52. Il passato non si dimentica

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«Bedda mia, sistimasti tutti i cosi?» mi chiede mentre afferra un mattarello per distendere la pasta fresca.

«Mi mancano solo le ultime cose che metterò domani visto che ancora mi servono» le rispondo, avvicinandomi all'isola.

«Bonu. Allura... stasira non veni nuddu?» Le compare un sorriso scaltro che mi affretto a spegnere.

«No, nonna, serata in famiglia.»

La suoneria del mio cellulare ci interrompe e osservo il nome del mittente con curiosità; ho sentito Elia raramente in questi giorni.

«Gli sono fischiate le orecchie?» domanda mia madre, ferma dietro di me a leggere lo schermo.

«Mamma, quante volte devo dirtelo? Siamo solo amici.»

Lei solleva gli occhi al cielo e io rispondo alla chiamata. «Ehi, ciao!»

«Carla, ascoltami, ho bisogno di un favore» mi risponde con un tono agitato e grave che mi mette subito in allerta. «Devi andare a casa mia. Enea è uscito di testa e io impiegherò più di un'ora per arrivare perché sono a Messina per una prova di laboratorio. Mi ha chiamato la domestica, dicendomi che è entrato in casa urlando convinto di trovare me o nostra madre. Qualcuno gli ha raccontato perché loro due sono ai ferri corti.»

«Sto uscendo» dico a mia madre e a mia nonna che mi guardano perplesse prima di precipitarmi in soggiorno.

«Carla, sei ancora lì?»

«Sì, tranquillo, ci penso io. Ti chiamo dopo.» Riattacco e afferro le chiavi per poi andare verso la mia auto. Schiaccio l'acceleratore e sfreccio sull'asfalto senza badare ai limiti di velocità che non ho mai infranto, maledicendo ogni semaforo rosso e ogni rotonda mentre vedo scorrere i minuti sul display.

Quando arrivo alla meta, posteggio davanti a un passo carrabile ed entro nella corte del palazzo senza badare alle proteste della gente; possono anche portarla via, non mi importa, ho solo una priorità al momento.

Salgo le scale di corsa e busso alla porta con il respiro ansimante. «Enea, apri!» urlo, ma mi accorgo con una spinta più netta che è aperta.

Entro all'interno dell'atrio e un silenzio inquietante mi avvolge; sembra non esserci nessuno in casa.

«Enea?» domando con voce insicura mentre mi avvicino al corridoio che conduce in cucina.

Lo percorro con passo lento e, quando mi ritrovo all'interno della stanza, l'ansia che provavo prima diventa ancora più intensa a causa dei piatti e dei bicchieri rotti sulle mattonelle.

Il cuore mi batte impazzito nel petto. «C'è qualcuno?»

Un tonfo sordo che giunge da una delle stanze che ho superato mi fa sussultare, mentre il mio respiro accelera senza controllo. «Enea, sei tu?»

Non ricevo alcuna risposta, ma sento il rumore inconfondibile di passi sul pavimento. Richiamo tutto il coraggio che possiedo e mi fermo dinnanzi alla porta da dove provengono. La apro con il cuore in gola e la prima cosa che vedo è il letto privo di coperte e la polvere sulla testiera, come se non fosse utilizzato da anni.

Faccio un passo avanti per entrare e mi si attorcigliano le viscere appena noto Enea, fermo davanti alla finestra aperta con una bottiglia mezza piena di quella che sembra vodka liscia. Vedendolo incolume mi rilasso un po', tuttavia la sua immobilità mi mette a disagio e mi agita.

«Enea» lo chiamo ancora per attirare la sua attenzione.

All'inizio non fa nulla, continua a fissare dritto davanti a sé, poi, lentamente, si gira verso di me. Ha un taglio sul sopracciglio sinistro dove spicca ancora il rosso del sangue, ma ciò che cattura il mio sguardo è la sfumatura lucida dei suoi occhi: è ubriaco.

Divisa a metàWo Geschichten leben. Entdecke jetzt