Capitolo Ottavo

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L'idea di un privarmi di alcune preziose ore di sonno per un ragazzo normalmente non mi sarebbe andata a genio, ma mi resi conto che per Uran la cosa non mi pesava più di tanto. Generalmente avrei semplicemente riattaccato per poi abbandonare il telefono sul comodino, così da tornare a dormire indisturbata, ma la possibilità di avvicinarmi a quel ragazzo che tanto mi ammaliava bastò per farmi alzare dal letto senza aver più nessuna voglia di riaddormentarmi.

Corsi sotto la doccia più veloce della luce, mi lavai in fretta e furia e in accappatoio corsi di nuovo in camera per vestirmi. Indossai velocemente un jeans nero e una maglia in pizzo nero a maniche lunghe. Indossai poi una giacca in pelle con dei disegni rosso sangue sulla schiena, misi le creepers in pelle nera e schizzai via recuperando al volo lo zainetto mentre uscivo di casa. Guardai l'orologio rendendomi conto che forse, avrei dovuto correre. Partii da casa alle dieci meno cinque minuti, corsi a perdifiato nonostante le scarpe poco adatte alla corsa finché non arrivai agli scalini dell'università. Mi fermai, poggiando le mani sulle ginocchia e feci qualche respiro profondo, per recuperare fiato. Non vedendo Uran, mi diressi nell'atrio con più calma. Varcato il grande portone dell'università, il chiacchiericcio di altri studenti investì le mie orecchie. Sbadigliai, frastornata da tutta quella confusione.

<<Hai dormito poco?>> sentii dire. Tornai alla realtà vedendo Uran che camminava verso di me con le mani nelle tasche della giacca in pelle dalle maniche ricoperte di borchie.

<<Può darsi>> risposi, accennando un sorriso stanco.

<<Oggi hai le scarpe uguali alle mie>> notò sorprendentemente. Non mi aspettavo minimamente che notasse questo futile dettaglio, né che prestasse particolare attenzione  a cosa indossassi e per questo la sua constatazione mi prese alla sprovvista.

<<Sì>> riuscii soltanto a dire, ammaliata dal suo sguardo così terribilmente magnetico. Probabilmente il mio viso nel guardarlo si deformò in un'espressione da perfetta ebete, perché per un attimo vidi un barlume di divertimento nei suoi occhi.

Il suo sguardo era capace quasi di ipnotizzarmi, nella sua profondità. I suoi occhi erano così scuri che non smisi per un attimo di trovare meraviglioso perdercisi dentro, il suo sorriso era così ammaliante che tutte le sarebbero cascate ai piedi.

Mi ridestai dai pensieri quando Uran mi sorrise, mosse la testa per spostare un ciuffo di capelli dal viso e tese una mano verso di me osservandomi complice.

<<Vieni?>> mi chiese guardandomi attentamente negli occhi.

<<Dove?>> gli domandai curiosa, ma avevo già preso la sua mano pronta a seguirlo chissà dove.

Corse ed io con lui.

<<Fra poco ho lezione Uran!>> lo avvisai quasi sgridandolo, senza però nascondere il buonumore che il suo gesto così misterioso mi contagiò.

<<Anche io!>> esclamò accennando una risata birichina.

Non mi resi conto di ciò che ci circondava finché non ci fermammo. Avevo corso solamente per arrivare all'aula in cui poi avrei avuto lezione. Mi sentii delusa, mi aveva stupito ma non in senso positivo. Non capii, l'aula era semi deserta, occupata solo da un tipo con gli occhiali in prima fila e una ragazza probabilmente drogata nell'ultima. Non feci in tempo a chiedere spiegazioni, che Uran scomparì dalla mia visuale. Mi guardai intorno, non lo vidi. Decisi di iniziare a prendere posto in aula, approfittando del fatto che fosse quasi vuota e mi sedetti poggiando lo zaino sulla sedia accanto.

Il pensiero di essermi illusa inutilmente mi investì, facendomi sentire terribilmente stupida... una parte di me credette che mi avrebbe portata da qualche parte, senza avere aspettative ben precise. Ma sicuramente fra tutte le idee che mi ero fatta, quella che mi avrebbe portata in classe non era proprio fra queste.

Gli incubi di Endora.Where stories live. Discover now