2. Quegli occhi

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"Ele, stiamo facendo tardi!", urla mio fratello dal piano di sotto, frase che ripete da circa un quarto d'ora.

Come posso fare per non andare a scuola?
Dopo la scoperta dei corsi cambiati, e dei miei nuovi "compagni" di corso, mi è passata la voglia.

Non che ne abbia mai avuta molta, nonostante studiare non mi dispiaccia affatto.

Potrei inventare qualche scusa...

"Non mi sento molto bene, forse Marty ha sbagliato qualche ingrediente nel preparare la colazione..."

No, non ci crederebbe.

Mia sorella è molto meticolosa su queste cose, e poi dovrebbe star male anche lui, perché ha mangiato la stessa cosa che ho mangiato io.

"Devo ancora finire qualche compito per le vacanze, non vorrei prendere un'insuff..."

No, Jordy sa quanto tengo allo studio.
Cavolo, non sono per niente brava ad inventare scuse.

Dopo ancora qualche minuto di riflessioni, trascino i miei piedi sul pavimento di legno e mi obbligo a scendere al piano di sotto, dopo aver preso lo zaino e un giacchetto leggero.

Arrivo giù e trovo Jordy sulla porta di casa con un'espressione urtata, che ticchetta l'indice destro sull'orologio per farmi capire che sono in ritardo.

"Lo so,lo so...", dico sorpassandolo e avviandomi verso la sua macchina.
Della famiglia è stato l'unico a voler prendere la patente.

Onestamente, guidare non è mai stata una cosa che mi ha attratta, quindi ho preferito usare le vecchie maniere: i piedi.

Ma quando ne ho l'occasione, mi faccio dare un passaggio a scuola da Jordy, anche per passare più tempo insieme visto che a casa, per un motivo o per un altro, non ci siamo mai entrambi.

Salgo velocemente dal sedile del passeggero e tiro un sospiro di sollievo appena sono comoda sulla sedia: ho fatto tutto di corsa.

"So che per te è stranamente difficile, anche se alla fine è solo un giorno di scuola.
Ma sai come sono queste cose, ti ritrovi all'uscita in quello che ti sembrerà un secondo.
E poi, se uno dei tuoi nuovi compagni ti tratta male, chiamami e sarò lì in men che non si dica!", esclama scoppiando a ridere, ma io lo guardo solo male.
Che c'è da ridere?

"Non sono un animale indifeso, Jor, so difendermi da sola", gli spiego cercando di non arrabbiarmi troppo.

Quanto mi da fastidio quando le persone alludano al fatto che io non sia in grado di proteggermi da sola, ma abbia sempre bisogno dell'aiuto di qualcuno.
So che dovrebbe farmi piacere, perché significa che sto a cuore a qualcuno, ma per me è solo snervante.

Lo sento biascicare un "si,come no...", ma decido di non ribattere, tanto non servirebbe a nulla.

Dopo una decina di minuti siamo davanti ad un grande edificio, sviluppato tutto sullo stesso piano, e con grandi cartelloni appesi sulle mura della scuola.
In cima, la scritta:

"Signal High School"

Prendo qualche respiro prima di entrare.
So che sembra strano, è solo un giorno di scuola, ma per me è sempre stato difficile.
Lo vedo come un ostacolo da superare, ed è quasi sempre così.

Jordy posa delicatamente una mano sulla mia nuca per avvicinarmi a se, e mi stampa un leggero bacio sulla fronte.
Mio fratello è un maschio, ovviamente, e questo contatto fisico con lui mi fa sentire strana.
So che se non fosse stato mio fratello, ne avrei avuto paura.
Spesso mi chiedo se è soltanto questo titolo familiare a cambiare le cose dentro di me, o il fatto che, inconsapevolmente, io mi fidi di lui.

Devo dire che della mia famiglia, è quello che ho sempre sentito più vicino a me.
Non mi hai mai tradita, e mi è sempre stato accanto.
Anche con Marty ho un legame speciale, ma è più piccola di me, quindi spesso sono io che devo fare la sorella maggiore.

Con Jordy, invece, è diverso.
Sento che posso fidarmi di lui e, per come sono io, o come sono diventata, è un grande traguardo.

"Tranquilla.
Puoi contare su di me per qualsiasi cosa, okay?",aggiunge.

"Lo so, davvero. Lo apprezzo molto",gli rispondo.

"Chiamami quando esci!",mi urla dal finestrino del passeggero quando sono già sul vialetto della scuola.

Con la coda dell'occhio, vedo che ancora non si muove.
Starà aspettando che io entri per assicurarsi che sia tutto a posto.
Quando sono davanti all'entrata, sento qualcuno correre dietro di me per raggiungermi, e mi fermo, girandomi di scatto, incrociando due grandissimi occhi azzurri.

"Beh, che c'è?",chiedo sorridendo.
Non ho visto Susan per tutta l'estate, e devo dire che mi è mancata.

"Nulla, sembri solo più abbronzata. Pensavo che non ti piacesse andare a mare", mi fa notare con un gran sorriso.

"Infatti non mi piace ma, non so se lo sai, il mare non è l'unico modo per prendere il sole", commento sarcastica, cercando di nascondere la verità.

"Comunque, come era l'Italia?", le chiedo mentre ci avviamo all'entrata insieme, per le prime lezioni.

È stata "costretta" a passare l'estate nella vita dei nonni in Italia, anche se a me, più che una costrizione, sembra una bella vacanza.

"Magnifica, davvero, soprattutto il mare.
E ci sono molti pezzi importanti di storia. È un paese affascinante, non so come spiegartelo", aggiunge pensierosa.

"Te l'avevo detto che non era poi così male. E tu che nemmeno volevi andarci", le ricordo, mentre arriviamo davanti ai nostri armadietti, cercando di ricordare le nostre combinazioni.

"Qual'è la tua prima lezione?", chiede al mio fianco, esaminando il libro da prendere.

"A proposito, mi hanno cambiato alcuni corsi, quindi non ci ritroveremo più in classe insieme", ammetto, girandomi verso di lei.

"Davvero, perché?", chiede curiosa.

"Non lo so, il preside ha chiamato qualche giorno fa.
Onestamente, me lo sono chiesto anche io. Che senso ha?", domando brusca, più a me stessa che a lei.

"Non fa niente, Ele.
Ci vediamo in mensa più tardi", dichiara, prendendo un quaderno e una penna e chiudendo l'armadietto.

Io faccio lo stesso e mi giro, e insieme a Susan andiamo in cerca delle nostre rispettive classi.

Poi succede tutto troppo in fretta.
Qualcuno mi passa accanto, e non posso fare a meno di vedere chi sia.
È solo un attimo, ma sento una sensazione strana nella pancia.
Incrocio quegli occhi solo per un instante, ma adesso, in questo preciso momento, potrei descriverli come se li conoscessi da una vita.
Come se li vedessi tutti i giorni.

A primo impatto sembrerebbero verdi, ma se guardi bene, vedi una sfumatura di azzurro lì dove non te la aspetteresti, proprio vicino al confine con la pupilla.

Penseresti mai che dietro a quella corazza si nasconda un cuore?

È questo che quell'azzurro mi da, una sensazione di fragilità in un mare di sicurezza, evidenziata ancora di più dallo sguardo freddo dritto davanti a se.

Poi mi risveglio improvvisamente, e noto che tutti mi stanno fissando, anche se non capisco perché.

Solo dopo realizzo che mi sono bloccata di colpo in mezzo al corridoio, con lo sguardo fisso sui miei piedi, e lo zaino con i libri sparsi a terra.

Sento dei passi decisi dietro di me, e temo il peggio.

Non mi toccare Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora