25. Vivere

165 14 0
                                    

«Va bene, piccioncini, adesso vorrei andare a mangiare, se non creo troppo disturbo. Carla mi deve un pranzo» dice Mel, prendendo la sua borsa.

Io sorrido ed Elia aumenta la stretta su di me prima di sciogliere l'abbraccio. Raccolgo le mie cose e li seguo fuori dall'aula.

«Non so voi, ma io ho voglia di un mega hamburger e di patatine con provola e guanciale» dichiara la mia amica mentre raggiungiamo la sua auto.

Scuoto la testa divertita. «Potresti benissimo dire che vuoi andare da FUD, invece di girarci intorno.»

«Per me va benissimo» commenta Elia che sogghigna per il nostro scambio di battute.

Ci diamo appuntamento al locale tra venti minuti e lui si dirige a prendere la sua macchina. Lo guardo andare via, ammirando le sue spalle ampie e i ricci che svolazzano al vento.

«Abbiamo molto di cui parlare io e te.» Melissa mi scruta con i suoi occhi indagatori, ma leggo nel suo sguardo anche una scintilla di felicità.

Probabilmente è contenta che, dopo cinque anni in cui ci conosciamo, io abbia permesso a qualcun altro di entrare nella mia vita.

«Forse, ma non oggi.» Sollevo le labbra per farle capire che sì, ci sono molte cose che vorrei raccontarle, ma ancora non sono pronta per farlo. Prima devo essere sicura io di quello che sta succedendo.

Lei mi guarda con un'espressione enigmatica, ma non mi fa pressione. È una ragazza espansiva, però ha sempre rispettato i miei tempi a rilento.

Saliamo in auto e digito un messaggio a mio fratello, scrivendogli che l'esame è andato bene e lo invito a unirsi a noi per il pranzo. Lo invio anche a Noa, sperando di ricevere anche da lui una risposta positiva. Oggi è una giornata da festeggiare.

Pongo il telefono nel portaoggetti e mi godo il viaggio verso il centro della città con il cuore stracolmo di felicità: sono fiera di me.

Arriviamo al locale insieme a Elia e chiedo un tavolo per quattro al cameriere davanti alla porta d'ingresso.

«Quattro? Viene Noa?» domanda Mel perplessa.

«No, non mi ha risposto, viene mio fratello. Non potevo venire qui senza dirgli niente, mi avrebbe odiato per il resto della mia vita.»

Lancio un'occhiata di sfuggita a Elia per vedere come accoglie la notizia, ma non c'è nessun segno di nervosismo nel suo volto. Perché non ho pensato prima che adesso sarà un po' complicato spiegare la sua presenza qui a mio fratello?

Entriamo all'interno e il cameriere ci chiede se preferiamo accomodarci al bancone o nella sala comune. È Elia a rispondere per primo dicendo di preferire la seconda opzione.

«Scusate, ma per me è un po' scomodo il bancone. Sono troppo ingombrante» ammette quasi imbarazzato.

Ci dirigiamo ai nostri posti, passando davanti alle mensole in legno colme di vasetti ripieni di svariati prodotti siciliani. Entriamo nella sala alla nostra destra e ci sediamo nel tavolo vicino alla finestra.

Una cameriera ci porta il menù e un sorrisetto spontaneo si fa largo sulle mie labbra. Leggere quest'inglese strampalato mi mette sempre di buon umore. Il proprietario è stato un vero genio: tutte le parole sono scritte come la pronuncia e il cibo servito proviene dai migliori allevamenti locali.

«Come antipasto prendiamo le Bec Potetos e io prendo un Cicchen Burgher» dice Mel gongolando.

«Io gradirei uno Skek Burgher per mio fratello e un Am Burgher più cipolla caramellata per me.»

Divisa a metàWhere stories live. Discover now