5. Paura

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Durante il pomeriggio mi metto un po' a studiare, ma non riesco a concentrarmi.

Quel verde smeraldo mi ronza in testa e non riesco a pensare ad altro, e so che è stupido, perché sono occhi che prima di oggi non avevo mai visto.
In effetti non mi è mai successo di rimanere a pensare alla stessa persona per così tanto tempo, ma cerco di non prestarci attenzione, perché so che in fondo non hanno importanza.

Mi arriva improvvisamente un messaggio di Susan, che mi distrae dalla piega che i miei pensieri stavano prendendo.

"Finalmente cambio stanza, Brus è cresciuto abbastanza da poter dormire da solo. Mi aiuti a spostare le mie cose? Grazie, sei la migliore. Ti aspetto!"

Non che mi abbia lasciato molta scelta, d'altronde.

Mi vesto in fretta, prendo le chiavi e una felpa. Scendo le scale e noto che in casa non c'è nessuno.
Apro la porta ed esco di casa, quella di Susan è a soli quindici minuti a piedi da qui.

Mi è sempre piaciuto andare a casa sua, perché la sua famiglia è davvero gentile e molto unita.

Devo ammettere che un po' mi dispiace, perché la mia famiglia non lo è più da un bel po' di tempo, ma so che non dovrei fare certi paragoni, anche se a volte è inevitabile.

Ultimamente i miei genitori sono alle strette, e litigano molto spesso, ma preferisco non pensarci, non serve a nulla.
Anche se, in realtà lo sono da molto tempo, e questo non posso negarlo.

Quando arrivo davanti alla grande casa, mi avvicino al cancello in ferro, circondato da un delizioso pratino ben curato dalla mamma di Susan, che ha una passione sfrenata per il giardinaggio.

Nonostante siano i primi giorni di settembre, fa ancora molto caldo, e il sole si riflette su tutte le finestre della casa.
Suono il campanello e mi apre la mamma di Susan, che tiene in braccio Brus, il fratellino di ormai di un anno della mia amica.

"Ciao, Ele! Era da tanto che non ti vedevo qui! Prego, entra", mi dice cordialmente.

"Susan sta mettendo le sue cose negli scatoloni, la trovi in camera sua", aggiunge con un sorriso, e si rifugia in cucina.

Salgo le scale guardandomi un po' intorno.
Vedo la porta della camera di Susan aperta, e quando entro la trovo seduta a terra, concentrata nell'impacchettare con cura e massima perfezione i libri scolastici.

"Devi spostarli da una stanza all'altra, Sus, non mandarli in beneficenza", le faccio notare ridendo.

"Finalmente sei arrivata, non ci speravo più. Prendi quegli scatoloni e comincia a portarli nella stanza in fondo al corridoio", mi ordina indicando due file di scatole dietro di me.

"Cosa sono, un mulo?", ribatto sarcastica, prendendo in mano il primo.

"Andiamo, non lamentarti. Pensa ad aiutare la tua povera amica", mi rimprovera.

Sbuffo ed esco dalla stanza, posando lo scatolone che ho in mano davanti all'unica porta che trovo in fondo al corridoio.

"Davvero, Ele, non ti facevo così scansafatiche", commenta Susan affiancandomi improvvisamente, spostando i corti capelli biondi dietro un'orecchio, per evitare che le intralcino il lavoro.

"Sai che lo sport non è il mio forte", le rispondo di rimando, posando l'ennesimo scatolone pieno di libri scolastici davanti alla porta della sua nuova camera.

"E poi, scusami, non può aiutarti tua mamma?
Perché devo fare io tutto il lavoro sporco?", mi lamento entrando nella stanza e sedendomi sul triste letto addossato alla parete.

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