Capitolo Sesto

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Arrivammo sotto casa l'uno accanto all'altra, camminando sui marciapiedi sconnessi con il passo di chi ha tutto il tempo del mondo finché non mi fermai, avvisandolo di essere arrivata.

<<Se vuoi salire, posso offrirti una cioccolata calda... c'è un po' di freddo stasera>> gli proposi, prendendo un po' di coraggio. La voce anziché sicura uscì rotta dall'imbarazzo. Mi sorrise e ci pensò un attimo.

L'attimo prima della sua risposta mi sembrò interminabile, anche solo pensare ad un suo possibile rifiuto mi avrebbe messa in pesante imbarazzo.

<<Una cioccolata calda non si rifiuta mai>> mi disse, incorniciando la frase con un sorriso che mi fece correre un brivido lungo la schiena.

Gli feci strada fino all'appartamento, girai la chiave nella serratura sperando di trovare tutto in ordine, senza strane sorprese. Per fortuna, quando entrai per prima in casa notai che era stato anche messo in ordine ed ipotizzai che la mia coinquilina si annoiasse. La chiamai a voce alta, facendo spazio ad Uran per far entrare anche lui e chiudere la porta d'ingresso alle nostre spalle. Non sentii una risposta ed immaginai che fosse uscita. Eravamo soli, cosa che non mi dispiacque ma che in realtà mi mise in soggezione.

Sorrisi, guardandolo negli occhi.

<<Cioccolata calda?>> chiesi, ammiccando ad una grande tazza di cioccolata con un ricciolo di panna sopra.

<<Certo>> mi rispose subito, facendo un sorriso che mi mozzò il fiato.

Preparammo insieme la cioccolata e gli proposi di berla sul divano, perché in cucina senza riscaldamento saremmo congelati. Accettò, dicendomi però che la decisione spettava a me dato che era casa mia.

Una volta sul divano, non seppi che dire. Un rumore preoccupante ci interruppe. Credetti che provenisse da camera mia così gli chiesi scusa, alzandomi e raggiungendo la stanza con aria preoccupata. Aprii la porta trovando la camera vuota. Dentro solo Edgar, che agitò le ali facendo l'isterico. Sorrisi e la preoccupazione sparì, capii che si trattava solo di fame.

<<Uran>> lo chiamai e mi raggiunse in un batter d'occhio, così velocemente che non mi accorsi nemmeno che era già dietro di me, quando parlò.

<<Tutto bene?>> mi chiese ed io senza parlare, lo guidai all'interno della mia stanza fermandomi solamente davanti alla gabbietta. Sotto la gabbietta, in una cesta, avevo sistemato delle mele e altra frutta di cui Edgar andava ghiotto.

Mi girai verso Uran per gustarmi la sua espressione davanti ad Edgar. Lo vidi sorpreso ma affascinato da lui, tanto che mi chiese di potergli dare lui una mela. Acconsentii, chiedendogli di stare attento. Edgar squadrò Uran, ma non si agitò più quando vide che gli stava porgendo da mangiare. Sì calmò iniziando a mangiare davanti a noi, uno vicino all'altro.

<<Devo ammettere che sono sorpreso, ma non mi stupisce che tu possieda un pipistrello... Sicuramente non ti ci vedo a portare a spasso un barboncino!>> mi disse, sorridendo e accennando una risata dopo l'ultima frase.

Soffocai anche io una risata, dandogli ragione. Una volta passato il momento di attenzione per Edgar, però, mi resi conto di averlo portato in camera mia. Credetti di stare per entrare in panico, quando lui si allontanò da me facendo un paio di passi verso il centro della stanza. La studiò, la osservò, notò i dettagli uno dopo l'altro e poi tornò a guardare me.

<<Wow>> disse soltanto, facendomi sentire un po' in imbarazzo.

<<Ti piace?>> gli chiesi retoricamente, mentre ogni tanto lui si ritrovò a spostare lo sguardo in aria e per terra, spinto dalla curiosità.

<<È così... Gotica. Cupa, inquietante, ha quest'aria funerea, se fosse camera mia, ci passerei tutto il mio tempo>> mi disse ancora al centro della stanza.

Presi coraggio e mi avvicinai a lui, in evidente imbarazzo. Mi venne in mente di dirgli che se ne avesse avuto voglia del tempo qui avrebbe potuto passarlo... ma poi ricordai che si trattava della mia camera da letto e l'invito mi sembrò fuori luogo. Lui sorrise malizioso come se mi avesse sentito, guardò il mio letto per un attimo e poi guardò di nuovo me. Mi sentii fortemente in imbarazzo: non ebbi idea di cosa fare e non seppi se avvicinarmi, allontanarmi, uscire dalla camera con una scusa oppure baciarlo e rotolare fra le lenzuola con lui. Presi un grosso respiro, senza farmi notare. Respirai profondamente cercando di mantenere la calma ma non riuscii comunque a prendere una decisione. Forse Uran se ne accorse o forse no, ma mi aiutò a rompere il momento di imbarazzo dicendomi che avevamo una cioccolata da finire, in salotto.

Mi calmai improvvisamente e feci per uscire dalla mia camera, come iniziò a fare lui dopo di me. Ci sfiorammo con i gomiti e sentii come se mi avesse dato la scossa, mi toccai il braccio dolorante e lui se ne accorse.

<<Stai bene?>> mi chiese, toccandomi un braccio con delicatezza e preoccupazione.

<<Mi hai dato la scossa>> gli risposi, ma poi sorrisi e accennai una risata per tranquillizzarlo.

<<Scusami>> rispose all'inizio mortificato e poi più tranquillo.

Finimmo la cioccolata chiacchierando. Parlammo di tutto e di niente, non accennò a nulla della sua vita: mi disse solo di amare la letteratura e la sua facoltà. Provai a spostare il discorso sulla sua giacca ricoperta di borchie per metterlo a suo agio, ma evitò l'argomento come si evita di andare a scuola il giorno del compito di matematica fissato il giorno prima.

Sentii come se volesse evitare di parlarmi di qualcosa ma non mi lamentai, in fondo ci conoscevamo appena. Quando la mia coinquilina tornò, mi salutò appena e corse in camera sua. Uran a quel punto mi disse che si era fatto tardi e lo accompagnai alla porta. Per salutarmi, mi diede un fugace bacio sulla guancia ed io sentii di nuovo la scossa di prima, che questa volta però era stata meno dolorosa.

Chiusi la porta e la mia coinquilina uscì da camera sua.

<<Ma stai parlando da sola?>> mi chiese affacciandosi fuori dalla sua stanza.

<<No.. stavo parlando con... Con il mio amico>> risposi un po' confusa dalla domanda dato che gli era passata davanti nemmeno cinque minuti prima.

Lei in tutta risposta alzò un sopracciglio e non rispose, mi guardò come se stesse pensando che fossi pazza e se ne tornò in camera sua, lasciandomi tutta sola a pensare a quel ragazzo tanto misterioso. Sorrisi pensandoci.

La giornata poi finì in fretta... sotto la luce del salotto misi in ordine tutti i miei appunti e studiai per il primo esame che avrei dovuto dare: letteratura greca. Era una delle materie più pesanti, ma mi piaceva per la sua complessità.

Certo però, che il non aver fatto una riga di greco alle superiori, mi penalizza, pensai leggendo le citazioni greche sul quaderno.

Gli incubi di Endora.Where stories live. Discover now