FOUR

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Capitolo 4

Mi svegliai sdraiata su un prato privo di erba, eppure quello era un prato...Lo ricordavo bene, un tempo era pieno di fiori e erba, un tempo era pieno di vita, un tempo risplendeva di colori, emanava felicità...Mentre adesso, quel prato che tanto avevo amato, sembrava morto, come se nessuno si fosse più interessato a curarlo, lasciandolo solo, lasciandolo morire...Soffrire: Sofferenza, solo quello si sentiva nell'aria. La testa girava, la vista era confusa, tutto ormai lo era nella mia vita, tutto era sempre stato puro caos, solo un totale caos. Poi alzai lo sguardo, ed eccolo lì, lo stesso ragazzo di ogni notte, di ogni volta, lo stesso ragazzo girato di spalle, era alto, capelli ricci, gambe lunge e corpo scolpito...Poteva essere un angelo, forse lo era...Forse era la mia ancora di salvezza, forse quel ragazzo poteva salvarmi, e così mi alzai, mi alzai ed iniziai a camminare verso quella figura non molto lontana da me, ma più mi avvicinavo, più le gambe iniziavano a tremare, più il vento aumentava, più il freddo mi congelava...Un freddo glaciale, contro la mia pelle bianca e sporca, e poi paura...Paura verso quel ragazzo che sembrava un angelo, lo sembrava davvero...Un altro passo: Dolore, un dolore che bruciava, un dolore che mi stava consumando, perché più mi avvicinavo al riccio, più mi consumavo...E così iniziai ad avere paura di svanire, iniziai ad aver paura di non esistere più...Ma io non ero nessuno, no. E poi successe, il buio calò intorno a me, e così anche intorno al ragazzo che ancora restava di spalle...

Girati, voltati, guardami, fallo ti prego.

Non lo farà mai...Non ti guarderà mai negli occhi, lui è pericoloso, ti ucciderebbe.

No, lui è un angelo, lui mi salverà.

No, lui è un demone, lui ti ucciderà.

Poi tutto tornò normale, tutto tornò esageratamente tranquillo, anche se in quel posto niente lo era, niente poteva essere tranquillo...Solo terrore, un terrore che mi assalì appena spalancai gli occhi, ero rannicchiata nel solito angolo della stanzetta, quella stanzetta da dove non uscivo ormai da più di una settimana, avevo perso il conto dei giorni passati rinchiusa tra quelle quattro mura, avevo perso il conto dei lividi che mi ricoprivano il corpo, un corpo ormai estraneo persino a me stessa, troppe ferite, alcune più profonde di altre, alcune anche infette...Come quella sul ginocchio, un taglio profondo e lungo, un taglio che bruciava, lo stesso taglio che non mi permetteva neanche più di camminare, ed era proprio per quel taglio che ero costretta a restare in quella camera, una camera oscura, troppo buia persino per me, per me che avevo sempre amato l'oscurità, amavo la notte e le sue mille sfumature, amavo rimanere sveglia e pensare nel buio più totale...Eppure in quel periodo, quel buio, quell'oscurità dannatamente profonda, dava fastidio, faceva quasi paura, e forse ne avevo di paura...Troppa. Avrei voluto urlare, avrei voluto alzarmi e sbattere i pugni contro quella porta blindata, una porta grigia, una porta che non si apriva da troppo tempo ormai, e così iniziai a pensare del perché dell'assenza del moro, erano troppi giorni che non spalancava quella porta, erano troppi giorni che la mia pelle non subiva più dolore, eppure quel dolore persisteva, continuava a bruciare, come la testa continuava a girare ogni giorno di più...Ed era diventato snervante sentire la testa pesante, tanto pesante da lasciarla crollare al suolo, accompagnata dal resto del corpo, un corpo scheletrico e pieno di dolore...Ormai sentivo solo quello: Dolore.

Te lo meriti Alexis, tu sei sbagliata...Lo sei sempre stata.

Si, sono sbagliata, lo sono sempre stata.

E così quella consapevolezza ritornò, quella sensazione di inutilità, il sentirsi inutili...Ed era una sensazione orribile, snervante, dolorosa, ed eccolo ancora: Dolore, dolore insieme alla consapevolezza di non valere niente, di non essere nessuno, per nessuno...E faceva male, un male esageratamente pauroso, quella consapevolezza mi fece tremare, anche l'anima.

Boot Camp.(A Harry Styles FF)Where stories live. Discover now