Ma non c'era niente che potessi fare ormai. Loro erano lì, trasformati, proprio davanti a me. Il loro sguardo, una volta acceso di energia, di amore, di vita, era ora vitreo, freddo, impassibile.

È stata una botta allo stomaco.

Dopo che ci eravamo separati, quasi quattro anni fa, ero terrorizzata: ero da sola e avevo la costante angoscia che non ci saremmo mai più ritrovati. E infatti fu così. Mi ero abituata, per quanto fosse possibile, all'idea che non li avrei mai più rivisti vivi. È stato un processo lungo e doloroso: ogni notte mi ritrovavo da sola a piangere con questi pensieri nella testa, a volte volevo solo che si fosse spenta per un po', che mi avesse lasciato in pace e che mi avesse lasciato riposare.

Quando tutte quelle consapevolezze avevano ormai preso il loro posto fisso dentro di me, avevo in qualche modo imparato ad accettarle e a conviverci. Ero riuscita a non pensarci più di tanto, ero riuscita con veramente molta forza di volontà - forse l'unica cosa che mi era rimasta - a sovrastare quei pensieri orribili con un po' di speranza.

Vederli poi con i miei occhi in quello stato, mi ha causato una reazione simile alla prima volta. Era vero. Era reale. Non c'era più niente che avessi potuto fare. Mi ci è voluta qualche ora per realizzarlo.

All'inizio, non volevo tornare con Ebony al campo di Travis. Non volevo aggravare la loro situazione con una persona in più da sfamare, soprattutto una bambina. Ma dopo, riflettendoci, ho dovuto cedere alla proposta di Calum: magari sarei riuscita a badare a lei per qualche settimana, ma non mi perdonerei mai se la causa della sua morte potessi essere io.

Quindi, siamo saliti in macchina, i miei pensieri che continuavano a fare a botte tra di loro: molta gente del gruppo non era d'accordo con la scelta di Travis di tenermi con loro e lo dimostravano spesso. Io potevo sopportarlo, ma se avessero avuto lo stesso comportamento con Ebony... Non credo che ce la farebbe. Non perchè non è forte, dannazione, lo è più di me, ma perchè non se lo merita. Non ha fatto niente di male a nessuno lì, al contrario mio.

Per le prime settimane è stata dura: Ebony girovagava per l'intera palestra - mai che riuscisse a stare ferma per più di qualche ora - e se non la trovavo andavo in panico. Avevo paura che le succedesse qualcosa di brutto.

Lei è una mia responsabilità, ma prima di tutto, è l'unica famiglia che mi è rimasta.

Dopo qualche giorno in cui mi ha tenuto il muso perchè l'avevo ripresa troppe volte e dopo molte chiacchierate terapeutiche con Mali, Olivia e Wayne, sono arrivata alla conclusione che non l'avrei potuta tenere sotto controllo sempre e che se era all'interno della struttura sarebbe stata al sicuro.

Aveva fatto amicizia più velocemente di quanto avessi fatto io, soprattutto con Margaret e gli altri bimbi che facevano parte del gruppo, ma anche con Wayne, Lynton, Mali e, sorprendentemente, Calum.

Devo dire che, forse trascinata dalla sua scia di socialità e buon umore, mi ero lasciata andare anche io ed ero riuscita ad avere una convivenza pacifica con maggior parte del gruppo e potevo andar fiera delle poche ma estremamente importanti amicizie che si erano create.

Stavo finalmente imparando a tornare a vivere, o comunque a sentirmi viva, più di quanto non lo fossi mai stata da quando tutto era cominciato. Era una bella sensazione. Finalmente, sentivo qualcos'altro oltre al terrore. Finalmente.

Calum.

Erano successe un sacco di cose anche con lui, a partire dal cambiamento del nostro rapporto. Prima di tutto, dovevo ringraziarlo per ciò che aveva fatto per me ed Ebony.


«Hai bisogno di qualcosa?»

Mi chiudo la porta alle spalle e resto per qualche secondo intenta a guardare Calum riordinare le armi davanti a lui, dividendo quelle cariche da quelle scariche.

Alive - Prova a sopravvivereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora