Lui fa una smorfia di dolore, portandosi la mano al petto.

«Spero tua sorella sia meno violenta di te!» Al nominare di mia sorella, una scia di gioia mi percorre di nuovo tutto il corpo e ricomincio a saltare sul posto.

«Dov'è?!» chiedo impaziente, non vedo l'ora di vedere chi sarà la mia compagna di vita. Mi affaccio al grande vetro a cui arrivo a malapena con la punta del naso, appoggiandoci le mani per tirarmi su e poter vedere dentro.

Allora mia zia indica una culla di plastica trasparente con appeso un biglietto con il nome Ebony scritto in stampatello. La neonata all'interno stava pacificamente dormendo, probabilmente anche sognando, dato che muoveva le piccole manine strette a pugno sopra la sua testa.

«Come facciamo a essere sicuri che sia proprio lei? Sono tutti uguali!» Mia zia e mio zio scoppiano in una risata e la prima mi accarezza la schiena. Li guardo curiosa prima di lasciar cadere la questione e ritornare ad ammirare quella piccola cosina che era mia sorella.


Sapere e vedere con i miei occhi che era ancora viva, che ce l'aveva fatta a sopravvivere in quel mondo di mostri, era una consapevolezza che mi aveva riempito il cuore.

Non sono più da sola ora che Ebony è con me. Non mi sento più come se dovessi costantemente portarmi dietro un fardello sulle spalle.

Certo, scoprire e vedere con i miei occhi i miei genitori... Quello è stato un colpo dritto dritto allo stomaco. Sapere che erano vivi fino a una settimana prima dell'arrivo mio e di Calum, sapere che pochi mesi fa io ero esattamente a pochi chilometri, forse persino metri, dalla mia famiglia ancora viva e al completo mi ha distrutta. Se solo avessi cercato meglio, se avessi setacciato ogni singola casa, forse sarei riuscita a dirgli addio per un'ultima volta. Forse sarei riuscita a stringerli in un abbraccio per un'ultima volta.


«Grazie, adesso potete andare!» dico, scendendo dalla macchina e chiudendo la portiera.

Mi volto verso la grande casa davanti a me e saluto Joe e Kaycee con la mano con un sorrisone a decorarmi le labbra: era finalmente arrivato il primo sabato del mese e avrei passato con i miei due migliori amici la giornata e poi avremmo dormito tutti e tre a casa di Joe. Era ormai una tradizione che andava avanti da quando ci eravamo conosciuti due anni fa, in prima elementare.

Aspettavamo quel sabato con ansia da una settimana: avevamo tantissime cose da raccontarci e tantissimi nuovi giochi da tavolo da provare. Poi, poco prima di dormire, avremmo giocato a nascondino per tutta la casa enorme di Joe, che offriva veramente tanti spazi in cui nascondersi con successo.

L'ultima volta era toccato a me cercare i due, mentre questa volta sarei andata a nascondermi insieme a Kaycee. Avevamo deciso di collaborare per far sì che Joe non ci trovasse subito, dato che aveva il vantaggio di conoscere tutta la casa.

«Ce lo dai un abbraccio?» mi chiede mia mamma alla mie spalle.

«Veloci che devo andare a giocare!» rispondo di fretta, aprendo le braccia per velocizzare l'intero processo.

«Veniamo a prenderti domani mattina alle 11. Mi raccomando fai la brava» mi raccomanda papà, tenendomi stretta a sè più del dovuto.

«Lo so, papà! Sono grande adesso!» dico, ricordandogli che avevo già ben otto anni e che sapevo cosa dovevo fare.

Finalmente mi lascia andare, così corro felice verso la cancellata che mi divide dai miei migliori amici, emozionata e intrepida di passare del tempo con loro.

Alive - Prova a sopravvivereWhere stories live. Discover now