e molto velocemente. Il cielo grigio e minaccioso mi faceva ben sperare. D'un tratto sentii un soffio di vento leggero travolgermi. Mi girai notando una presenza di cui non mi ero accorta.

Un ragazzo dall'aspetto molto particolare era seduto a meno di un metro da me, senza guardarmi. Puntò i suoi occhi su un diario rilegato in pelle e non li stacco da lì nemmeno per un attimo. La sua giacca in pelle nera era quasi totalmente ricoperta di borchie su tutte le maniche. I suoi capelli scuri e non troppo corti, con un taglio emo, non vennero spostati dal vento contrariamente ai miei. Mi stupii, non sembravano laccati o ricoperti di gel. Decisi velocemente se attirare la sua attenzione o meno, ma non feci in tempo perché lui si alzò e se ne andò verso il retro dell'edificio, senza guardarsi indietro. Fui tentata di seguirlo e mi alzai facendo qualche passo, salii pochi gradini. Un suono poi mi fermò e dopo questo le grandi ante del portone d'ingresso della facoltà si aprirono. Fece capolino dall'uscio un vecchio signore minuto col fiatone, dovuto sicuramente alla fatica di aprire quelle grosse ante di legno. Mi avvicinai incuriosita con l'intenzione di chiedergli di curiosare un po' in giro prima dell'inizio delle lezioni.

<<Buongiorno>> lo salutai, stringendomi nel cappotto per il freddo.

<<Buongiorno, nuova studentessa? Sei in anticipo>> rispose l'uomo con voce tranquilla, studiando poi la mia figura con i suoi piccoli occhietti.

Lo osservai in viso, notando immediatamente le occhiaie violacee e le rughe marcate sulla sua pelle.

Sorrisi leggermente, ma sorridere non era il mio forte così in risposta ricevetti una smorfia confusa.

<<Sì, sono nuova qui. Volevo vedere l'università prima che iniziassero le lezioni>> gli feci sapere ottimista.

Lui mi osservò accigliato e pensieroso.

<<Non si vede molta gente in giro a quest'ora, giusto te e quell'altro ragazzo con i capelli strani>> mi disse e feci finta di nulla quando usò la parola "strani". Chissà perché, non mi sentii la sola persona ad essere definita in quel modo e questo in qualche modo mi fece sentire più leggera.

La mia mente tornò subito a quel ragazzo. Mi girai per un secondo e non vedendolo, tornai a rivolgere la mia attenzione all'uomo.

<<Vieni, ti faccio vedere la tua nuova facoltà! Io sono Gabriele, il bidello di questa scuola, ma mi piace di più pensare di essere il custode di questa meraviglia>> disse e quando varcai la soglia capii subito a cosa era riferita la parola meraviglia. Spalancai la bocca in ammirazione. Ero sicura che i miei occhi stessero luccicando in quel momento. Col naso all'insù guardavo i soffitti decorati e gli archi dei corridoi. Davanti a me due grandi rampe di scale: una a sinistra e l'altra a destra, speculari l'una all'altra. Le ringhiere di marmo in perfetto stile gotico e le statue sparse qua e là mi fecero prendere la macchina fotografica. Iniziai a scattare sotto gli occhi attenti dell'uomo che mi faceva strada fra i corridoi.

<<Va bene che questo posto è una meraviglia, ma una ragazza che fotografa la propria scuola raramente l'ho vista>> sussurrò fra sé e sé.

Il tempo volò così in fretta che ad un certo punto mi abbandonò in uno dei tanti corridoi, farfugliando che si era fatto orario di lezioni e che il suo posto era all'ingresso dell'istituto. Sorrisi arrotolando attorno alle dita una ciocca dei miei adorati capelli neri. Ci misi un po' a trovare l'aula, ma arrivai quasi in contemporanea con il professore che identificai come quello di letteratura moderna. Mi sedetti in disparte, lontano dalla gente e dagli sguardi. Ero abituata ad ignorare gli sguardi delle persone e a far finta di nulla ma sentii un paio di occhi addosso ad un certo punto della lezione che mi costrinsero a voltarmi indietro, verso altri banchi più in alto. Incrociai lo sguardo del ragazzo che avevo visto all'ingresso ed il mio corpo venne invaso dai brividi, in qualche modo mi sentii come in soggezione davanti a lui.

Ignorai la strana sensazione e continuai a seguire le lezioni, cercando di non voltarmi verso il ragazzo che come me era seduto in disparte.

Gli incubi di Endora.Onde histórias criam vida. Descubra agora