46. Qualcosa di più

Magsimula sa umpisa
                                    

Sollevo gli occhi e osservo confusa il viso di Noa, che tiene lo sguardo fisso su Elia.

«Probabilmente non hai cattive intenzioni, ma non è costringendola a scegliere te che la renderai felice. Se, come dici, le vuoi bene, lasciale il suo tempo e il suo spazio.»

Elia fissa Noa con uno sguardo ferito, metabolizzando le sue parole. Mi lancia un rapido sguardo, come se mi guardasse davvero per la prima volta da quando siamo usciti dal locale, e i suoi occhi vengono offuscati da diverse emozioni. «Mi dispiace.» Ci volta le spalle e prosegue lungo la stradina, senza voltarsi indietro.

Faccio un passo in avanti per seguirlo, ma Noa mi trattiene tra le sue braccia. «Stai attenta, Carla, così rischi di ferire qualcuno. Soprattutto te stessa.»

Mi lascia andare e io rimango ferma a osservare il punto in cui è sparito senza muovermi. Proprio adesso che potrei seguirlo senza che nessuno me lo impedisca, esito, non sapendo cosa fare.

«Se un giorno sarai pronta, e lo vorrai davvero, so che lo andrai a cercare ovunque. Per il momento, torniamo dentro.»

Guardo le sue iridi chiare che mi conoscono più di quanto ammettano e mi si strige il cuore. Vorrei piangere, ma lui mi afferra la mano per farmi forza e mi trascina verso l'ingresso. Mi accorgo troppo tardi della presenza di Enea che ci sta fissando impassibile, appoggiato al muro dell'edificio.

Serro gli occhi e mi ostino a chiuderlo in un angolo della mia mente, insieme a tutto ciò che lo riguarda. È colpa sua, di quello che è, di quello che abbiamo vissuto, di quello che ho provato con lui, se oggi mi trovo in questa situazione. Vivere nel passato mi sta impedendo di godermi il presente.

Una piccola lacrima involontaria scende sul mio viso e la asciugo velocemente con il dorso della mano. L'unica che mi concedo di versare per un sentimento che non ho potuto assaporare.

Noa mi stringe le dita ed è solo grazie a lui se non sto scappando lontano da qui. Il mio collega afferra la maniglia e il mio cuore batte più veloce, perché l'ultima cosa di cui ha bisogno è fronteggiare anche lui.

«Non avresti dovuto intrometterti.»

Il suo tono serio mi fa fermare di colpo e osservo il suo viso affilato scrutare Noa con ostilità. Si scambiano delle occhiate silenziose fino quando sulle labbra del mio collega non compare un ghigno che non ha nulla di divertito.

«Sono sicuro che mi ringrazierai. Non farmene pentire.» Apre la porta e mi trascina dentro, senza dare a Enea la possibilità di ribattere.

«Noa...» Gli circondo il busto con le braccia e appoggio la guancia sulla sua schiena.

«Basta avere rimpianti perché sono gli altri a decidere per te. Governa tu la tua vita.» Posa le mani sulle mie e io sospiro, sentendomi capita per la prima volta.

«Ti voglio bene.»

Lo sento sorridere. «Ti voglio bene anche io.»

***

Scendo le scale ed entro in cucina per cercare qualcosa da mangiare. Mi massaggio le tempie per darmi un po' di sollievo, ma il mal di testa non mi vuole dare pace da quando mi sono svegliata. Ho bevuto troppo ieri sera.

«Buongiorno, stellina!»

La voce squillante di mia madre mi fa chiudere le palpebre e coprire le orecchie.

«Nottata movimentata, eh?» Ride divertita e ritorna nella sua consueta postazione di lavoro mattutina: i fornelli.

«Già, anche troppo.» Vado verso la credenza e cerco una barretta al cioccolato.

Divisa a metàTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon