TWENTY-THREE

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Capitolo 23

* ALEXIS *

Mi ritrovai a fissare il soffitto sporco e grigio della stanza 12, l'unica camera che Niall era riuscito a trovare nella periferia di Londra, si, Londra...Eravamo arrivati due giorni fa, senza niente, solo qualche sterlina che il biondo era riuscito a recuperare dai suoi risparmi di una vita, una vita che non aveva portato niente, nè denaro, né amore o felicità...

Una vita infelice.

Come la tua, Alexis.

Il ricordo dei miei genitori tornò a tormentarmi fino a farmi male, forse più male dell'ultima sera che gli avevo visti...

È per il tuo bene, Alexis, perdonaci.

La voce di mio padre mi rimbombò nella testa, nel cuore e mi fece male, tanto da lasciare le lacrime rigarmi il volto, senza nascondere i singhiozzi e la tristezza che provavo ripensando a tutto quello che mi aveva detto...

Per farti di canne o qualsiasi altra roba, hai sempre tempo.

E piansi ancor più forte ricordando la sua espressione disgustata quando mi trovava stesa a terra quasi priva di sensi...Ma per mia sfortuna, la droga non faceva perdere la memoria, no...La droga ti faceva sentire più leggera, senza pensieri, senza dolore, senza vita...Ma i ricordi rimanevano, e tornavano, tutti, fino a farti perdere fiato, fino ad obbligarti a prendere ancora altra droga, una sostanza letale, ma non quanto i ricordi.

Vorrei che non fossi mai nata, Alexis, vorrei solo che non fossi mia figlia.

La voce rotta e flebile di mia madre mi fece tremare ancora di più, così mi portai le mani tra i capelli ed urlai...Urlai per il troppo dolore, per la tristezza di non aver mai avuto una famiglia vera, per la paura di restare sola per sempre...

Ma forse è meglio rimanere sola, che vivere ancora con voi.

E con quella convinzione mi alzai e raggiunsi il telefono di servizio sul comodino accanto al letto, mi sedetti e portai la cornetta all'orecchio, digitai il numero, che ancora ricordavo a memoria, e attesi, mentre le lacrime continuavano a distruggermi il volto, a bruciarmi la pelle, ma non importava, non in quel momento, quando la cosa che faceva più male era il ricordo dei miei genitori. Il telefono suonò per qualche secondo, si sentiva solo il ronzio della cornetta vecchia e arrugginita, e più passavano i secondi, più mi pentivo di aver composto quel numero, di aver chiamato le persone che più disprezzavo al mondo...Feci per mettere giù quando la voce profonda e rauca di mio padre si fece sentire dall'altra parte della linea...- Pronto?- Chiese con voce stanca, rabbrividii nel risentire la sua voce e altre lacrime mi bagnarono le guance, non risposi, non riuscivo a rispondere, non potevo farlo...

Perché no, Alexis?

Perché lo odio troppo.

- Pronto?- Chiese alzando leggermente la voce, sobbalzai sul posto e tremai mentre mi immaginavo il suo volto contratto per la rabbia, sicuramente stava pensando che qualche ragazzo gli avesse fatto l'ennesimo scherzo telefonico - Si può sapere chi diavolo sei?!- Chiese disperato mentre la voce di mia madre si faceva sentire in sottofondo "Lascia stare, sarà un altro scherzo." Sussurrò, poi sentii mio padre sbuffare e così presi un gran respiro e chiusi gli occhi per alcuni istanti - Perché?- Dissi con una voce che non sembrava nemmeno la mia, una voce più profonda e roca, ma anche forte...Una voce simile a quella di Harry, rabbrividii nel pensare a lui...- Alexis?- Chiese lui sconvolto, io annuii tra le lacrime e tirai su col naso - Perché l'avete fatto?- Chiesi con disprezzo mentre le lacrime continuavo a solcarmi il viso, lo sentii sospirare e lo immaginai mentre chiudeva gli occhi e si portava una mano sulla fronte - Per il tuo bene, Alexis, per guarirti.- Disse con voce incerta, e così i ricordi del primo giorno al Boot Camp mi tornarono in mente, tormentandomi, facendomi rabbrividire...La barca, l'isola, la ragazza morta, Louis, Zayn, la gabbia, e la domanda...

Boot Camp.(A Harry Styles FF)Where stories live. Discover now