«Ottimo! Domani è venerdì, usciamo insieme, ti porto in un pub in città. Ti presento qualche amico, beviamo un po' di birra e poi si va a ballare. Ci stai?»

Lo fissai interdetto, ma non me la sentivo di rispondergli negativamente, in fondo voleva soltanto aiutarmi, peccato che io in quel momento desiderassi tutt'altro.

«D'accordo» cedetti poco convinto.

«E dai, non fare quella faccia, non ti porterò al patibolo, tranquillo!»

«Lo so questo, ma... ma lei mi manca» dichiarai sincero. Quanto potevo essere disperato per ridurmi a confessare i miei sentimenti a un collega di lavoro? Per di più in un ufficio dove tutti erano pronti a impicciarsi degli affari altrui.

«È per questo che devi uscire, per capire se questa mancanza sia dipesa dalla solitudine o dal mal d'amore.»

Forse non era del tutto sbagliato, ma attualmente non riuscivo a essere sociale, avrei voluto solo tornare indietro nel tempo e fare qualcosa in più per non perderla. Sbuffai e tornai a lavorare, sentendomi abbastanza demoralizzato. Finn continuò a parlare, ma solamente una parte del suo discorso mi colpì davvero.

«Quando sono stato assunto qui, mi sono subito innamorato di lei, era ancora più bella di adesso. Non veniva da un matrimonio andato in frantumi. Ho cercato più volte di farle capire il mio interesse, ma...» Si prese una pausa, osservando incantato Samantha sistemare alcuni documenti. Un po' l'avevo immaginato che le piacesse, ma non pensavo fosse così preso da lei. «Un giorno ho provato a baciarla e sai com'è finita? Mi ha riso in faccia, dicendomi che avevo frainteso i suoi atteggiamenti amichevoli. Si è scusata per essere stata "indelicata" e poi mi ha raccontato del suo ex. Mi ha detto che erano fidanzati da pochi mesi, per quello non me ne aveva parlato e il resto, beh lo sai anche tu...»

«Si è sposata, ha fatto un figlio e ora si sta separando» risposi dispiaciuto per lui.

«Esatto!»

«Perché non provi a riavvicinarti?» gli proposi, cercando di spostare la mia attenzione sulla sua situazione sentimentale.

«Che domande sono? Ormai è solo un'amica, tra me e lei non potrà mai esserci nulla.»

Analizzai attentamente i suoi modi: il suo sguardo era vago, le guance erano divenute color prugna e non la smetteva nemmeno per un secondo di tamburellare con le dita sulla scrivania. In quel mese glielo avevo visto fare solo nei momenti di agitazione, era il suo tic nervoso.

«Mi sembri un po' troppo categorico, sicuro di non aver paura di ricevere un altro rifiuto?»

«No, no, non è questo. Lei è un'amica e poi c'è un bambino di mezzo, una separazione, insomma non è proprio una situazione semplice la sua.»

E quindi non rischiava per paura di dover affrontare qualche problema di troppo? Comprensibile per la sua età, ma stava gettando la spugna ancora prima di provarci e questo andava solamente a confermare l'idea che mi ero fatto su di lui: aveva poca autostima ed era incredibilmente insicuro.

«Stagista, Finn, da oggi lavorerete in gruppo assieme a Denise sul nuovo progetto. Voi tre singolarmente valete meno di zero, ma magari insieme riuscite a fare qualcosa di vagamente decente» esordì Joseph, mandando in malora ogni mio tentativo di farmelo piacere. Accanto a lui c'era la nostra collega Denise, i suoi occhi erano puntati su di me con curiosità.

«L'ho spiegato già ad altri, ma ora illustro brevemente il progetto anche a voi, se poi avete dubbi chiedete a lei» si bloccò per un secondo, indicando la biondina dai folti capelli corti e gli occhiali un po' troppo grandi per il suo viso mingherlino. «Dunque, si è rivolto alla nostra azienda un'importante figura politica. Sta per inaugurare la sua impresa e vuole ovviamente un logo che rappresenti al meglio il suo futuro birrificio. Ho assegnato il lavoro grafico anche ad altri colleghi, e come voi sono stati divisi in vari team. Chi presenterà il logo migliore riceverà uno straordinario nella busta paga a fine mese e chissà... magari per lei, stagista, potrebbe essere una buona occasione per farsi notare!»

Posò sulle nostre scrivanie tutti dettagli tecnici e poi con la solita aria di superiorità ordinò a un nostro collega di cedere il suo posto a Denise e di spostarsi nella scrivania lasciata vuota dalla biondina. Quest'ultima tirò un sospiro di sollievo non appena vide il mio simpatico tutor allontanarsi da noi.

«Noi non abbiamo ancora avuto modo di conoscerci» disse poi, allungando una mano verso di me. «Piacere, sono Denise, mi occupo principalmente di illustrazioni digitali, come te sono l'ultima arrivata e molti qui mi guardano dall'alto in basso, compreso il tuo amico.» Lo squadrò per qualche attimo e poi tornò a stringermi la mano con ancora più forza. «Tu sei?»

«Steven» risposi prontamente.

«Oh, quindi il nostro stagista americano ha anche un nome, bene!» Sorrise e liberò finalmente la mia mano.

«Potremmo invitarla a uscire con noi domani sera...» bisbigliò ironico il mio fedele collega.

«Se hai qualcosa da dirmi, dilla ad alta voce, grazie!» s'intromise Denise, sentendosi giustamente chiamata in causa. Era proprio il caso di dire che dietro a quegli occhiali lilla si nascondevano due occhi castani svegli e per nulla stupidi.

«Qualcuno a colazione ha bevuto yogurt acido...» replicò Finn, facendola irritare ancora di più.

«Beh, sai com'è, non è il massimo dover collaborare a un progetto importante con l'addetto alle fotocopie.» Probabilmente si stava riferendo a tutte quelle volte in cui Finn era stato "sfruttato" da altri colleghi.

«Touché!» m'intromisi divertito da quella battuta.

«Ma tu non dovresti difendermi?» mi chiese il ragazzo moro, leggermente infastidito dalla mia risata.

«Evidentemente lui conosce il significato di un termine sconosciuto a molti, ovvero: sarcasmo!» disse con aria soddisfatta Denise.

«Comunque in sua difesa posso dire che voleva solo invitarti a bere qualcosa con noi domani sera.»

«Davvero?» mi domandò la ragazza scettica.

«Sì» confermò seccato l'artefice della discussione.

«Ci penserò e vi farò sapere domani... Ora mettiamoci a lavoro!» concluse Denise, e per un misero istante mi parve di vedere del lieve imbarazzo nella sua espressione, che addolcì, seppur di poco, il suo sguardo.

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