18. Chi ti ha detto che mi piaci, Styles?

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Rose

Sono giorni che provo a distrarmi con qualsiasi cosa mi venga sotto tiro e una di queste é il lavoro. Mi sono data molto da fare, ininterrottamente. Ho letto i manoscritti anche di notte pur di scacciare via ogni singolo pensiero di quella sera. Avrei voluto non ricordarmene il giorno dopo, ma invece i ricordi mi hanno riempito la mente. Dal primo all'ultimo momento.
Non mi sono affatto soffermata a pensare quali sensazioni abbia davvero provato e va bene così. Uno come Styles non deve entrare nella mia vita.
Certo, mi ha intasato il telefono tra messaggi e chiamate ma non ne ho voluto sapere niente. Non perché non me ne importi davvero ma perché prima dimentico e meglio è. Sono sicura che se dovessi rivederlo non riuscirei a sopportarlo, la mia facciata da dura crollerebbe e perderei tutta la fatica fatta fino ad oggi.
Sono passati quattro giorni, non sono molti ma comunque sono un passo avanti.
Le chiamate hanno smesso di arrivare già al secondo giorno e tutto ciò che pensai, involontariamente, fu che per lui era stato tutto un gioco. Come sempre. Ma d'altronde, lo è stato anche per me. Volevo illuderlo proprio come lui ha fatto come me mesi prima ma devo ammettere che non ci sono riuscita. L'ho usato e mi ha usata. È sempre un passo avanti. Motivo per cui ha cercato di contattarmi per dirmelo e sbattermi in faccia la sua cattiveria.
Non ho più intenzione di farmi mettere i piedi addosso.

***

Due settimane dopo.

«Bene, Josie. Io vado, ci vediamo domani», saluto la mia collega dirigendomi verso la porta.

«Buonanotte amica!», ricambia mentre inizia a sistemare le sue cose dentro la borsa.
Le rivolto un ultimo sorriso ed esco dal palazzo.

Sono stanca. È stata una giornata faticosa. Come le ultime settimane, del resto. E io, forse per pazzia o forse no, ho iniziato a buttare giù alcuni pensieri.
Infilo il cappotto quando mi rendo conto che fuori sta piovendo e ho scordato l'ombrello. Per lo più oggi ho preso il taxi per andare al lavoro e avevo contato in una bella passeggiata al ritorno. Ed ecco che la fortuna mi abbandona, ancora una volta.
Credo sia tutto, quando però una sagoma alta mi si para davanti agli occhi. Non riesco a focalizzarlo meglio a causa della pioggia ma è appoggiato alla sua auto e pare aspettare qualcuno.

«Rose!», parla d'un tratto. Sussulto per lo spavento anche se non ha un'aria minacciosa ma non riesco ancora a decifrarne il volto.
E penso l'abbia capito, per cui si muove verso di me raggiungendomi in due falcate. Ho un piccolo sospetto e mi paralizzo quando i capelli folti svolazzano sotto l'ombrello.

«Rose», ripete lui.

«Harry...», sospiro. Ormai il fascio di luce lo colpisce in faccia e mostra tutta la sua bellezza. La barba più lunga del solito, i capelli arruffati e il giubbotto di pelle abbraccia le spalle.

«Che ci fai qui?», domando subito in modo freddo incrociando le braccia sotto al seno.

«Dovremmo parlare, Rose. Sono settimane che...».

«Che, cosa?!», lo attacco d'istinto facendo un passo avanti. «Su, Harry sii onesto. Sicuramente ti sarai stufato della ragazza di turno e torni qui per ottenere cosa, esattamente? Eh?».

L'ho colpito. Lo vedo. Ha lo sguardo serio, basso e non osa guardarmi. Probabilmente si è reso conto di ciò che ha fatto.
Ok, sono stata io ad averlo lasciato nel letto da solo dopo una nottata insieme e non mi sento meglio, per niente. Però non posso più permettere che Harry influenzi la mia vita. È troppo. Ho detto basta e così sarà.

𝐀𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐓𝐞𝐬𝐭𝐢𝐦𝐨𝐧𝐢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora