Capitolo 29

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Le sue parole mi arrivarono addosso taglienti come la lama di un coltello.

"Che diamine significa? Cos'è successo?" domando ormai sull'orlo delle lacrime. Il mio cervello fatica a mettere insieme le informazioni.
Non voglio credere che sia successo qualcosa di brutto a Sam, la mia Sam.

"Io non lo so, mi ha appena chiamato Nash e ha detto che l'hanno portata al Toronto General Hospital. Non so se sia grave o meno, non so niente Sky. Lui e Mad stanno già andando, io parto ora, tu vieni ?"

"Si, ci vediamo là" dico di getto ormai senza fiato, e non per via della corsa.

Chiudo la chiamata senza aspettare una risposta da parte di Shawn.
Cerco di alzarmi in piedi dalla panchina, ma un capogiro mi obbliga a risedermi.
Mi prendo la testa fra le mani, mi sembra talmente pesante che non credo il mio collo possa reggerne il peso.
Rimango seduta qualche altro istante, il tempo necessario per analizzare la situazione.
Sono nel centro di Toronto, senza una macchina e senza soldi.
Il panico mi assale una volta raggiunta la consapevolezza di non avere un mezzo per arrivare all'ospedale. Non posso prendere un taxi, e nemmeno un autobus.
Sono stata un'idiota a non chiedere un passaggio a Shawn.
Mi sbatto una mano in fronte, tirando fra le dita le ciocche di capelli che sono sfuggite dalla coda.

Ricomincio a fare dei respiri profondi, con gli occhi chiusi. Devo ragionare, devo trovare il modo per raggiungerlo.

Il Toronto General Hospital è a qualche isolato da qui, l'unico modo per arrivarci è a piedi.
È una pazzia, ma ce la posso fare.
Mi alleno da settimane costantemente, ho una buona resistenza e fiato.
Posso farcela, sarà come correre una maratona.

Dopo aver guardato la posizione precisa dell'ospedale dal cellulare mi faccio coraggio e inizio la mia corsa.
Vado più veloce che posso, decisa a voler arrivare in fretta per assicurarmi che la mia amica stia bene.
Nel frattempo i peggiori scenari mi si presentano nella mente, facendomi rabbrividire.
Li scaccio scuotendo la testa.
Sam sta bene, andrà tutto bene, mi ripeto mentalmente.

Continuo a correre ad un ritmo serrato, col cappuccio sulla testa per proteggermi dalla neve e con la sciarpa legata bene intorno al collo.

I polmoni iniziano a bruciare, inspirare aria diventa sempre più faticoso. Le gambe danno i primi segni di cedimento, correre in mezzo alla neve richiede molte più energie rispetto a correre sull'asfalto, ma ormai manca poco.
Ce l'ho quasi fatta, ancora un ultimo sforzo.

Stringo i denti e percorro quei pochi metri che mi separano dall'edifico mettendoci tutta la forza che mi è rimasta in corpo, battendo velocemente i piedi sulla terra, talmente veloce che mi sembra quasi di volare.

Salgo i gradini dell'ospedale e mi ritrovo davanti alle porte automatiche, ed una volta aperte vengo accolta da una ventata di aria calda, che riesce a riscaldare le mie ossa infreddolite dalla lunga corsa sotto la neve.

Mi guardo intorno spaesata, notando decine di infermieri correre in qua e in la lungo il corridoio, medici spingere di fretta delle barelle con sopra dei pazienti.
È tutto così frenetico.

Mi sfilo i guanti dalle mani, rivelando le dita arrossate.
Le sfrego fra loro per riscaldarle, per poi passarle sulla punta del naso, anch'esso congelato.

Mi avvicino ad un bancone di legno situato alla fine del lungo corridoio, dietro al quale si trova una giovane infermiera.

"Salve, sto cercando Samantha Clarks" dico sporgendomi sul bancone.

La ragazza, presa a battere qualcosa al computer, sposta annoiata gli occhi su di me.

~Perfectly Wrong~ S.M.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora