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Aveva guidato come un pazzo, senza badare ai semafori o ai clackson delle altre auto che suonavano impotenti. Aveva lasciato Eve che dormiva profondamente, con una dose massiccia di tranquillanti, aveva addirittura avuto paura di avere esagerato quella mattina, evidentemente non era così, se lei era riuscita a scappare.

Aveva già fatto il suo nome? E, se sì, perché non l'avevano ancora arrestato? E, se Eve ancora non l'aveva smascherato, cosa stava aspettando? L'aveva sempre trattata con gentilezza e con rispetto, ma dubitava che bastasse per farla stare zitta.

Arrivò alla casa, la porta era chiusa a chiave, come l'aveva lasciata lui. Questo lo tranquilizzò, almeno in parte. Se la porta era chiusa come aveva fatto Eve a scappare? Da una delle finestre? Fece una rapida ricognizione delle stanze del pianterreno, le finestre erano chiuse, i vetri intatti.

Scese nel seminterrato, la porta era chiusa, come presagiva. L'aprì lentamente, per non svegliare Eve, che stava ancora dormendo.

Fu in quel momento che capì.

Greg Arberg gli aveva teso una trappola e lui c'era cascato in pieno.





Dall'esterno sembrava una casa normale, anonima, in un quartiere periferico di Chicago. Greg scese dalla macchina ed entrò nella casa senza far rumore, si guardò rapidamente intorno. La porta che dava sul seminterrato era aperta. Senza pensarci due volte scese le scale. Un'altra porta, questa volta socchiusa.

In un angolo della stanza, su un vecchio materasso logoro, giaceva Eve. Sembrava stesse dormendo. Greg le sfiorò un braccio e lei si mosse leggermente. Era ancora viva.

Qualcosa lo colpì alle gambe, Greg perse l'equilibrio e cadde a terra.

«Benvenuto, dottore.» gli disse una voce familiare alle spalle, «Questa che senti è la mia pistola puntata sulla tua testa, quindi... niente azioni da eroe.»

«Okay.» rispose Greg, «Non farò nulla di stupido... però... smettila con i giochetti, puoi anche farti vedere. Ho capito chi sei, Carlos.»

«Devo farti i miei complimenti per la storia che ti sei inventato.» il ragazzo gli si mise davanti sempre tenendo la pistola ben in vista, «Non dovevi seguirmi fino a qui, lo sai? Adesso dovrò ucciderti.»

Forse era stata una mossa stupida e avventata e quasi sicuramente sarebbe finita male, ma era stufo di aspettare inerme accanto al cellulare che il killer gli comunicasse la prossima mossa. Doveva essere lui a prendere in mano la situazione e così era stato.

Era stato Malcolm a dargli l'idea, quella mattina, quando gli aveva detto che voleva far seguire Alex. Il detective pensava che Alex li avrebbe condotti da Eve, ma per Greg era più probabile che il poliziotto dai capelli rossi tornasse a casa sua a farsi una doccia

«Era l'unico modo che avevo per farti uscire allo scoperto. Ho visto lo stupore nei tuoi occhi quando ho detto che Eve era riuscita a scappare, ma non era stupore, era panico.» ripose Greg, «La storia di Alex non mi ha mai convinto; ma se lui era innocente, allora qualcuno stava cercando di incastrarlo e ho iniziato a pensare a chi poteva essere.»

«Carlos crede che il killer possa essere qualcuno di noi, qualcuno del Dipartimento, qualcuno che sapeva che tu e Heather avevate una storia.» gli aveva detto Julie.

«L'uomo che stavamo cercando, conosceva troppi dettagli dell'indagine. Sapeva di Heather, sapeva di Eve, sapeva dell'amicizia tra me e Julie.» ricordò Greg sedendosi contro la parete, «Se togliamo Alex dai sospettati, il cerchio si restringe non poco.»

Carlos sostenne il suo sguardo.

«Poi c'era la poesia che confermava i nostri sospetti sulle origini ispaniche del killer, che ci faceva pensare che il killer e il ragazzo di Elle Thompson fossero la stessa persona.» proseguì Greg, «Al telefono, hai detto che Heather ti amava e questo mi ha mandato fuori strada, devo ammetterlo. Così come le fotografie del ragazzo di Elle Thompson che qualcuno ha tolto dalla sua camera da letto. Il diario di Heather e quello di Elle, scomparsi nel nulla. Credevo che stessi cercando di cancellare le tue tracce, invece volevi cancellare quelle dei tuoi rivali in amore.» gli lanciò un'occhiata di sottecchi e capì di aver fatto centro, «Nessuno ti ha mai visto in compagnia delle ragazze perché nemmeno loro ti hanno mai visto. Tu eri lì e le osservavi, ma loro non ti vedevano, passavano oltre, vivevano la loro vita, vivevano le loro storie d'amore mentre tu le vivevi di rimando.»

ScheletriWhere stories live. Discover now